La vedova nera

Di Katia Bernacci

Spesso il caso e la leggerezza vanno a braccetto con il male, come testimoniato da numerosi casi di cronaca nera del passato, e se aggiungiamo alla ricetta anche la follia oppure un’indole da serial killer, ecco che ci troviamo tra le mani vicende incredibili, che spesso sfuggono dalle maglie della giustizia a lungo, lasciando che parecchie vittime siano sacrificate senza motivo.

È questo il caso della famigerata Belle Gunness, una donna norvegese emigrata negli Stati Uniti nel 1881, a seguito di una violenza che vista dall’esterno sembra essere stata senza motivazione, o comunque un gesto non concepibile: durante una festa di paese, un uomo diede un forte calcio sull’addome di Belle, facendola abortire.

Non sappiamo chi fosse quell’uomo, forse il padre del bambino, o un amante geloso, in ogni caso la giustizia non fece nulla, e il destino volle che l’uomo, pare di famiglia altolocata, morisse poco tempo dopo per un cancro allo stomaco. O forse no?

Il dubbio potrebbe venire, perché il seguito della vita di Belle Gunness, colpevole di aver ucciso tra le quaranta e le sessanta persone, non è molto limpido, anzi, la ragazza sarebbe stata sicuramente capace di una vendetta immediata ed estrema.

Brynhild Paulsdatter Størseth, questo era il nome di nascita di Belle, lavorò per qualche anno in Norvegia, dopo il fatto raccontato, che le aveva causato una forte depressione e una chiusura in se stessa che i concittadini vedevano come stranezza comportamentale, in particolare in una comunità dove il tempo inclemente costringe a condividere spazi e pensieri più che in altri luoghi.

Quando finalmente riuscì a guadagnare i soldi necessari per la traversata, non attese ulteriormente e partì per gli Stati Uniti, dove contava di rifarsi una vita.

E agli effetti così fece, si legò ai connazionali di Chicago, anche se era fuggita dalla Norvegia perché non sopportava il loro atteggiamento e si sposò con uno di loro, aprendo in seguito un negozio di generi alimentari che non produceva però molti guadagni.

Un bel giorno, prima del fallimento, nel locale si sviluppò un fuoco indomabile che distrusse tutto. Forse la donna era disperata? No, perché l’assicurazione risarcì i coniugi di tutti i danni, consentendogli di acquistare con il denaro una nuova casa e di allargare la famiglia, visto che nei seguenti anni Belle avrà quattro figli, sui quali però i ricercatori attuali non sono concordi: erano figli naturali oppure presi in adozione per ricevere un compenso dalle famiglie di origine?

Tutta la vicenda si svolge in un’ambigua mancanza di fonti, tanto che qualcuno sostenne che due figli fossero morti alla nascita o forse bruciati, almeno in uno dei due casi, nei successivi roghi che distrussero le case di Belle, che venne puntualmente risarcita dalle assicurazioni, che probabilmente sceglieva con cura tra quelle di città diverse, che non facevano alcun tipo di controllo (a differenza di oggi) sui firmatari dei contratti e sui risarcimenti passati.

Belle non si fermò, l’amato marito la lasciò sola, morendo per cause più che sospette (se consideriamo che il medico che lo visitò espresse l’opinione che forse c’era di mezzo la stricnina, un alcaloide tossico, senza essere ascoltato se non in seguito, quando la famiglia norvegese del marito della Gunness decise di richiedere la riesumazione del corpo, richiesta non concessa dai giudici degli Stati Uniti) e, guarda caso, Belle incassò due polizze corpose sulle assicurazioni che aveva stipulato sulla vita del marito.

Anche in questo caso nessuno si insospettì.

Belle doveva ormai sentirsi invincibile, si trasferì in Indiana e comprò una grande fattoria, lontana dalle altre abitazioni e quando si accorse che i soldi erano quasi finiti, ecco che un nuovo incendio distrusse un’ala della fattoria e ancora i periti dell’assicurazione risarcirono la donna, che poté così ristrutturare l’edificio e dedicarsi alla ricerca di un nuovo marito che trovò facilmente, poiché pare che Gunness avesse una strana e maliziosa bellezza, oltre che una stazza imponente, vista l’altezza di un metro e ottanta.

Peccato per lui, un anno e mezzo dopo era già defunto, in circostanze quantomeno strane: gli cadde in testa un tritacarne di ferro, tenuto, non si sa perché su un ripiano attaccato al muro, dove l’uomo era andato a sbattere in un movimento improvviso, dovuto all’ustione provocata da un lapillo fuoriuscito dalla stufa…

Belle Gunness era inarrestabile e amava il denaro, fu a questo punto che decise di mettere degli annunci su alcuni giornali dell’intero paese, dove si presentava come una donna facoltosa, alla ricerca di un uomo che avesse le stesse possibilità e che volesse unire le forze e lasciare tutto per raggiungerla, non prima di averle fatto recapitare il denaro presso la banca indicata, perché era anche questione di fiducia, e lei era una donna sola.

Molti uomini caddero nel tranello, a decine, e quasi tutti fecero una fine terribile. Belle Gunness, dopo aver preso possesso dei loro soldi, li attirava nella sua abitazione, scegliendo unicamente uomini senza parenti e quindi senza nessuno che li cercasse, e poi li trucidava, dando in seguito pezzi dei loro corpi da mangiare ai suoi maiali, per i quali aveva costruito una palizzata altissima, che copriva tutto alla vista.

L’assassina si dedicava al crimine con puntigliosità e incredibile sprezzo del pericolo, o della possibilità di essere scoperta.

Non furono queste le uniche vicende che riguardarono una delle serial killer più folli della storia.

L’antropologo Massimo Centini ha indagato sul suo caso nel libro “La vedova nera”, portando alla luce una serie di eventi degni della migliore sceneggiatura mai scritta per un thriller, dove entreranno in scena personaggi insospettabili.

La vicenda, forse inconclusa, ha causato un tale scandalo negli Stati Uniti, che sul luogo della fattoria è oggi ubicato un museo dedicato alla ricostruzione dei fatti e alla memoria delle vittime.

Katia Bernacci

Bibliografia

“La vedova nera, vita, crimini e misteri di Belle Gunness” di Massimo Centini.

 

Fotografie di Marino Olivieri e archivio.

 

 

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Articolo pubblicato il 28/01/2024