2014, l'anno degli indipendentisti: come l'Europa potrebbe cambiare

Un veneto su due chiede l'indipendenza. Scozia e Catalogna, al voto in autunno. Le tappe dell'indipendentismo moderno.

 

Non so voi, ma quando frequentai le scuole dell'obbligo la maggiore difficoltà – saltando a piè pari le tremende tabelline – la trovavo nello studio della storia.

 

Precisamente in quel particolare ambito storiografico che è la geopolitica storica. Che in soldoni sarebbe lo studio della trasformazione dei confini geografici degli stati nazionali.

 

Innumerevoli sono gli esempi di modificazioni geopolitiche. Annessioni, rivoluzioni, referendum, conquiste violente e occupazioni silenziose. La modificazione dei limes nasce però per poche grandi motivazioni, a loro volta ricche di peculiarità culturali e storiche proprie dei territori scenario di questi cambiamenti. Chiamiamole macromotivazioni.

 

Una di queste macromotivazioni è la disputa tra due entità statuali circa la posizione esatta della linea di confine – in questo caso il rapporto tra la Francia e la Germania è un ben noto esempio – un'altra, quella che ci interessa in questo discorso, è l'acquisizione di sovranità che rende indipendente un territorio.

 

Questa acquisizione – sempre semplificando il discorso ai minimi termini – può aversi in due modi: cessione di sovranità da parte di un organismo politico maggiore oppure rivendicazione di quella stessa sovranità ad opera del popolo verso l'organismo politico dominante.

 

A noi moderni cittadini occidentali - figli della cultura di massa, della globalizzazione prima osteggiata ora tacitamente accettata come fattore necessario, eredi di un pensiero politico liberale e, per molti versi, intriso di un unionismo ispirato dall'idea che la stabilità sia imprescindibile dallo sviluppo di sistemi politici di dimensioni sempre maggiori – la nascita di nuove nazioni indipendenti suona, perlomeno, anacronistica.

 

Qualcosa però sta cambiando. In Europa, per limitarci al Vecchio Continente, esplodono in questi anni delle sacche di rivendicazione indipendentista che, mai assopite nel corso dei secoli, si ritrovano ad avere nella crisi economica e sociale un grandissimo alleato.

 

La depressione e lo sconforto dilaganti subiscono rapidamente la trasformazione in rabbia. Il canale in cui si indirizza questa rabbia conduce direttamente (e come sempre) alla classe dirigente.

 

Nelle democrazie liberali questa classe dirigente è composta dalle istituzioni politiche e dalle grandi realtà economiche.

 

Mentre queste ultime sono difficilmente fronteggiabili, il sistema democratico, in cui il potere sovrano appartiene in prima istanza ai cittadini, si rende più vulnerabile.

 

Nei decenni centrali del secolo scorso la rabbia sociale ha trasformato l'Europa – vedi l'Irlanda, per dirne una - in un teatro di violenze di piazza.

 

In questi primi decenni del nuovo millennio, invece, la rabbia si manifesta nella rivendicazione democratica del diritto all'autodeterminazione.

 

L'autodeterminazione rende i cittadini più responsabili e li tutela dal dirigismo nazionale che, nei mastodontici sistemi politici contemporanei, compie – necessariamente, date le dimensioni e la variabilitià geografica e sociale - delle scelte generali e scollegate dalle reali esigenze dei territori.

 

La lentezza delle burocrazie, il centralismo, gli errori nei meccanismi di rappresentanza, sono solo alcune tra le accuse mosse dai cittadini agli stati nazionali dominanti.

 

In Europa, in questo 2014, ci saranno, come ci sono già stati, importanti esempi di rivendicazioni indipendentiste.

                                               manifestazione catalana (lindipendenza.com)

 

In Spagna abbiamo l'esempio della Catalogna. La ricca regione spagnola, il prossimo 9 novembre allestirà i seggi per consentire ai cittadini catalani di esprimersi su due quesiti:" Volete voi che la catalogna sia uno Stato?" e: "In caso affermativo, volete voi che la Catalogna sia uno Stato indipendente?".

 

Due quesiti che racchiudono un mare di rivendicazioni e una data che rappresenta una tappa importante di un processo lungo decenni. Nel 2010 il movimento indipendentista catalano portò in piazza più di un milione di persone (su sette milioni di abitanti). Nel 2012 i manifestanti arrivarono a più di un milione e mezzo.

