Abbandono, squatting e lotta per la casa

Breve visita fotografica nell'ex-caserma di via Bologna, tra degrado e occupazioni abusive

L’edificio risale al 1911 e nasce come lanificio per poi diventare sede della Direzione dell’Industria di artiglieria. Già dal 1912 al 1928 ha visto una serie di ampliamenti che lo hanno portato a ricoprire gli attuali 46.600 mq. Di stile eclettico, vi hanno lavorato nei decenni diversi architetti, anche se l’impianto principale è dell’ingegnere senese Giovanni Chevalley.

Durante la Seconda Grande Guerra l’edificio ha subìto due bombardamenti (dicembre ’42 e Luglio ’43) ad opera della RAF. Distrutto in gran parte viene presto ristrutturato e reso agibile per i successivi sessant’anni.

Dismesso e abbandonato nel 2009, il complesso verte in condizioni disastrose. Quasi non si sia trattato di una dismissione ma di una vera e propria fuga.

Documenti, casse di armi, proiettili a salve e grossi calibri, sempre a salve, accatastati in maniera dozzinale, immersi nelle muffe e nei cespugli di rovi.

Da poco più di un mese – per la precisione dal 5 aprile, ndr – il complesso è nuovamente occupato.

E il termine “occupato” non è qui utilizzato a caso.

Infatti, dopo aver forzato il lucchetto del portone principale, un gruppo di squatter – dal termine inglese “squatting”, occupare abusivamente, ndr – ha cominciato ad abitare l’edificio.

Per ora una sola parte è stata resa agibile e abitabile, il resto del complesso si presenta ancora in condizioni pietose e viene utilizzato come una tela immacolata in cui graffittare e inneggiare all’anarchia, alla lotta allo Stato e alla morte dei “nemici” del movimento di lotta per la casa.

Noi di Civico20 ci siamo stati. Abbiamo dovuto combattere contro la ritrosia degli squatter nei confronti dei giornalisti, accusati di collusione con le forze dell’ordine, ma siamo riusciti a portare a casa qualche immagine che qui mostriamo.

Non intendiamo giudicare la legittimità o meno delle occupazioni abusive di edifici pubblici abbandonati.

Ci limitiamo a dare un resoconto fotografico dello spreco e, se permettete, della barbàrie con cui gli enti pubblici amministrano i propri beni immobili.

Buona visione. 

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Articolo pubblicato il 11/05/2014