Squadrismo rosso

La violenza politica si tinge di rosso

Cronaca degli ultimi giorni è la rinascita della violenza politica. Parlare di rinascita forse è improprio dal momento che sporadici episodi violenti sono sempre stati, non diciamo all’ordine del giorno, ma neppure possiamo definirli una rarità.

In questi giorni ricorre l’anniversario della caduta del muro di Berlino. La fine delle ideologie contrapposte. La libertà per molti, l’unificazione della Germania e dell’Europa tutta. Quando capita di parlare con chi in quegli anni era poco più che ventenne, parlo della generazione del '77 delle lotte studentesche e delle manifestazioni con le bombe e le rivoltelle, quando si parla con qualcuno che quegli avvenimenti ha vissuto in maniera diretta o per trasmissione mediatica, nei loro racconti si sente la speranza delusa, l’ "abbiamo visto aprirsi le porte del mondo", la fine della guerra in casa, a scuola, al bar o in piazzetta tra rossi e neri, fascisti e comunisti, camerati e compagni. Parlano con negli occhi la rassegnazione tipicamente italiana. La rassegnazione del potevamo tutto, potevano tutto, tutto era possibile, eppure tutto è rimasto immobile, fermo, abbandonato. Raccontano della felicità nel sentirsi liberi di utilizzare una maglietta senza paura di essere presi di mira da bastonate e sassaiole avversarie. La libertà di poter fischiettare un inno, di apprezzare un regista, o un giornalista, o uno di quelli che chiamano intellettuali impegnati. Impegnati in cosa, poi, non si è mai capito.

Sento parlare di destra e sinistra, di una destra ghettizzata e di una sinistra finalmente libera dopo un ventennio di oppressione. E chi vi scrive, che negli anni dell'illusa liberazione era poco più che nato, ha vissuto gli anni dell’opposto, in cui la destra al potere si sentiva libera ed ebbra di possibilità fino a quel momento proibite dall’egemonia contraria. La frustrazione nera che negli anni della lotta sfociava nello squadrismo violento, nelle vendette per i camerati morti ammazzati, nell’esasperazione per le continue accuse infondate di stragismo e terrorismo. Lo squadrismo nero che ancora oggi macchia il nome della Destra negli ambienti politici e nei salotti bene.

Il berlusconismo ha avuto tra i pochi meriti quello di sdoganare una destra istituzionale. Il prezzo, certo, è stato quello di portare sul carro l’ignoranza e le pulsioni più basse di una classe politica disabituata all’esercizio del potere. Ma è stato un prezzo necessario per eliminare la violenza come mezzo politico. In questi tempi, che saranno ricordati come gli anni della crisi, le ideologie sono definitivamente morte. Eppure stoici scampoli di vecchia politica non cessano di esistere.

La cronaca recente, per ricollegare il discorso al suo principio, racconta di una destra istituzionalizzata che ricerca nel populismo una strategia di sopravvivenza e di una sinistra violenta non ancora in grado di andare oltre le forme dimenticate di trent'anni fa. Gli scontri all’Università di Torino, con gli studenti del FUAN vigliaccamente aggrediti a bastonate da esponenti dei centri sociali (Askatasuna in prima fila), con gli occhi della Digos, lo Stato, aperti sulla scena e colpevolmente silenziosi. L'aggressione al segretario della Lega Nord, Matteo Salvini, da parte di altri compagni da centro sociale, che la stampa ha descritto come vittime dell’autista che nella fuga dalla rossa furia violenta ha rischiato di menomarne qualcuno.

Questi, sono gli ultimi esempi di una deriva intollerante che l’estrema sinistra italiana ha sempre nascosto e protetto sotto l’ala dell’istituzione e del partito. Ora che il partito è morto e l’istituzione ha cessato di essere un presidio democratico, queste frange abbandonate hanno la libertà di sfogare gli impulsi più bassi. Non parliamo di nuova strategia della tensione, non adesso. Ma di ignoranza politica, quello sì. E della nascita di un nuovo squadrismo che, nella nomenclatura cromatica, abbandona il nero, per macchiarsi di rosso. Rosso sangue.

 

(immagini, cronacaqui.it )

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Articolo pubblicato il 10/11/2014