“Fiumi di parole”

Io parlo, tu ascolti, se non dici nulla vuol dire che condividi, perlomeno non ti lamenti

 

Ora chi dovesse provare a digitare su qualche motore di ricerca la frase “Fiumi di parole”, verrebbe rimandato ad un titolo di una canzone che non pochi anni or sono fece parlare di sé al Festival di San Remo. Ma da quel che ricordo solo al Festival, non passò molto nelle radio private, indirizzate verso tutt’altri lidi, forse più impegnati, forse.

Se ci guardiamo intorno, - già perché ora come ora “vediamo” le parole più che sentirle, ormai abbiamo quasi aggiunto un altro “senso”, a quelli che la natura ci ha fornito.

Non so se abbiamo fatto attenzione, ma oggi come oggi, ogni discorso, ogni abbozzo di vocalizzo è contornato, supportato, da un video.

I video musicali sono nati più di quarant’anni or sono, piccoli film nati per spiegare in un qualche modo le canzoni. Quasi per dare un supporto visivo a qualche cosa di parlato, a qualche cosa di enunciato. E questo a detta di tutti i ragazzi di allora fu un passo avanti, la spiegazione di un testo musicale, e finiva lì.

Oggi tutto ciò è passato come qualche cosa a cui non si pone la minima attenzione nella nostra vita, è per così dire normale. E allora ecco spuntare video di tutti i tipi per spiegare ciò che viene detto, e che gli italiani ascoltano, passato dalla televisione, ad ogni ora, in ogni momento della giornata e ora anche della notte.

Ma sorge un problema, - non vorrei essere al posto di chi confeziona i servizi sulla politica, su tutto ciò che viene detto -, quanti servizi visivi dovremo sorbirci?

Ma tutto quanto ci viene detto e fatto vedere- fate attenzione oltre a sentire, ad ascoltare, si è catturati dalle immagini e le immagini “spiegano”, supportano un messaggio, - quanta importanza ha?

Siamo sicuri che tutto ciò che siamo costretti a sentire, vedere, abbia realmente un tasso di importanza così alto da dover essere realmente sentito?Vorrei poter dire che nell’ultimo periodo è avvenuto questo, ma ciò, invero, avviene già da moltissimo tempo. La moltiplicazione dei mass media, delle fonti di informazione, dalle televisioni alle radio, da internet ai giornali e chi più ne ha ne metta, pone “l’uomo di tutti i giorni”, cioè noi stessi, le persone normali, ecco, a rischio “bombardamento”. Tutto – si fa per dire – ci viene detto e purtroppo ormai a poco si fa attenzione.

E qui sorge un altro problema: l’attenzione.

Non facciamo più attenzione a ciò che ci viene “raccontato” verbalmente e visivamente, quindi fate attenzione, “ si è deontologicamente e democraticamente a posto” da parte di chi “emette il verbo”.

Cioè chi emette il verbo ti dice tutti i giorni talmente tante cose che alla fine non poni più attenzione a ciò che senti, a ciò che ti viene spiegato.

In quel momento il gioco è fatto.

Io parlo, tu ascolti, se non dici nulla vuol dire che condividi, perlomeno non ti lamenti.

Quindi proseguo.

Già, ma ora siamo in un momento in cui dobbiamo fare attenzione e non pensare più a tutta questa “informazione” che ci viene trasmessa come ad una aggiunta di Democrazia, anzi è l’opposto. In una situazione normale potremmo pensare che ad un maggior numero di “emettitori” di notizie, corrisponda una maggior democrazia, perché si sa di più. Qui è stato trasformato: molte notizie, troppe notizie, molta confusione.

Ora facciamo mente locale anche soltanto agli ultimi giorni passati della nostra Repubblica: le cose sono cambiate? Quanti ci hanno detto che le cose stanno cambiando? Ma da quanto viene detto questo? Quante persone si sono alternate a dirci che le cose sono cambiate, cambieranno, saranno cambiate, sarebbero cambiate se?

Ecco, appunto, facciamo attenzione.

 

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Articolo pubblicato il 05/01/2014