La demolizione della Cittadella: il primo scempio urbanistico di Torino

La Cittadella venne abbattuta dal 1856 per poter costruire un nuovo quartiere. Con lei se n'è andata la parte più gloriosa della storia di Torino. Ma anche oggi la memoria di questo luogo è in pericolo

Bisogna dirlo: i torinesi non hanno mai particolarmente brillato per il saper conservare il loro patrimonio culturale. Se oggi dell’antica Torino che fu la capitale dei Savoia rimangono solo alcune vestigia, la colpa è da attribuirsi anche a questa mentalità tutta nostrana, che ha considerato la città come un po’ provinciale e perifierica, forse troppo squadrata e militaresca, di fatto passibile di anche devastanti trasformazioni urbanistiche ed architettoniche.

Il maschio della CittadellaLa madre di tutte le disgraziate rivoluzioni alla geografia di questa città è stata senza dubbio la distruzione della Cittadella. Un edificio di un’importanza straordinaria, per il quale si potrebbe quasi dire che Torino non sarebbe quella che è adesso senza di esso, senza la Cittadella. La volle Emanuele Filiberto, una volta trasferita in Piemonte la capitale del Ducato di Savoia; e dal XVI Secolo la Cittadella fu il bastione attorno al quale si difese la città. La presenza di questo enorme complesso di difesa, eretto a modello di architettura militare nella trattatistica europea, lasciò senza dubbio la sua impronta anche nell’urbanistica torinese, così squadrata, così militare; così bella e così singolare, verrebbe da aggiungere.

La Cittadella fu al centro di tre assedi, tra i quali si ricorda, per la risonanza che ne ebbe a livello europeo me anche per la stessa sopravvivenza dello stato piemontese, quello del 1706; passata indenne alle devastazioni napoleoniche, che aveva fatto radere al suolo molte altre piazze piemontesi, come quella di Exilles o la gigantesca Brunetta, la Cittadella non sopravvisse alla mano del Comune di Torino. Nel 1853 il nuovo piano di ingrandimento della città prevedeva nell’area della Cittadella un nuovo quartiere; già nel 1855 venne depennata dall’elenco delle piazzeforti del Regno di Sardegna; il 22 maggio 1856, infine, ne venne autorizzata la demolizione. Nel decreto del 5 aprile 1857, firmato a Pollenzo da Vittorio Emanuele II, era già stata tracciata la via Cernaia, che già era stata battezzata con questo nome: il dettagliato piano di ingrandimento nella zona della Cittadella prevedeva già il viale alberato e i portici, soltanto sul lato “di notte della via della Cernaia”. La piazza davanti al maschio doveva prendere il nome di piazza Pietro Micca. Sulle ceneri della Cittadella, della quale sarà conservato solo il maschio, saranno costruite due moderne caserme, la Cernaia e la Pietro Micca.

La caserma CernaiaLa demolizione della Cittadella permise una rapida espansione della città verso ovest. Ma, anche mantenendo l’antica e gloriosa fortezza, la vocazione di Torino di espandersi a macchia d’olio non sarebbe rimasta sopita; magari, si sarebbero trovate delle soluzioni urbanistiche diverse, come ad Alessandria, dove la Cittadella venne per fortuna risparmiata. Oggi, il maschio rimane unico superstite di un passato luminoso; tuttavia, il disinteresse della città verso il suo patrimonio storico non sembra essere finito, anzi. Il maschio ospita infatti uno dei più ricchi musei di artiglieria d’Italia: peccato che sia chiuso; addirittura si paventava il trasferimento dei pezzi a Roma. Le storiche “gallerie di contromina”, alle quali si accede tramite il museo Pietro Micca di via Guicciardini, sono impraticabili per delle perdite nelle tubature dei palazzi sovrastanti, e lo stesso museo è stato chiuso dall’oggi al domani, in quanto mancano dei servizi per i dipendenti.

L’importanza della Cittadella, dalla metà dell’Ottocento, è sempre stata sottovalutata dal Comune di Torino. Nonostante qui si fece la storia del Piemonte. Nonostante qui molti valorosi diedero la vita per salvare la nostra città. Pietro Micca sentitamente ringrazia.

 

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Articolo pubblicato il 09/01/2014