La chiusura della campagna elettorale

Civico20News ha seguito l'esperienza della coalizione Sardegna Possibile guidata dalla scrittrice Michela Murgia

La coalizione Sardegna Possibile, il progetto politico di matrice indipendentista guidato dalla scrittrice Michela Murgia, è stata la principale novità delle recenti elezioni svoltesi in Sardegna.


La candidatura della Murgia, vincitrice del premio Campiello 2010 con Accabbadora, è stata sostenuta da un partito politico, ProgReS (Progetu  Repùblica de Sardigna) di netta appartenenza indipendentista, e da due liste civiche: Gentes, composta da candidati con caratteristiche proprie, e Comunidades, che riuniva invece candidati riferimento di aree e organizzazioni sociali (sindaci, rappresentanti di associazioni e gruppi).


 

La festa per la chiusura della campagna elettorale ha avuto luogo in piazza del Carmine, a Cagliari. Negli occhi, nei visi e negli animi di candidati, militanti e gran parte del pubblico presente, si festeggia un trionfo. Tanta è  la speranza che il messaggio della Murgia ha instillato nelle  coscienze delle persone.

Poche bandiere di partito, tutte di ProgReS. Famiglie con bambini che gridano dalle giostre appositamente convocate, tanti giovani e qualche anziano.  

Incontriamo Claudio, studente di 23 anni, simpatizzante di ProgReS. Ci dice:” Non sono mai stato indipendentista. Poi ho sentito  Michela parlare di partecipazione e di territorio e mi sono interessato. Oggi sono definitivamente convertito”.

Tutti chiamano per nome la loro candidata. Michela, per molti incarnazione di una battaglia antica portata avanti in forme nuove, più moderne.

Sul palco ancora nessun relatore. Continuiamo a girare per la piazza gremita. Le lunghe code davanti ai volontari che spillano boccali di birra si confondono con la massa di persone che attende l’arrivo di Michela.


Si materializza dal fondo della piazza, quello opposto al palco e alla gente. Arriva a piedi, priva di codazzo al seguito. Si fa largo tra la folla che sorride e tende mani pronte a stringere quelle della loro eroina. Qualcuno porge un augurio, qualcuno un semplice saluto, tanti ringraziano.

Si libera agilmente dall'abbraccio della gente e appena sul palco   saluta e ringrazia i presenti. Poi parte subito all’attacco.

Ci dicono che da lunedì (giorno dopo le elezioni, ndr) ci sarà una guerra. Ma io dico che in guerra ci siamo già. I vecchi partiti e i vecchi politici ci hanno lasciato un territorio devastato da una guerra tra interessi privati”.

La Sardegna come territorio di guerra. Un territorio martoriato da clientelismi e promesse non mantenute. Saccheggiato dalla corruzione e dal peculato diffuso. Impoverito nella borsa e nello spirito. Un territorio arrabbiato, al limite dell’implosione sociale.

Prosegue Murgia:” Noi vogliamo la pace. Vogliamo convogliare la rabbia nel cuore delle persone per arrivare alla pace tra la sfiducia dei cittadini e la politica”.

Attacca Renzi:” Dice che un voto dato a Sardegna Possibile mette a posto la coscienza mentre uno dato a Pigliaru (candidato PD, ndr) mette a posto la Sardegna. Ma io chiedo: Perché rinunciare alla coscienza?

Prosegue:”Noi vogliamo una politica che disegni una Sardegna che non c’è, e per questo serve una coscienza.

Passa poi a parlare della coalizione:”Sette mesi fa non esistevamo, ora facciamo tremare i pachidermi della politica. Dicono di non votarci, invocano il voto utile. Ma utile a chi?

La nostra è una rivoluzione. Tanti dicono che ormai sta finendo, ma non è così. La nostra rivoluzione è appena cominciata. E’ custu chi funti timmendi (è ciò di cui hanno paura, ndr).”

Abbiamo rivoluzionato il sistema dando ai cittadini uno spazio per fare politica senza vergogna.

Non parla di proposte concrete in questo discorso di chiusura della campagna elettorale:” Non farò discorsi sui temi di cui abbiamo già parlato negli incontri sul territorio”.

Idee, speranze e aspirazioni. “Non vogliamo più essere dipendenti. Vogliamo essere liberi. La bandiera di Arborea, l’indipendenza (l’albero eradicato, stemma del Giudicato d’Arborea, ultimo regno sardo indipendente, ndr) e quella dei quattro mori, l’autonomia, devono riconciliarsi.

Conclude parlando di Cagliari:”Capitale della nostra nazione, dove tutti gli aspetti della Sardegna trovano sintesi. Per questo abbiamo deciso di concludere la campagna elettorale qui, perché grazie a questa città ci riprenderemo tutta la Sardegna.

Il pubblico inneggia all’indipendenza e alla leader che si congeda dal palco.


Ci spostiamo sul retro, accanto al gazebo che funge da backstage e al camper che ha accompagnato Michela nei territori della campagna.

Un folla sempre maggiore si accalca sulle transenne pronta a stringere la mano della loro candidata. Qualcuno balla il ritmo dei Sikitikis, band cagliaritana trapiantata a Torino, altri sorridono e si abbracciano. Molti occhi lucidi e abbracci commossi.

Due di questi occhi lucidi sono dell’assessore in pectore all’agricoltura, Anna Sulis:” E’ stata un’esperienza pazzesca. Sono state settimane in cui la Sardegna ha parlato di se stessa come mai nel passato.

Intercettiamo anche Omar Onnis, possibile assessore alla cultura, e anche lui, dietro le lenti degli occhiali, nasconde due occhi gonfi e, sotto le lenti degli occhiali, un sorriso da bambino:” Abbiamo lavorato anni per arrivare a questo risultato. Possiamo dire di aver già vinto. Siamo coscienti di cosa abbiamo fatto e di cosa ancora dobbiamo fare.

Continuiamo a girare tra i presenti  e ci voltiamo giusto in tempo per assistere  a una scena che tanto può raccontare del clima in cui si è svolta la campagna elettorale di Sardegna Possibile.

Michela Murgia posa per una foto ricordo, mentre dietro di lei un venditore ambulante di rose attende con un enorme sorriso e una rosa rossa in mano. Quando Michela si libera dell’abbraccio fotografico si volta e il ragazzo le porge la rosa con il sorriso ancora dipinto sul volto. Lei accetta e scambia qualche parola con lui.

Si chiama Adìn,  ha 22 anni e da poco meno di uno lavora come venditore ambulante di rose. Dice alla candidata:”Io vivo vendendo rose, per me anche una sola è molto importante, perché mi fa mangiare. Però a te la regalo, perché dici cose giuste”.

Ed è il tema ricorrente tra tutti coloro che si avvicinano a parlare con i candidati. Il dire le cose giuste. Come se la politica precedente si fosse limitata a ripetere un mantra elettorale ridotto al silenzio nell’ora del governo.

La serata continua con la musica e il ballo. Niente folklore, niente balli tipici né launéddas (tradizionale strumento a fiato, ndr). Dalle casse escono reggae e rock, e la birra viene venduta a ritmo sostenuto insieme alle spille con il simbolo della coalizione e gli altri gadget elettorali.

Gli ultimi, pochi, presenti, continuano stoicamente a ballare al ritmo di musiche che fuoriescono dalle casse di un autoradio e non più da quelle del palco che nel frattempo viene smontato.

L’ultima giornata della campagna elettorale è finita. La palla passa in mano agli elettori.

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Articolo pubblicato il 24/02/2014