Una verità scomoda sulle pensioni
Sulle pensioni sta lentamente emergendo una verità scomoda che è alla portata di chiunque abbia familiarità con il calcolo degli interessi (un ragioniere, tanto per intenderci) e voglia passare un po’ qualche ora al computer). Proviamoci insieme:
- Il signor X, in quanto cittadino italiano di sesso maschile ha una vita media statisticamente attesa di 78 anni; se è andato in pensione a 60 anni nel 2010 vivrà 28 anni in pensione, consumando quei contributi versati all’INPS nell’arco della sua vita lavorativa .
FASE EROGATIVA
- Secondo dati 2011 ricavibili dal sito INPS (http://www.inps.it/webidentity/banchedatistatistiche/vig1/index.jsp) la media del numero (9.400.000) di pensioni di vecchiaia erogate attualmente è di 925 euro mensili. Escludiamo dal calcolo pensioni di anzianità, di invalidità, ecc. che potrebbero far variare l’importo.
- Significa che per assegnare al signor X sempre una cifra di 925 euro al mese per 13 mensilità dal 2010 al 2038 – anno del suo presumibile decesso secondo statistica – l’INPS dovrà erogare, complessivamente 450.000 euro, dei quali 340.000 in conto capitale e il resto - in presenza di una inflazione del 2% l’anno - semplicemente per consentirgli di mantenere lo stesso potere d’acquisto che hanno oggi 925 euro mensili.
FASE CONTRIBUTIVA
- Almeno in teoria, occorrerebbe che il signor X avesse lavorato tanto da accantonare, dal 1970 al 2010, in quaranta anni di lavoro, un capitale contributivo pari a 340000 euro. Poiché egli è un individuo teorico, assumiamo il suo stipendio come pari a 1200 euro/mese dal 1970 al 2010 sempre uguale e costante in termini di rapporto con l’inflazione. In questo caso fra contributi a carico suo e del datore di lavoro in quarant’anni si raggiungerebbe appunto la somma di 340.000 euro accantonati.
Il sistema previdenziale INPS sarebbe in equilibrio.
La verità scomoda è una e sono molte allo stesso tempo:
- la stessa tabella INPS utilizzata per fare questi indica che la pensione media di 925 euro (che farebbe tornare Entrate e Uscite) è valida solo per i 9,5 milioni di lavoratori dipendenti pensionati. Se prendiamo in considerazione “tutti” i 18 milioni di prestazioni erogate dall’Istituto la media scende a soli 746 euro. Il pareggio prestazioni/erogazioni è un obbiettivo doloroso per i pensionati e soprattutto i pensionandi, chiunque governi l’INPS e il Paese.
- I calcoli su esposti sono frutto di medie, e come sempre le medie si scostano abbastanza dalle singole realtà. Secondo dati del Ministero del Lavoro citati dal Corriere della Sera i contributi versati in molti casi non bastano a garantire una pensione quale quella che viene già ora erogata e costituisce un diritto acquisito. Come dire: un trasferimento di fondi frutto del prelievo fiscale verso l’INPS sarà d’obbligo, probabilmente più volte negli anni a venire.
- Abbiamo esaminato contabilmente il caso di pensioni “popolari”. Il problema si ripropone sotto il profilo matematico nella stessa misura sulle pensioni più “ricche”, ma quelle vengono già messe sotto esame e accusa dalla maggior parte degli organi di stampa.
Il senso di questa riflessione è prima di tutto quello di aiutare ciascuno a valutare la propria personale storia contributiva: ho messo da parte quanto serve oppure è meglio che faccia buon viso alla cattiva sorte di dover lavorare ad esempio fino a 65 anni?
In secondo luogo è’ necessario rivedere a fondo il meccanismo pensionistico di accumulo. In un Paese a bassa natalità, è necessario prevedere ex-ante meccanismi di defiscalizzazione che consentano a ciascun lavoratore di accantonare per la quiescenza somme superiori a quelle su indicate.
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Articolo pubblicato il 13/09/2011