Lo scrutinio

Dalla sede elettorale di Sardegna Possibile, Civico20news ha seguito lo spoglio delle elezioni sarde

Quando all'ora di pranzo arriviamo in via San Benedetto 33, indirizzo della sede elettorale di Michela Murgia e della sua Sardegna Possibile, il clima è teso. Fuori dal locale un capannello di militanti commenta nervosamente i primi risultati rilanciati dagli uffici elettorali e dal ministero dell’interno. Qualcuno fuma, molti armeggiano con gli smartphone alla ricerca dell'ultimo dato.

Sentiamo parlare di strani movimenti nei seggi, di cifre incongrue, di sondaggi disattesi.

Meno di una settimana fa i sondaggi ci davano al 20%” ci dice uno dei responsabili comunicazione di ProgReS “ se i dati attuali dovessero essere confermati sarebbe comunque una vittoria, anche se al di sotto delle aspettative”.

E a sentir parlare i candidati e i semplici militanti la frase “al di sotto delle aspettative” risulta più che un eufemismo.

La legge elettorale sarda, da molti definito il porcellum sardo o porceddum, assegna come premio di maggioranza il 55% dei seggi alla coalizione vincente, ammesso che ottenga almeno il 25% dei voti. Ma la vera difficoltà è stata la soglia di sbarramento al 10% per le coalizioni e del 4% per i partiti, o le liste, che le componevano.

Nella sede elettorale di Sardegna Possibile i dati si inseguono e si rimpallano. Tutti, militanti, candidati e vertici del partito, aggiornano freneticamente la pagina internet della Regione Sardegna dove vengono riportati i dati dello spoglio in tempo reale.

In un primo momento i dati indicavano le liste al 12%, quindi oltre la soglia, e la candidata Murgia al 15%. Col passare del tempo il dato si è ridotto, fino ad arrivare a quello definitivo di poco meno del 7% per le liste (6,77%) e di poco più del 10%(10,30%) per la candidata governatrice.

Nessun consigliere eletto dalla coalizione indipendentista e, vero smacco dovuto al porceddum, neppure la candidata presidente avrà un seggio nel consiglio regionale.

Questo perché, come la legge impone, ad entrare in consiglio sono solamente i primi due candidati presidenti più votati. In questo caso Ugo Cappellacci, il governatore uscente, e Francesco Pigliaru, il vincitore.

Il 10% di Michela Murgia, terza candidata più votata, non è stato perciò utile all’ingresso in consiglio, lasciando la coalizione Sardegna Possibile povera di rappresentanza.

Dopo poche ore dallo spoglio, quando ancora mancano i dati di più della metà dei seggi, Cappellacci chiama Francesco Pigliaru per complimentarsi e riconoscere la sconfitta.

Nella sede di Sardegna Possibile tutti ancora tacciono. Il segretario di ProgReS, Paolo Piras, non commenta i dati così come il responsabili della comunicazione.

Gira la voce che Michela Murgia sia già in città, riunita con i fedelissimi in un hotel dal quale si muoverà quando la situazione sarà nettamente chiara.

I giornalisti e gli operatori preparano gli strumenti per le dirette, i militanti riordinano la sede e i sostenitori attendono l’arrivo della candidata.

Nessuno parla di sconfitta: “Non abbiamo perso” commenta un candidato “ qualche anno fa non esisteva ProgReS e qualche mese fa non esisteva Sardegna Possibile. Ora prendiamo il 7%. Per una forza indipendentista è un risultato straordinario”.

Qualcuno se la prende con IRS (Indipendentzia Repubrica de Sardigna, altro movimento indipendentista in coalizione con Pigliaru, ndr):”Hanno preferito allearsi con i partiti italiani per guadagnare un seggio in consiglio. Noi abbiamo scelto di essere indipendenti anche nelle alleanze”.

E' il tardo pomeriggio quando Michela Murgia arriva alla sede di Sardegna Possibile. I molti presenti ascoltano con attenzione, qualcuno con commozione, la presa d'atto del risultato elettorale. Mancano ancora i dati di alcuni seggi, ma la situazione è ormai chiara. Sardegna  Possibile resta fuori dal parlamento sardo.

Quello della Murgia è un discorso molto duro. Attorniata dai giornalisti e dai numerosi presenti dichiara:” Per una legge liberticida non potremo rappresentare in Consiglio regionale i 70 mila sardi che ci hanno votato, ma noi da oggi porteremo avanti questo progetto. Non faremo minoranza, ma opposizione vera".

Prosegue:"La democrazia nella nostra regione non sta bene, metà dei sardi non è andata a votare e le burocrazie di partito hanno perso le migliaia di voti che avevano conquistato negli anni. La classe dirigente paga il prezzo degli errori etici e politici compiuti fino a questo momento. La delusione e l’impotenza mostrate dalla gente rappresenta il grido muto di un territorio politicamente devastato"

Diversamente dal solito, la scrittrice di Cabras non va a braccio:"Abbiamo condiviso e concordato  la riflessione da esternare in questo momento, così come abbiamo fatto in tutti i sette mesi di campagna elettorale".

Poi  commenta il risultato:" Può sembrare deludente ma non lo è: era dai tempi di Mario Melis, storico presidente della Regione sardista, che una forza tutta sarda non otteneva una percentuale a due cifre. Anche a Cabras, il mio paese, è stato un successo: la destra ha sempre ottenuto l’ottanta per cento, noi siamo arrivati al venticinque. Mai successo prima".

Gli applausi sono continui e la commozione raggiunge anche Michela Murgia che conclude:"Sette mesi fa la nostra coalizione non esisteva, oggi è la terza forza politica della Sardegna. I voti che abbiamo ottenuto sono preziosissimi, misurano la speranza nel cambiamento, la voglia di uscire dalla gabbia. Oggi il centrosinistra e il centrodestra si scambiano i posti ma la storia ci insegna che lo stile di gestione della cosa pubblica sarà identico. Gli elettori ci hanno chiesto di scardinare un sistema corrotto e statico. E qui comincia la nostra storia politica quotidiana."

Infine stappa una bottiglia di spumante e inneggia:" A innàntis, pro sa Republica!" . Avanti, per la Repubblica (sarda, ndr)!

       Nonostante i volti tirati, l'atmosfera è quella di una festa. Si beve spumante e si mangiano dolci e stuzzichini.  Michela Murgia abbraccia gli amici e i compagni d'avventura. Sono presenti tutti. Dai candidati, ai vertici di partito, agli assessori in pectore ai famigliari.

Dopo poco più di due ore, l’ormai ex, candidata se ne va accompagnata dal marito, e con lei la maggior parte dei presenti. Rimangono a festeggiare i candidati e i militanti più puri, impegnati ad analizzare il voto e a ricordare i momenti della campagna. Noi ci tratteniamo ancora un po’, giusto il tempo di un bicchiere di mirto e qualche zeppola di carnevale.

Poi, quando il rischio per noi è di essere scambiati per attivisti e quindi incaricati delle pulizie, decidiamo di lasciare la sede elettorale.

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Articolo pubblicato il 24/02/2014