#JeSuisCharlie

Strage alla sede del giornale satirico francese Charlie Hebdo, dodici i morti.

7 gennaio 2015, una notizia che travolge, che sconvolge. Una notizia dal sapore terribilmente amaro, estemporanea e anacronistica. Oggi, 7 gennaio 2015, in Francia, si muore per aver espresso la propria opinione.

Ed è nella patria dell’Illuminismo, più precisamente a Parigi, che avviene tutto ciò. Proprio nel Paese in cui Voltaire urlò a gran voce : " Io combatto la tua idea, che è diversa dalla mia, ma sono pronto a battermi fino al prezzo della mia vita perchè tu, la tua idea, possa esprimerla liberamente ".

Tre uomini a bordo di un’auto rubata si presentano davanti alla sede del giornale satirico “Charlie Hebdo” , conosciuto per le numerose vignette sull’Islam ma non solo. Sta per iniziare la riunione di redazione, come ogni mattina. Due degli uomini, armati, minacciano una fumettista con in braccio sua figlia che incontrano davanti alla sede, obbligandola a digitare il codice d’entrata del palazzo.

Gli uomini entrano e aprono il fuoco. Il terrore dura a malapena cinque minuti, ma abbastanza per uccidere dodici persone, tra cui anche due agenti delle forze dell’ordine.

L’attacco non arriva però come un fulmine a ciel sereno. Tre anni fa, infatti, la sede del giornale era stata distrutta dall’incendio provocato da una bomba molotov, lanciata in seguito alla pubblicazione di un numero intitolato “Sharia Hebdo”, dove Maometto figurava come Direttore dell’edizione, cosa che aveva probabilmente infastidito qualcuno.

L’ironia della sorte vuole che mercoledì, fatalmente, il Direttore Stéphane Charbonnier detto Charb abbia pubblicato la sua ultima vignetta che lascia scioccati alla luce degli eventi. Figura in copertina la scritta «Ancora nessun attentato in Francia», e un terrorista che esclama: «Aspettate!», «Abbiamo tempo fino alla fine di gennaio per fare gli auguri». Una provocazione forse presa al balzo dai mandanti, o forse incredibile fatalità.

Come dimenticare, inoltre, l’azzardata ma decisa affermazione di Charb, che dichiara di non avere né moglie, né figli, né automobile e di non avere quindi paura di eventuali attacchi; afferma inoltre, di preferir morire in piedi piuttosto che vivere in ginocchio. Cosa che, tristemente, si è rivelata premonitrice.

La Francia ma non solo, piange ora le vittime ancora in uno stato di shock. Le vignette, le matite e gli hashtag #JeSuisCharlie e #CharlieHebdo hanno letteralmente invaso i social network in tutto il mondo. Numerosissime le manifestazioni spontanee organizzate in tutta la Francia ma anche in Germania, Spagna, Belgio, Italia, Regno Unito e altri. Candele, cartelloni di solidarietà e tanto, troppo, silenzio. Silenzio per chi è stato ucciso per aver scherzato, per aver osato ridere un po’ più forte degli altri.

I citoyens urlano: “ Volevano mettere la Francia in ginocchio, l’hanno fatta alzare in piedi” – così reagiscono, unendosi in un abbraccio solidale.

A testimonianza di ciò, anche i principali media francesi, France Télévisions, Le Monde.fr e Groupe Radio France, hanno pubblicato un comunicato di sostegno a Charlie Hebdo, offrendo aiuto e disponibilità “affinché il giornale continui a vivere”.

In seguito agli avvenimenti di questa mattina, il rafforzamento delle misure di sicurezza è stato necessario: subito dopo l’attentato le forze dell’ordine si sono recate davanti numerosi edifici pubblici come scuole e altre sedi di testate giornalistiche per prevenire ulteriori attacchi. Tutti gli edifici scolastici di qualunque ordine e grado hanno dato nuove disposizioni di sicurezza che prevedono maggiori controlli e massima allerta.

Numeroso il sostegno e la mobilitazione, ma numerosi anche i luoghi comuni e le illazioni. I fondamentalisti islamici fanno paura, in particolare per la loro freddezza nell’agire senza scrupoli, ma rappresentano soltanto la minoranza dei musulmani, che mai farebbero stragi in nome di Allah. A ribellarsi ai qualunquismi contro gli “arabi”, soprattutto all’alba della strage di Charlie Hebdo, è la scrittrice afroeuropea e musulmana Igiaba Scego, che scrive : “A ogni attentato vorrei urlare e far capire alla gente che l’islam non è roba di quei tizi con le barbe lunghe e con quei vestiti ridicoli. L’islam non è roba loro, l’islam è nostro, di noi che crediamo nella pace. Quelli sono solo caricature, vorrei dire. Si vestono così apposta per farvi paura. È tutto un piano, svegliamoci.“

Oggi, in Francia, c’è stato un attentato alla libertà d’espressione. C’è stato un attentato ai valori francesi, nonché europei, tra i quali la libertà. Dodici morti e più di dieci feriti – chi fino a ieri faceva spuntare un sorriso anche quando i drammi ci assuefacevano, ora non c’è più.

Resta solo la tristezza, la paura e la vignetta di chi ha voluto ricordarli : “Morts de rire pour la France” – “morti dal ridere per la Francia”.


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Articolo pubblicato il 08/01/2015