Il 1918 della Grande Guerra in un congresso - parte 1

Un tema che ha sempre appassionato e interessato studiosi e letttori

Il tema della Grande Guerra mi ha sempre appassionato e interessato. Ho letto e presentato diversi libri ai mie lettori. Sulle bancarelle del Santuario della Consolata, ho trovato un interessante volume patinato, (dal notevole peso), “L'Italia e la Grande Guerra. Il 1918 La Vittoria e il Sacrificio”, Congresso di Studi Storici Internazionali, a cura del Ministero della Difesa Ufficio Storico dello SMD. In 447 pagine, comprese le immagini sono condensati gli Atti del Congresso tenutosi a Roma il 17- 18 Ottobre 2018. Il Volume non è in vendita. L'opera riporta i vari interventi delle V Sessioni. Presentato dal Col. Massimo Bettini, Capo Ufficio Storico dello Stato Maggiore della Difesa, ha aperto i lavori il Prof Antonello Folco Biagini dell'Università La Sapienza di Roma.

 

Nella presentazione di copertina si fa riferimento al ciclo di congressi che lo Stato Maggiore della Difesa ha dedicato alla I Guerra Mondiale, con il 1918 sono arrivati al V° volume pubblicato. Sarebbe interessante leggere i precedenti quattro volumi. Naturalmente farò riferimento agli interventi che più mi interessano, scrivo subito che sarà uno studio abbastanza corposo. In certe occasioni non è possibile essere sintetici.

Nel convegno sono esaminati, in primo luogo, ma non solo, i relativi aspetti militari, sia quelli riguardanti i vari teatri operativi europei sia, più dettagliatamente, quelli relativi al fronte italo-austriaco.

 

La battaglia di Vittorio Veneto, le operazioni della Marina, lo sviluppo dell'Aeronautica e la partecipazione dei Carabinieri e della Guardia di Finanza sono oggetto di specifici interventi relativi a questo fronte, a questi temi si aggiungono due relazioni in riguardo “all'altra parte”, la guerra vista dall'Austria-Ungheria. Tra i numerosi interventi presterò attenzione a quello sul servizio P (Propaganda), i Volontari stranieri nelle Forze Armate, ai soldati di lingua italiana nell'Esercito austro-ungarico, agli italiani patrioti irredenti. Alla sessione specifica che riguarda il fenomeno dei cappellani militari. E poi vederemo se ci sarà spazio per qualche altro argomento.

 

I SESSIONE, il tema affrontato è stato i “Fronti del Conflitto”, presieduto dal Prof. Antonello Folco Biagini. Significativi i ricordi del tenente di artiglieria austriaco Fritz Weber per descrivere la fine del suo esercito: “Una vera e propria fiumana uscita dall'inferno di fuoco attraverso cento camminamenti, sentieri, campi […] uomini, cannoni, automobili, cavalli, carri,  e di nuovo uomini […] la fiumana, nella quale ci dobbiamo immergere, per fuggire, passa vicino a noi. Avanti dunque, soltanto avanti! Chi non può camminare è perduto, chi si piega sarà polverizzato,

 chi inciampa verrà gettato vivo nella tomba. La macina gigantesca degli stivali fangosi, degli zoccoli dei cavalli, delle ruote, coprirà le sue grida di aiuto e passerà sul suo corpo”.

 

Il prof. Hubert Heyries descrive gli aspetti politici e militari degli Italia in terra di Francia nel 1918. Mentre il prof. Alessandro Vagnini si occupa dell'ultimo atto della guerra nei Balcani, che fu quello più complesso, non solo per la durezza del terreno e le difficoltà del clima, ma perché fu l'unico dove tutti i Paesi coinvolti nei due schieramenti furono in qualche modo presenti. Il prof Paolo Pozzato relaziona “dal Solstizio a Vittorio Veneto dalla parte austroungarica. La battaglia impossibile”. Ultimo intervento della I Sessione quello del prof. Andrea Carteny parla del Congresso di Roma sulle cosiddette nazionalità oppresse, in riferimento ai popoli del rimanente Impero Asburgico.

