Russia sull’agroalimentare: pericolose minacce o disastrose sentenze?

Come Putin tiene in pugno l’economia mondiale

Da mesi l’Europa, fin troppo fedele ombra statunitense, s’interroga sulle possibili conseguenze delle sì agogniate e tergiversate sanzioni imposte alla Federazione Russa durante le vicende ucraine. La risposta ai dubbi europei è arrivata mercoledì 6 agosto direttamente dal Cremlino con l’interdizione delle importazioni di alcuni beni agroalimentari da tutti i Paesi coinvolti nelle misure anti-russe di questi mesi. Nei prossimi giorni sarà infatti compito del Cremlino stilare la famigerata lista dei prodotti sui quali la Russia interromperà l’importazione almeno per un anno.

 

Chi ha sanzionato la Federazione è quindi nei guai, o almeno così vuole farci credere lo Tzar. Infatti i primi lesi dalle sopra menzionate contromisure saranno proprio i cittadini russi, che nella steppa siberiana non riusciranno di certo a coltivare la succosa frutta e la verdura nutriente proveniente dal Mediterraneo, e ancor meno a produrre vino e pasta d’eccellenza per i ricevimenti ai quali le alte cariche ex-sovietiche, Putin in primis, non intenderanno sicuramente rinunciare.

 

Il danno per l’Europa rimane tuttavia notevole; il 10% della produzione agroalimentare era stato finora destinato alla Federazione Russa, ora fortemente intenzionata a rafforzare le relazioni commerciali con il Sud America, in particolare con il Brasile, e con i due membri della neonata Unione Euroasiatica, Bielorussia e Kazakistan, per quanto riguarda i rifornimenti che non saranno più marchiati EU.

 

La prima ipotesi avanzata riguardo ad alcune possibili contromisure verso l’occidente, ma subito scartata per ovvie ragioni, è stato in un primo momento il blocco delle importazioni di macchinari, prodotti ad alta tecnologia e automobili, che provenivano però dall’Europa per un buon 55%, sufficiente per escludere la malsana idea che avrebbe portato la Russia al tracollo senza neanche passare dal via. La soluzione a livello agroalimentare ha quindi avuto la meglio e Putin vuole ora sfruttare l'occasione per rilanciare il mercato interno, con larga approvazione degli abitanti delle zone rurali.

 

Non del tutto soddisfatto, il Presidente rosso rimane in cerca di misure più incisive, come il divieto di sorvolo della Siberia per compagnie americane e europee, che resta però ancora in dubbio a causa dell’ingente costo che ne conseguirebbe.

 

L'ironia della sorte vuole che gli Stati Uniti, che hanno sanzionato maggiormente gli antichi (ma non troppo) rivali, ne escano vincitori, data la percentuale quasi inesistente dell'export americano in Russia, equivalente solo all'1%.

L'Europa, lentamente sulla via della ripresa, dovrà invece far fronte ad un'ulteriore recessione, che in questo momento non era decisamente auspicabile. La Grecia, uno dei paesi maggiormente colpiti dalle sopra menzionate misure, ha addirittura valutato l'ipotesi di riconsiderare le sanzioni imposte alla Federazione Russa e aprire un negoziato per scampare alla rovina. Dalle prime stime si evince però che i Paesi più danneggiati risultino essere la Germania e la Lituania , in cui il 2,5% del PIL è proprio dato dalle esportazioni verso la Russia.


Il sipario di questa malaugurata vicenda si chiude, sebbene non definitivamente, risvegliando l’amaro ricordo di come in Russia, per troppo tempo, il pane per il popolo non sia stata la priorità. Dovremo quindi aspettarci i supermercati vuoti e la fila per il kg settimanale di zucchero a famiglia come 25 anni fa? La Storia imperterrita fa il suo corso e si ripete senza che nessuno riesca a stare al passo e imparare da ciò che è stato, che è sempre ciò che sarà.

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Articolo pubblicato il 19/08/2014