L’anarchia armata dei fratelli Cervi

La tragedia nascosta di un mito della Resistenza italiana, nel nuovo libro di Roberto Gremmo

Già più volte, in passato, abbiamo proposto ai Lettori di Civico 20 News i libri di Roberto Gremmo, sempre caratterizzati dal massiccio impiego di una documentazione spesso inedita. Questo lodevole modo di condurre le sue ricerche gli permette di esprimere considerazioni innovative su argomenti già indagati da altri studiosi oppure di fare luce su episodi lasciati in ombra o trascurati dalla storiografia ufficiale.

È il caso del suo nuovo saggio storico, L’anarchia armata dei fratelli Cervi (Storia Ribelle, 2023) che riscrive le vicende dei sette fratelli antifascisti, figli di Alcide Cervi, fucilati per rappresaglia il 28 dicembre 1943 a Reggio Emilia, un vero “mito della Resistenza italiana”, come recita il sottotitolo.  

Gremmo esordisce ricordando che negli anni ’50 del peggior ‘scelbismo’ reazionario l’anziano patriarca Alcide Cervi viene schedato dalla “Divisione Affari Riservati” del Ministero degli Interni come «individuo pericoloso per la sicurezza dello Stato” e controllato da un nugolo di spioni. È colpevole di tener vivi gli ideali dei suoi figli e d’essere appoggiato dal “Partito Comunista Italiano”». Questa indegna persecuzione ad un padre dolente è l’ultimo oltraggio alla memoria dei sette contadini partigiani morti per la libertà.

Ma anche il P.C.I. nei confronti dei Cervi aveva molto da farsi perdonare perché durante la Resistenza li aveva isolati ed osteggiati considerandoli degli irrequieti ‘anarchici’ emuli di Nektor Mackno. L’accusa, che voleva essere infamante, registrava la realtà di contadini generosi e ribelli che avevano trasformato il loro podere in un rifugio per disertori e sbandati e in una comune internazionalista che lottava contro fascisti e tedeschi senza aspettare gli ordini di nessuno.

Quando i Cervi dirottarono i proventi delle loro ‘espropriazioni’ solo al C.L.N. e non al P.C.I. la rottura fu completa ed avvenne proprio quando la Milizia Fascista decideva di arrestarli.

I sette fratelli furono vittime di una rappresaglia fascista: vennero, infatti, uccisi per ritorsione agli agguati dei ‘gappisti’ che si rivelavano per loro un tragico ‘fuoco amico’, non si sa quanto casuale.

Gremmo affronta anche una delle pagine più buie della Resistenza che si collega ai fratelli Cervi, ovvero la vicenda del calabrese Dante Castellucci, comandante partigiano “Facio”, compagno di Aldo Cervi, eroe delle battaglie del Lago Santo parmense e di Borgotaro, assassinato per la scellerata sentenza di un tribunale partigiano comunista, eseguita il 22 luglio 1944, ad Adelano di Zeri, in alta Lunigiana. Il personaggio di “Facio” ha destato notevole interesse, visto che quest’anno, oltre a quello di cui parliamo, gli sono stati dedicati due altri libri, scritti da Pino Ippolito Arminio e Massimo Salsi.

Scrive Gremmo: «Fu altrettanto tragica la fine di “Facio” Castellucci che coi Cervi era stato uno spericolato ‘espropriatore’ finito stritolato in una spietata lotta di potere e fucilato dai partigiani dopo un processo farsesco».

Il saggio di Roberto Gremmo, arricchito come suo solito da un imponente apparato di note, propone una serie di approfondimenti e di spunti di riflessione su queste vicende, sulle quali la storiografia ufficiale, salvo poche eccezioni, ha voluto quasi sempre tacere.

Per assolvere il mondo della Resistenza dalle colpe verso i sette fratelli ed il loro compagno, infatti, un’abile campagna di disinformazione ha addebitato la cattura dei Cervi ad un “disgregatore Magnacucchi” e l’uccisione di “Facio” al fanatismo d’un “provocatore trotskista”.

Mentre i veri colpevoli la fecero franca.

L’anarchia armata dei fratelli Cervi propone quindi approfondimenti molto importanti per chi non voglia appiattirsi su una visione schematica e manichea della Resistenza, momento tanto rilevante nella vita della nostra Nazione.

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Articolo pubblicato il 10/08/2023