 

Duramente condannato dallo Stato spagnolo, l'esito del referendum non sarà, però, il punto finale e il raggiungimento della piena indipendenza. Piuttosto un segnale e un'arma in mano ai partiti indipendentisti di Catalogna.

                                       murales in scozia (reuters)

 

La Scozia è un altro esempio moderno di rivendicazione indipendentista. Anche in territorio caledone, sempre nel 2014, si andrà a votare, stavolta con un solo quesito:"Dovrebbe la Scozia essere uno Stato indipendente?".

 

In questo caso, però, il Regno Unito, di cui la Scozia attualmente fa parte, non ha osteggiato il referendum. Anzi, quest'ultimo si terrà con il beneplacito del premier britannico David Cameron che, il 15 ottobre 2012, ha firmato con il Primo Ministro scozzese Alex Salmond, un accordo che accettava da parte britannica l'indizione del referendum in cambio di alcune garanzie, come il mantenimento dei rapporti Scozia-Regno Unito e dell'adesione del possibile neonato Stato all'UE e alla NATO.

 

Senza peccare di provincialismo, ci spostiamo in Italia, dove un esempio recente e uno recentissimo hanno portato alcune aree del belpaese nell'elenco dei territori contesi.

 

Il primo esempio è quello della Sardegna che, vuoi per l'insularità, vuoi per il carattere dei sardi, è sempre stata fucina di indipendentismi. Dalla Battaglia di Sanluri (1409) in cui gli ultimi eserciti sardi combatterono l'avanzata aragonese, passando per i moti rivoluzionari sardi dell'ottocento, si è arrivati alla più moderna manifestazione democratica dell'indipendentismo.

 

In questo caso non si è trattato di un referendum ma di elezioni regionali. Nel febbraio 2014 – che a questo punto possiamo definire l'Anno dell'Indipendentismo – gli elettori sardi hanno votato per il rinnovo del consiglio regionale e l'elezione del presidente della Giunta regionale. Per la prima volta nella storia delle elezioni sarde una coalizione dichiaratamente indipendentista – la coalizione Sardegna Possibile capeggiata dalla scrittrice Michela Murgia – ha raggiunto il 10% dei consensi.

 

Certo, ben poca cosa rispetto al peso politico degli indipendentismi catalani e scozzesi, ma non di poco conto se paragonato ai precedenti risultati che l'indipendentismo sardo ha collezionato, sempre oscillante tra lo zero virgola e il 3% scarso.

 

Il secondo esempio italiano di pulsioni indipendentiste, quello recentissimo, è storia di questi giorni.

                                        manifestazione della Liga Veneta (tgcom/mediaset)

 

Un referendum ufficioso promosso da privati - riuniti intorno alla piattaforma plebiscito.eu - che ha valore di sondaggio senza alcun peso giuridico, potrebbe però avere un enorme peso politico.

 

Al quesito:"Vuoi tu che il Veneto diventi una Repubblica federale indipendente e sovrana?" hanno risposto quasi due milioni e mezzo di elettori. Circa due milioni le risposte affermative, l'89% dei votanti.

 

L'informazione e la politica se ne sono interessati con uno sguardo, per così dire, folkloristico. Almeno fino alla diffusione dei risultati definitivi.

Quei due milioni di cittadini veneti che richiedono l'indipendenza non possono essere considerati un elemento di folklore. Non per forza, e non in tutti i casi, si tratta di una seria e meditata decisione frutto di interesse e studio personale. Ma anche quei cittadini, che in preda alla frustrazione portata dalla crisi sentono di dare la colpa per il loro soffrire allo Stato nazionale, soprattutto quei cittadini, sono il campanello d'allarme che dovrebbe far sussultare gran parte delle istituzioni italiane.

 

Nonostante l'irrilevanza giuridica del referendum,si tratta comunque di un risultato impressionante: un veneto su due vorrebbe abbandonare l'Italia.

 

Tutto ciò succede oggi. Dovremo  aspettare la fine di questo 2014, anno degli indipendentismi, per sapere se tutto sia una fascinazione mediatica o se i bambini, un giorno, avranno da studiare un mondo diverso dal nostro.

 

 

Fonti (Immagini): lindipiendenza.com/reuters/tgcom-mediaset/prolombardia.com

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Articolo pubblicato il 25/03/2014