Cinque anni a Varanasi: Non hanno ucciso Francesco.

Annullato l’ergastolo per i due italiani detenuti in India dal 2010 con l’accusa di aver ucciso il compagno di viaggio

Brad Pitt passò ben sette anni in Tibet. Tomaso ed Elisabetta solo cinque,  in India, nel nord, a Varanasi, dove le estati roventi sciolgono il paesaggio e le pire funerarie si riflettono sul Gange.

Non c’è un posto migliore di un altro per scontare un ergastolo, ma Varanasi, o Benares, è di certo tra i peggiori. Ratti, niente acqua potabile, ciascuna cella occupata da centoquaranta persone, nessuna possibilità di comunicare con l’esterno.

Tomaso ed Elisabetta conoscono bene questa situazione.

I fatti: 2010, dicembre. Tomaso Bruno, di Savona, Elisabetta Boncompagni, di Torino e Francesco Montis, di Terralba in provincia di Oristano, decidono di festeggiare il capodanno con un lungo viaggio in India.

Elisabetta e Francesco sono fidanzati, Tomaso è l’amico di sempre. Ai tre piacciono le esperienze forti e la droga.

Quattro febbraio, Hotel Buddha a Varanasi, stanza 459. Dopo una serata a base di hashish ed eroina, Tomaso ed Elisabetta trovano Francesco agonizzante. Immediatamente chiamano i soccorsi e l’ambasciata italiana. Inutile. Poche ore dopo Francesco muore su un letto del Varanasi Hospital.

L’autopsia eseguita da un oculista indica che il ragazzo sarebbe morto per asfissia, e che sul corpo sarebbero stati presenti segni compatibili con gli esiti di una colluttazione.

Per Tomaso ed Elisabetta si aprono le porte di un incubo e si chiudono quelle del carcere.

L’accusa è di omicidio. Gli investigatori indiani legano il movente alla pista passionale. I due avrebbero ucciso il compagno di viaggio per poter intraprendere una relazione sentimentale.

Sono passati cinque anni in cui il mondo è cambiato rapidamente, ma per Elisabetta e Tomaso il tempo è parso non scorrere mai.

Condannati in un primo momento alla pena capitale, poi commutata in secondo grado all’ergastolo, si vedono ora dichiarare nuovamente liberi cittadini dalla Corte Suprema indiana che ha annullato le sentenze precedenti.

La prima cosa che i ragazzi hanno saputo pronunciare è stata una domanda, la più classica: è uno scherzo?

“Pensavano scherzassi – dice Ashish Tiwari, direttore del carcere – poi sono stati sopraffatti dalla gioia”.

Nell’aula del tribunale supremo, al momento della lettura della sentenza, era presente l’ambasciatore italiano Daniele Mancini che ha espresso una diplomatica:” Grande soddisfazione per il risultato ottenuto”.

Così come freddamente equilibrato è stato il tweet del ministro Pinotti:” Soddisfazione per decisione Corte Suprema indiana di annullare condanna ergastolo Tomaso Bruno ed Elisabetta Boncompagni”.

Chi si sbilancia sono, ovviamente, i genitori dei ragazzi, con le esistenze stravolte, trasformati in pendolari tra l’Italia e l’Uttar Pradesh, lo stato indiano con capitale Varanasi.

“Lascio a voi immaginare come possiamo sentirci dopo cinque anni di strazio. È come rinascere” sono le prime parole dei genitori di Elisabetta, che aggiungono: “Vorremmo dire a tanti che la pensano diversamente che l’India non è quel paradiso che si crede. Spero che la nostra vicenda sia utile ad altri”.

E’ stata dura, sia sul piano psicologico che su quello economico. “Al di là dello strazio di vedere Elisabetta in carcere per accuse assurde – ha proseguito – è stato anche un grosso sacrificio. Basti dire che bisognava pagare per tutto, anche per andare a trovarla in carcere. Non voglio dire di più, ma questo sì: la giustizia indiana è un mistero”.

Ora che, finalmente, la sentenza della Corte Suprema, presieduta da Anil R. Dave, ha dichiarato innocenti i due ragazzi italiani, l’ambasciata italiana in India ha avviato le pratiche per il rimpatrio, mentre la madre di Tomaso, Marina Maurizio, ha incaricato i legali di famiglia di muoversi per svolgere le procedure di rilascio.

“Voglio esprimere solo una grande gioia, ed il riconoscimento che alla fine il sistema giudiziario indiano ha dimostrato di funzionare – ha detto la signora Maurizio - è una bellissima notizia tenendo anche conto del fatto che, conoscendo l’India, uno non può mai farsi illusioni”.

Ad oggi la procura dell’Uttar Pradesh potrebbe chiedere l’ennesima revisione del processo che tratterrebbe i ragazzi ancora nel carcere di Varanasi, ma fonti diplomatiche affermano si tratti di una possibilità remota.

Se l’India deciderà stavolta di non regalare alcuna sorpresa, Tomaso ed Elisabetta potranno rientrare in Italia già nel prossimo fine settimana.

Allora, dopo cinque anni, tutti potranno cominciare a buttarsi alle spalle il ricordo di questa brutta vicenda. Quasi tutti.

“Sono senza parole, non dovevano farli uscire. E' come se avessero ucciso di nuovo mio figlio” ha dichiarato Rita Concas, la madre di Francesco, raggiunta al telefono da un giornalista dell’emittente sarda Videolina. 

In un primo tempo la famiglia Montis aveva sostenuto l’innocenza dei due ragazzi, ma ora sembra aver cambiato opinione.

“Come mai - si chiede - in due anni, dopo due sentenze che andavano nella stessa direzione, ora è cambiato tutto?". E fa riferimento in particolare "ai segni di strangolamento e alle diverse ferite rilevate dall'autopsia sul cadavere. Perché quelle prove oggi non hanno più alcun valore?”.

 

Nuove domande alla fine di una storia. Una storia il cui risultato è di due famiglie che gioiscono, e una che continua, e forse continuerà, a piangere invano. 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 24/01/2015