Cavallerizza reale

Abbandonata anche dal Teatro Stabile

Alla fine, l’ha abbandonata anche il Teatro Stabile: a dicembre, gli attori se ne andranno, lasciando un triste deserto in quella che era la Cavallerizza Reale di Torino. “Cavallerizza Reale”: il nome pomposo, che evoca storie di altri tempi, quando la Corte di Savoia qui aveva il suo maneggio, è oggi del tutto fuorviante. Perché l’immenso fabbricato che si estende oltre via Verdi, un tempo uno dei fiori all’occhiello della città, è oggi uno dei migliori ruderi di Torino. In pieno centro, per di più, a due passi da piazza Castello e dalla Mole Antonelliana. Non che via Verdi – un tempo, via della Zecca – sia stata molto più fortunata della vecchia Cavallerizza: è stata quasi del tutto sventrata per la costruzione della sede Rai, del nuovo Regio e dell’area universitaria, sicché trovare qualcosa di ancora “made in XVIII Secolo” è un’impresa. Ma proprio la Cavallerizza – che, assieme all’Università,

rappresente il migliore esempio di arte barocca rimanente della lunga via della Zecca – cade letteralmente a pezzi.


Passeggiando per l’ampio cortile, piange il cuore nel pensare che questo luogo, un tempo, era uno dei vanti di Torino: oggi è rifugio di barboni e di vagabondi, che sotto le sue arcate maestose trovano riparo dalle intemperie. Rischiando la salute, però: la struttura è pericolante, e il rischio di riceversi un calcinaccio sulla testa è più che reale. Lo squallore è ovunque: dalle arcate destinate a dormitorio alla corte, diventata un parcheggio che si inabissa in mari di fango quando piove, destinato agli addetti del teatro Stabile; sì, perché parte della Cavallerizza – bontà del Comune – è stata trasformata per le opere dello Stabile. Ma, dopo la notizia che anche gli attori del Teatro Stabile dovranno trasferirisi, per mancanza di fondi – da dicembre dovrebbero cessare gli spettacoli – la domanda viene spontanea: che fare dell’immenso complesso? Perché non si è mai intervenuti per il suo recupero?


Come se la Cavallerizza non sia degna di essere salvaguardata: dal 1680, su progetto di Amedeodi Castellamonte, la Cavallerizza (che prima si trovava nell’area dei Bastioni) venne spostata qui, e sostanzialmente ampliata e resa alla forma attuale con l’avvento di Benedetto Alfieri, che vi lavorò tra il 1740 e il 1742. L’edificio del Castellamonte, che era eretto con una pianta a forma di croce, venne demolito e al suo posto venne costruita la Cavallerizza ancora visibile, anche se il progetto non venne completato (non fu costruito il piano per le abitazioni). La manica centrale venne però eretta, e qui si dimostrò il genio dell’Alfieri, che vi realizzò una lunga galleria scandita da ampie arcate; e sarebbe bello vedere il complesso nella sua integrità, se non fosse che – non sapendo come destinare il tutto altrimenti – vi si sia fatto installare il Teatro Stabile.

 

Le immagini d’epoca ci rimandano ad una Cavallerizza che doveva stupire i vitatori – e certamente lo fece – per la sua imponenza e la sua rude essenzialità militaresca. Ma allora Torino sapeva valorizzarsi. Oggi, per contro, l’intero complesso è lasciato all’incuria: e i progetti per la sua riqualificazione si susseguono senza che uno ne venga portato al termine. A breve, anche il Teatro se ne andrà. Per quanto la Cavallerizza dovrà attendere la rinascita?


 

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Articolo pubblicato il 04/11/2013