I geni degli scacchi

Storie, follie e stravaganze dei grandi maestri

Strutturati su una scacchiera costituita da sessantaquattro caselle, alternativamente bianche e nere, sulle quali vengono mosse sedici figure per giocatore, gli scacchi di fatto sono un meccanismo dove chiaro e scuro si scontrano secondo regole ben definite e piuttosto articolate che danno l’impressione di essere un gioco difficile. La difficoltà non sta nelle regole, quanto piuttosto nella strategia che in certi casi si  ammanta con i toni avvolti da un’impenetrabile coltre di apparente mistero, difficile da infrangere per i non addetti ai lavori. Anche per questa ragione, in molte occasioni il giocatore di scacchi è stato connotato con peculiarità che gli fanno assumere toni colmi di mistero: emblematica la famosa partita a scacchi che costituisce il leitmotiv del film Il settimo sigillo di Ingmar Bergman.

La questione diventa ancora più complessa e articolata se ci rivolgiamo alla personalità dei grandi giocatori, che oltre a essere abili e geniali, con frequenza sono anche segnati da caratteri molto originali, in qualche caso borderline. A darcene conferma è Adolfo Mollichelli che nel suo libro "I geni degli scacchi. Storie, follie e stravaganze dei grandi maestri", ci guida in un curioso viaggio tra le personalità di campioni indiscussi, alcuni conosciuti da tutti (Spassky, Fischer, Karpov) altri invece noti solo agli specialisti.

Con rapide biografie tracciare come un acquerello, l’autore dipinge i tratti salienti dei giocatori, consentendoci così di farci un’idea delle modalità che li condussero a conquistare i più alti olimpi di un gioco antichissimo.

Le origini degli scacchi si perdono nella notte dei tempi: le indicazioni fornite dall’archeologia ci consentono di stabilire che questo gioco, nelle sue forme più primitive, risale a quattromila anni fa. Nel passaggio tra il mondo arabo e quello cristiano, mediato dai crociati, gli scacchi hanno assunto la forma definitiva a noi nota. Va osservato che prima della nascita degli scacchi così come noi li conosciamo, dal VI secolo d.C., erano  diffusi vari giochi da Tabula, alcuni dei quali si avvalevano di pezzi e pedine che possono aver influenzato la successiva elaborazione dei modelli scacchistici.

Tutti gli studiosi fissano l’origine del gioco degli scacchi, caratterizzato dall’impostazione moderna a noi nota, in India dove, in sanscrito, si chiamavano Chaturanga che significa “le quattro parti”.

I più antichi pezzi di scacchi dalle forme astratte pervenuti sono di origine islamica e giungono da Nishapur, in Asia centrale: sono stati datati al 820 a.C.

La codifica del movimento dei pezzi e le regole oggi universalmente adottate, risalgono però al XIX secolo.

Mollichelli fa precedere ogni capitolo da una frase lapidaria sugli scacchi, ecco due esempi particolarmente suggestivi: “Certo che ho praticato sport all’aria aperta. Una volta ho giocato a scacchi in un caffè all’aperto di Parigi” (Oscar Wilde); “Nella vita, a differenza che negli scacchi, il gioco continua anche dopo lo scacco matto” (Isaac Asimov).

Adolfo Mollichelli, I geni degli scacchi. Storie, follie e stravaganze dei grandi maestri, Diarkos, pag. 226; Euro 18,00.

 

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Articolo pubblicato il 14/02/2024