Strage in Sardegna, Cleopatra porta 18 morti
Il Ponte dorggali

Vittime, responsabilità e sfogo di un sardo lontano da casa

Sarà il destino che ha mandato il ciclone Cleopatra a devastare la Sardegna proprio alla vigilia della prima udienza del processo per un'altra alluvione, quella del 2008 a Capoterra, in cui persero la vita cinque persone.

Stavolta le vittime sono 18.

Due bambini di 2 e 3 anni, un'intera famiglia di brasiliani da anni residenti in sardegna, un'agente di polizia, sei anziani intrappolati nelle loro case.

Storie comuni di sfortune straordinarie.

Francesco Mazzoccu di 35 anni è morto con il figlioletto Enrico (appena tre anni) mentre percorrevano la strada che li avrebbe dovuti portare a Telti.

Patrizia Corona è morta invece a Olbia, a bordo della sua smart con in braccio la figlia di due anni. Il padre, che al momento della catastrofe si trovava nella stessa auto con loro, è riuscito a salvarsi. I soccorsi hanno recuperato i loro corpi dopo diverse ore.

Anna Ragnedda e Maria Massa avevano rispettivamente 83 e 88 anni quando sono rimaste intrappolate nelle loro case, tanto lontane eppure tanto simili.

Un'intera famiglia di brasiliani, madre padre e due figli di 20 e 16 anni sono annegati nel seminterrato che chiamavano casa, sommersi da più di tre metri d'acqua.

E questa è solo il resoconto della provincia di Olbia.

Altri quattro morti ci sono stati nel nuorese dove un'auto della polizia è stata inghiottita dalla voragine creatasi in un ponte causando la morte di Luca Tanzi, capo pattuglia di 44 anni. Lascia una moglie e due bambini di 11 e 7 anni.

A Torpè, piccolo centro della barbagia, sono morte due donne di oltre ottant'anni, anche loro nelle loro piccole case al livello della strada.

Un uomo di 61 anni, Giuseppe Farre, allevatore, è stato travolto ieri da un fiume in piena e l'ultima vittima, stavolta in provincia di Oristano, è Vannina Figus, di 64 anni, trovata morta nella sua abitazione a Uras dopo diverse ore dal decesso.

Le chiamano vittime del maltempo. Poveri sfortunati che si sono trovati nel posto sbagliato al momento sbagliato.

Dicono che non era prevedibile una tale "bomba d'acqua", che la Protezione Civile ha agito secondo i protocolli del caso, che le popolazioni sono state avvisate per tempo ma che tutti hanno preferito non abbandonare le proprie abitazioni che fatalmente si sono trasformate in trappole mortali.

Il capo della Protezione Civile, Franco Gabrielli, si è recato immediatamente sull'isola per coordinare le operazioni di soccorso.

Con sé ha portato una dose inopportuna di supponenza concentrata in poche dichiarazioni che, come sempre in questi casi, hanno il solo compito di preservare l'immagine e la coscienza di chi le pronuncia.

"Il sistema di allertamento nazionale ha fatto il suo dovere. Sono infondate le accuse di ritardi nell'allerta. Quello di ieri è stato un evento eccezionale."

Talmente eccezionale da risultare il quinto negli ultimi 13 anni.

"Ma chi doveva intervenire nel territorio se non il territorio?" chiede ancora Gabrielli "Chi doveva esserci, la cavalleria?" domanda.

Domanda che si sarebbe potuta tranquillamente risparmiare, soprattutto dal capo di un ente chiamato Protezione Civile e il cui compito è abbastanza chiaro: Proteggere i cittadini, non informarli di una catastrofe per poi lavarsene le mani con un "Noi vi abbiamo avvertiti".

Sulla coscienza di chi peseranno questi 18 morti?

Sui costruttori e collaudatori del ponte inaugurato appena pochi anni fa e drammaticamente crollato portando con se la vita di vittime innocenti?

Sui sindaci che ignoravano il Piano Fasce Fluviali sostenendo che "nei nostri comuni non piove abbastanza" ?

Sul governo regionale e nazionale che ha sempre chiuso gli occhi di fronte ai pericoli e aperto le mani di fronte alle convenienze?

Da sardo non voglio credere che la colpa sia tutta del ciclone. Non voglio piangere sulle bare di un evento eccezionale. Non voglio vedere la mia terra distrutta dall'incuria e dal dolo di sciacalli che nel momento in cui le responsabilità cercano delle spalle su cui gravare, si rinnovano moderni Ponzio Pilato lavandosene le mani, stanziando qualche euro per la ricostruzione e promettendo un futuro più sicuro in cui nessuno dovrà morire per la pioggia.

In meno di ventiquattro ore la solidarietà del mondo è arrivata alle famiglie delle vittime, ma questa non è giustizia, è solo compassione.

E io, che di sardi e Sardegna me ne intendo, vi dico che non ci basterà la vostra compassione, non ci basteranno le vostre parole profonde, i vostri funerali di stato.

Vogliamo e vorremo solo giustizia.

Perchè i morti non siano morti invano.

Perchè non ci siano più morti.

Mai più.

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Articolo pubblicato il 20/11/2013