 

Più di un relatore accenna a questo tema dell'oppressione, che mi sembra un po' forzoso, non sempre i nazionalismi, l'irridentismo dei popoli raccoglieva la maggioranza della popolazione. E comunque secondo il professore fino al 1917, a Parigi come a Londra, a Washington come anche a Roma, i governi considerano la monarchia danubiana come il cardine geopolitico di stabilità per l'Europa centrale e sud-orientale.

Comunque sia Roma porta avanti una forte azione politica militare, perseguendo una “politica delle nazionalità”, capace di minare all'interno l'Impero asburgico. Il giornalista e attivista francese Jean Gabrys, si è occupato del problema, promuovendo un Congresso internazionale, che ha dato voce ai movimenti di popoli e nazionalità oppresse, dall'Europa Occidentale all'Asia (catalani, e baschi dalla Spagna; irlandesi, egiziani e indiani dall'Impero britannico; lituani e lettoni dalla Russia; cechi e serbi dall'Austria-Ungheria).

 

Il prof Carteney si occupa dell'Italia che può contare sulle rivendicazioni irredentiste nate con il Risorgimento.“Per il governo italiano, infatti, la 'propaganda' di guerra costituisce uno straordinario strumento di pressione e mobilitazione dello Stato sulla società: diffusa con i giornali di trincea, riorganizzata dal 1916 con l'Ufficio “P”, promossa all'interno e all'estero, si prospetta dunque come un formidabile strumento di guerra formidabile, capace di dar corpo ad una complessa strategia da utilizzare contro il nemico”. In conclusione si può sottolineare che l'attività di propaganda italiana verso le linee nemiche, negli ultimi mesi ha prodotto il lancio al di là della linea del fronte, di circa 51 milioni di volantini e 9 milioni di giornali. Stessa cosa verso le linee tedesche. Il fattore dirompente, delle nazionalità oppresse, secondo Cartney, risulta uno dei fattori della sconfitta degli Imperi Centrali, in particolare di quello asburgico.

 

Il relatore fa appena un accenno all'imperatore Carlo I e al suo spirito moderno di interpretare la politica, liberando alcuni leader nazionali cechi con l'amnistia del 1917. Sono pochissimi i riferimenti al beato Carlo I che fino all'ultimo, confidando nel Papa Benedetto XV, ha cercato sempre la pace. Tuttavia i gesti di distensione del nuovo Imperatore verso le nazionalità interne non piacevano al comando tedesco. Sono convinto che andrebbe studiato il lavoro compiuto da Carlo I durante la I Guerra mondiale.

 

II SESSIONE. Si sviluppano gli Aspetti Militari. Alla Presidenza c'è il Prof Massimo De Leonardis. Si inizia con la relazione del Gen. B. Fulvio Poli, dove interpreta la battaglia di Vittorio Veneto ai fini dell'esito finale del conflitto. Questo perché pare che il pubblico anglosassone sia il teatro di guerra che l'esercito italiano non hanno goduto di un grande credito. In molte università ed accademie, la I Guerra Mondiale si riassume spesso nel fronte francese, quello italiano è secondario. Naturalmente per il generale ha cercato di dimostrare che è stato importante mantenere il fronte orientale, anche perché fino all'ultimo i reparti nemici schierati in prima linea erano ancora combattivi.

 

Anche se all'interno della Monarchia Danubiana le lotte delle nazionalità, influivano a disgregare l'Impero, “la compagine morale e materiale dell'avversario rimaneva però intatta o quasi, e accaniti soprattutto si dimostravano, e tali si dimostrarono poi anche durante la battaglia di Vittorio Veneto, ungheresi, croati, sloveni: quegli elementi appunto sui quali sembrava dovessero avere maggiore presa i dissidi di nazionalità[...]”. Tuttavia si ricorda, che “il Comando Supremo aveva la convinzione che i presunti dissensi fra le truppe delle diverse nazionalità costituenti l'esercito austro-ungarico non avessero fino ad allora intaccato in alcun modo la sua consistenza morale, la quale era rinsaldata invece dal tradizionale loro odio contro l'Italia e dalla speranza del successo finale”.

