Il castello del Drosso, un tesoro dimenticato

Per i torinesi di oggi, il termine “Drosso” è noto quasi esclusivamente per la presenza dell’omonima uscita della tangenziale; per i residenti, la parola si contestualizza più fortemente nella toponomastica del quartiere Mirafiori Sud, in quanto strada del Drosso è una delle vie principali, una sorta di piccola autostrada di perifieria, con da un lato gli squallidi casermoni anni ’70 e dall’altra i campi: strada del Drosso è l’ultimo lembo di Torino, prima della campagna. Forse, però, anche i residenti (o, almeno, buona parte di essi) ignorano che il termine Drosso è da collegarsi ad un antico e glorioso maniero del Piemonte che fu, che ancora oggi sorge – caso raro, in una città che ha sistematicamente abbattuto gran parte delle sue vestigia, e che ancora continua a demolirle – in quel di strada del Drosso, appunto, a poca distanza dal confine di Beinasco.

La sua posizione, oggi, è tra le più scomode che si possano immaginare. In mezzo ad un fazzoletto di terra tra strada del Drosso e l’anello autostradale, il povero castello appare come un fantasma di sé stesso, abbandonato e dimenticato anche dai torinesi. Già in ciò si denota il disinteresse che l’amministrazione comunale ha sempre avuto verso la cultura cittadina: in altri paesi, si sarebbe fatto di tutto per salvaguardarlo; a casa nostra è finito in mezzo ad un raccordo autostradale.

Il Drosso rappresenta uno dei monumenti più antichi di Torino. Probabilmente, sorse già come villa romana, per poi ergersi come grangia cistercense nel XII secolo. L’edificio era di proprietà dei conti di Savoia, che al Drosso misero alcuni monaci anche per sorvegliare il territorio. I monaci divennero proprietari della grangia solo nel 1233, assieme alle terre circostanti. I monaci qui rimasero per un secolo, fino al 1334, quando il castello dovette essere ceduto per dodicimila fiorni d’oro al torinese Corrado di Gorzano, già castellano a Moncalieri; da lì, la proprietà passo ai conti Vagnone di Trofarello, che ne fecero una fortezza molto simile a quella che oggi ancora si può osservare: già nel 1361 la grangia era nominata come castello. I Vagnone, una delle più antiche casate piemontesi, non badarono a spese: il castello del Drosso fu grazie a loro un luogo di primo piano del panorama dell’agro attorno a Torino, e qui nel XV fondarono anche un ricetto, poi una segheria, un mulino e altri edifici. Ancora oggi attorno al castello vi sono due cascine, la Torta-Gromis e la Robilant-Perino. Fu però nei secoli successivi, e in particolare nel Cinquecento (quando ormai i Vagnone non erano più proprietari del castello) che attorno ad esso presero forma edifici rurali in forma che assomiglia a quella attuale.

Nel 1539 il castello passò ai Gromis di Trana, venendo infine frazionato nel 1560 e divenendo la dimora di campagna di alcune nobili famiglie. Nei secoli successivi, la vicinanza con Miraflores lo rende sempre meno importante, venendo anche risparmiato nelle guerre che devastarono l’agro torinese. Nei secoli, proseguì il lento declino. Ad oggi il castello, privato, è al centro di un vasto progetto di riqualificazione che da anni si promette ma che non è ancora partito. Come spesso accade, a Torino, si preferisce puntare su ogni cosa, fuorché sulla cultura e sui monumenti che fecero la storia della città. Così, il Drosso cade a pezzi: e i torinesi stessi ignorano la sua esistenza.

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 02/12/2013