L'attualità della strage di piazza San Carlo
La storica immagine

L'evento storico anticipa e ci permette di capire al meglio la situazione in cui noi viviamo oggigiorno

Questa settimana si è celebrato l'anniversario di un avvenimento molto importante, che tutto il Paese, e non solo la città di Torino, dovrebbe ricordare ogni anno.

 

L'avvenimento in questione non è certo una festa, è piuttosto un evento drammatico verificatosi ormai 148 anni orsono, subito dopo l'Unità, che appare oggi ai nostri occhi come un sanguinoso annuncio della situazione politica ed istituzionale che si sarebbe instaurata da lì a poco, di cui noi subiamo ancora le conseguenze.

 

L'avvenimento in questione è la drammatica strage di piazza San Carlo a Torino del 21 e 22 settembre 1864.

 

Per molte persone forse questo evento non rappresenta nulla, ma è in realtà un avvenimento di grande portata storica, ora più che mai attuale, perché ci anticipa e ci permette di capire al meglio la situazione in cui noi viviamo oggigiorno.

 

Non è mai bello ricordare quello che avvenne quei drammatici giorni, ma è doveroso farlo nei confronti di tutti quei torinesi che in quei giorni persero la loro vita, uccisi dal neonato Stato, soltanto perché reclamavano il loro sacrosanto diritto al lavoro.

 

La storia in questione non ha inizio nelle piazze, ma, come spesso accade, da un incontro segreto fra potenze straniere, in questo caso fra il governo italiano e l'imperatore francese Napoleone III, che stipularono in gran segreto un accordo per il trasferimento della capitale da Torino a Firenze.

 

Non appena si venne a sapere che la nomina di capitale sarebbe stata tolta dalla città di Torino, i cittadini insorsero riversandosi massicciamente nelle strade, mostrando la loro disapprovazione e il loro sdegno nei confronti del governo italiano con enormi manifestazioni spontanee di protesta.

 

Evidentemente si sentirono traditi dai sovrani di allora, i Savoia, che resero grande, nel bene e nel male, la città di Torino.

 

La cosa importante, però, è che i cittadini torinesi non andarono in strada a manifestare per puro spirito ribellista, ma manifestarono anche e soprattutto perché lo spostamento della nomina di capitale da una città diversa da Torino, voleva dire, conseguentemente, lo spostamento di tutto quell'apparato burocratico ed amministrativo grazie al quale la maggior parte dei torinesi aveva un posto di lavoro.

 

In poche parole, lottavano per il diritto al mantenimento del proprio posto di lavoro.

 

Una battaglia per cui non si smette di lottare (purtroppo) anche oggi, in questo grave periodo di crisi economica, in cui le imprese sono costrette ad emigrare, andando all'estero, per non morire di tasse, lasciandosi dietro una quantità di disoccupati che cresce giorno dopo giorno.

 

Forse la strage di piazza San Carlo a Torino è davvero più attuale di quel che sembra.

 

Nel frattempo, per prevenire eventuali disordini, si era dato ordine a migliaia di soldati di presidiare i diversi quartieri in assetto di guerra.

 

Alcuni battaglioni furono fatti affluire addirittura dal Sud e da altre regioni.

 

La città si era trasformata in un vero e proprio campo di battaglia, ma i cittadini torinesi non esitarono ad invadere le piazze in segno di protesta, e l'intervento delle forze dell'ordine, chiamati a sedare i tumulti, sfociò in un autentico eccidio.

 

Nelle giornate fra il 21 e il 22 settembre furono più di 50 i morti e 130 i feriti.

 

Una carneficina.

 

Le scariche di fucileria e gli assalti alla baionetta avvennero senza alcuna preventiva intimidazione da parte delle forze dell'ordine, rendendo così la repressione sui manifestanti, uomini e donne inermi e di tutte le età, particolarmente accanita ed efferata.

 

Questo avvenimento contribuì senz'ombra di dubbio a scavare un solco profondo fra Torino e il resto del Paese.

 

Perché come dice Valerio Castronovo, ex professore di storia contemporanea all'Università di Torino, i morti di quei giorni, a differenza di quelli dell'assedio di Torino e di tante altre sanguinose battaglie prima dell'Unità, non sono ancora stati vendicati.

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Articolo pubblicato il 24/09/2012