Sulle tracce dell’Egitto e dei suoi misteri

Di Katia Bernacci

Se c’è una cosa da tenere a mente quando si parla di popoli del passato, è che non è possibile pensare con le stesse teste di uomini e donne che hanno camminato su questa terra prima di noi, poiché, come direbbe l’egittologo Alfredo Luvino, in comune probabilmente abbiamo solo la specie. Che siano cento anni oppure tremila, la nostra mente è forgiata dalle attuali esperienze e da ciò che ci circonda, rendendo infattibile, per quanto ci si sforzi, la totale comprensione del modo di vivere e di ragionare di altri periodi storici.

Il caso dell’Antico Egitto non si discosta da quanto detto, anche se dobbiamo considerare che si tratta di una civiltà che emana un fascino particolare, del quale quasi tutti rimangono vittima, favorendo così lo studio e l’approfondimento di ogni aspetto sociale, religioso, quotidiano che, come sempre capita per le civiltà del passato, passa attraverso i resti architettonici e funerari, senza tralasciare (in alcuni casi) i testi scritti.

Tra l’altro fu solo grazie a una scoperta quasi casuale dei soldati di Napoleone nel 1799 che abbiamo avuto la possibilità di tradurre i geroglifici egizi, poiché, durante la campagna d’Egitto, il generale Pierre-François Bouchard trovò una stele a Rosetta (chiamata in seguito proprio così), intuendone subito l’importanza.

Si trattava di una lastra di basalto nero con tre iscrizioni: in greco antico, demotico e in geroglifici. Ma fu solo molto tempo dopo, nel 1822, che François Champollion riuscì a decifrarla da una copia conservata nel museo di Torino e anche se l’iscrizione riguarda il frammento di un decreto sacerdotale, la sua traduzione ha dato una svolta epocale allo studio della civiltà egizia.

Sappiamo che gli egizi davano molta importanza alla vita dopo la morte, e utilizzavano una serie di accorgimenti, come la conservazione del corpo tramite l’imbalsamazione, in modo che gli dei potessero riconoscere le vestigia mortali di colui che si recava a incontrare la divinità; inoltre le tombe erano rifornite di tutto ciò che poteva servire nel lungo viaggio che avrebbe condotto il defunto al cospetto di Osiride e di altri dei, che procedevano a “pesare l’anima”, ponendo il cuore su una bilancia che aveva come contrappeso una piuma. Se il giudicato aveva condotto una vita non degna finiva nel regno delle cose segrete se invece riusciva  a passare l’esame, sarebbe stato accolto nella barca del sole. Non molto dissimile dal nostro paradiso in realtà, ma non tutti potevano arrivare agli dei con tutte le attenzioni del caso, i cittadini comuni infatti non avevano altra possibilità che il cimitero comune…

Nel museo egizio di Torino si trova un papiro molto importante, il Libro dei morti di Kha, che contiene precetti e formule magiche che dovevano aiutare il suo proprietario a superare le difficoltà del viaggio per arrivare senza problemi alla vita eterna.

Non è l’unico papiro particolare conservato nel secondo museo più importante al mondo dedicato alla civiltà egizia: anche il papiro detto “satirico-erotico” è infatti piuttosto curioso. Nella prima parte, quella satirica, sono rappresentati animali con vestiti umani, tra le altre cose, in una parodia piuttosto interessante, mentre la seconda parte, quella erotica, è una sorta di Kamasutra egizio dove sono raffigurati gli sforzi di uomini e donne di bassa estrazione sociale per procedere all’accoppiamento. L’intento dell’artista era ovviamente quello di rendere le immagini comiche fino all’inverosimile, cercando la trasgressione e la satira.

Potremmo forse pensare che una civiltà antica come quella degli egizi non possa più svelare nulla? E invece no: è di pochi anni fa la decifrazione di un “Manuale di potere rituale” di venti pagine da parte di Malcolm Choat e Iain Gardner, della Macquarie University e dell’Università di Sydney, in Australia. Un codice che fa un po’ sorridere ma che è assolutamente attuale, se consideriamo i numerosi siti e programmi televisivi nati per gli operatori dell’occulto, dedicato agli incantesimi, al malocchio e al debellare alcune infezioni come “l’ittero nero”; uno degli incantesimi insegna a impossessarsi della mente di qualcuno prendendo un chiodo, cantilenando delle formule magiche sulla sua capocchia e piantandolo sullo stipite della porta del malcapitato.

Senza contare le scoperte sul campo, che negli ultimi anni hanno svelato parecchi misteri: nel 2019 La Repubblica intitolava: “Valle dei Re, l'egittologo Zahi Hawass: ‘Individuata la tomba di Cleopatra, sepolta insieme a Marco Antonio’"; una notizia incredibile, che ha dato forse voce alla leggenda, che sosteneva la richiesta fatta da Cleopatra al suo nemico Ottaviano di poter essere sepolta con suo marito, il condottiero Marco Antonio, appunto.

Insomma la civiltà egizia è una continua scoperta, e anche da noi ci saranno parecchi cambiamenti; in vista dei duecento anni del museo egizio di Torino, evento che nel 2024 vedrà una parziale ristrutturazione di alcune parti del complesso di via Accademia delle Scienze.

Anche il museo del Cairo ha subito una ristrutturazione e un ampliamento, volto ad adeguare la struttura al crescente flusso turistico, in attesa dell’enorme complesso di Giza, aperto ad inizio del 2023 e che contiene più di 100.000 manufatti, tra cui la tomba completa di Tuthankamon.

Probabilmente questo sito diventerà il paradiso di tutti coloro che amano l’Antico Egitto e sarà una tappa imperdibile di qualsiasi viaggio e non solo, riattiverà studi e ricerche (mai del tutto sopite) su questo misterioso e affascinante popolo.

Katia Bernacci

Bibliografia

“Nilo segreto”, “Il sacro nell’Antico Egitto”, “Erotismo e sessualità nell’Antico Egitto” di Alfredo Luvino, Yume edizioni.

Foto di Marino Olivieri e d'archivio.

 

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Articolo pubblicato il 05/11/2023