 

Il generale Poli insiste su questo aspetto delle truppe austriache, infatti, “la promiscua nazionalità delle truppe non aveva influito, né influirà fino agli ultimi giorni delle operazioni sulla loro combattività e volontà di resistenza, che si rivelerà particolarmente accanita nella battaglia del Grappa, da parte appunto degli ungheresi, croati e sloveni”. Secondo il generale Poli, “l'esercito della duplice monarchia era ancora saldo e temibile, non disposto a cedere neanche un metro senza combattere caparbiamente”.

 

Il secondo intervento del C.F. Leonardo Merlini si occupa del comportamento della Regia Marina nella Grande Guerra. Interessanti le foto pubblicate a coronamento dell'intervento.  Segue quello della gestione dell'Aeronautica, con gli sviluppi politici e militari. Il Col. Alessandro Della Nebbia relaziona sulla presenza dell'Arma dei Carabinieri nella Grande Guerra. E qui sui carabinieri sono stati scritti tante cose sulle disposizioni degli Alti Comandi dell'Esercito circa “i metodi ed i mezzi da utilizzarsi per mantenere la disciplina delle truppe in campo di battaglia erano durissime e intransigenti, talora draconiane, arrivando a prevedere dall'uso delle armi da parte dei carabinieri dopo un eventuale secondo rifiuto di tornare al combattimento e dall'esecuzione sommaria dei singoli insubordinati fino all'uso delle mitragliatrici e persino delle artiglierie a tergo dei reparti che avessero indietreggiato di fronte al nemico”. Naturalmente si trattava di misure che erano ben note alle truppe.

 

“In questo clima - scrive Della Nebbia - è ben comprensibile il significato assai sinistro che assumeva la presenza dei carabinieri nelle trincee e nelle loro immediate retrovie, come spesso poi tramandato nella memoria collettiva dei soldati”. I carabinieri, quelli ausiliari, operavano anche sul fronte interno, impiegati presso le Legioni per le crescenti esigenze di ordine pubblico, turbati da scioperi e manifestazioni di piazza antimilitaristi, specie nelle città operaie, ma anche nelle campagne. “I disordini spesso legati al razionamento dei viveri e che spesso videro protagoniste le donne, avevano toccato il loro culmine nell'agosto 1917 a Torino, durante la cosiddetta rivolta del pane, con barricate nelle strade e l'intervento dell'Esercito, con un bilancio di alcune decine di morti, circa duecento feriti e un migliaio di arresti”.

 

C'era un certo allarme per una possibile deriva sovversiva di stampo socialista, forse eccessiva. I Comandanti delle stazioni dei Carabinieri Reali interrogavano i militari che si recavano in licenza, per raccogliere elementi sul vero stato morale della truppa. Essendo io siciliano, apprendo dalla relazione che ci sono stati diversi arresti di singoli militari a bordo dei traghetti in servizio nello stretto di Messina ad opera di carabinieri spesso travestiti. Una lunga relazione viene dedicata alla Guardia di finanza nel 1918 a tutelare il “fronte interno” curata dal magg. Giuseppe Furno.

 

Un grande lavoro svolto dai finanzieri per alleviare le sofferenze della popolazione civile, già vessata dalla povertà diffusa e dallo spopolamento delle campagne causato dalla mobilitazione generale. “La presenza delle Fiamme Gialle nella Penisola consentì, altresì, di tutelare anche il prezioso patrimonio storico e artistico nazionale, spesso alle mercé di ladri senza scrupoli i quali, oltre ai furti nelle abitazioni e proprietà private, non disdegnavano di depredare anche ruderi di chiese e luoghi d'arte bombardati”. Una pagina del Convegno è dedicata al Generale della vittoria: Armando Diaz, a cura del Dott. Paolo Formiconi.

 

Fu tra i protagonisti degli ultimi dodici mesi decisivi per la storia del mondo, probabilmente quello studiato meno. Per lungo tempo rimase nell'immaginario collettivo il generale simbolo della Vittoria.

 

(Continua)

 

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Articolo pubblicato il 11/08/2023