"L'Europa prima delle crociate. Fede & guerre nella formazione della Cristianità occidentale" di Alberto Leoni

Fede e guerre per la formazione della cristianità europea - Parte 1

Alberto Leoni, storico e soprattutto esperto di arte militare, in un denso e ben documentato libro, «L'Europa prima delle crociate. Fede & guerre nella formazione della Cristianità occidentale» , edito dalle edizioni Ares (2010) racconta appassionatamente come l'Occidente, l'Europa è diventata cristiana. Si tratta di 280 pagine, suddivise in otto capitoli, tutte da leggere. Non credo di esagerare, ma Leoni, ha creato un atlante, un dizionario storico di battaglie, di guerre, di invasioni, Imperi, principati, popoli, dove sono protagonisti, principi, re, regine, imperatori, vescovi, Papi. Un libro che tratta di uno spazio geografico che va dal Mediterraneo al mare del Nord, dalle coste dell'oceano Atlantico alle pianure germanico-slave, fino alle terre di Bisanzio e agli altopiani iranici.

 

Un testo che dovrebbe essere utilizzato nelle facoltà di Storia e Filosofia delle università. Si tratta di un percorso, di un viaggio anche geografico tra le terre ricche e floride dell'Europa occidentale. Un viaggio che dura ben 9 secoli.

Il testo di Leoni, si occupa del periodo storico che va dalla caduta dell’Impero Romano d'Occidente fino all'indizione della Prima Crociata nel 1095 da Urbano II. E' un periodo che ancora oggi si trova nella nebbia più fitta, per non parlare poi dell'Impero romano d'Oriente.

 

Le “crociate”, secondo Leoni, non nascono nel novembre del 1095, «come se Urbano II si fosse alzato dal letto col piede sbagliato, inventandosi un Cristianesimo militare che prima non esisteva. Ancora oggi – ci tiene a precisare lo storico – soprattutto all'interno della Chiesa, esiste un complesso di colpa o un senso di minorità, rispetto ai non cattolici, per un dato evidente: lo scandalo e la contraddizione con cui la Chiesa è passata dal messaggio di pace di Gesù Cristo ai massacri di donne e bambini, ad Antiochia e a Gerusalemme, in nome di quello stesso Cristo, vero Uomo e vero Dio».

 

Ovviamente come ogni scrittore o storico serio sa benissimo che la Chiesa ha dovuto difendersi con le armi sia contro l'imperatore tedesco che contro i pirati saraceni. E poi che i cristiani hanno dovuto combattere contro i mori in Spagna e che andando ancora indietro nella Storia, che i pagani Ungari, Vichinghi e Saraceni sono stati sconfitti da eserciti che innalzavano vessilli sacri e spesso guidati da vescovi.

 

«Tutti questi secoli di storia sono ben poco conosciuti, anche per un'obiettiva scarsità di fonti: eppure la massa di fatti, concetti, speranze e istituzioni maturati in quei lunghi “secoli bui” è decisiva per far comprendere perché Urbano II, quel martedì, non improvvisò una nuova teoria e una nuova prassi, ma scelse un mezzo, sicuramente originale e inaudito, che univa tradizioni e potenzialità diverse tra loro ed esistenti da lungo tempo».

 

Leoni è consapevole che ricostruire, pezzo per pezzo, tutti quegli avvenimenti sanguinosi e drammatici che portò l'Europa a proiettarsi fuori dai propri confini, non è facile, non è soprattutto un mero gusto intellettuale. Ma studiare quei secoli sarà utile per noi cristiani afflitti dal nostro secolo scristianizzato. «Rivivere i secoli nei quali tutto sembrò perduto, dopo la fine dell'Impero romano d'Occidente: e rivivere quegli anni, invero “formidabili”, in cui i cristiani salvarono l'Europa per ben due volte, “sperando contro ogni speranza”, combattendo, morendo, lavorando, sposandosi e facendo figli per il Regno».

 

Ecco perchè è importante studiare quei secoli, perché assomigliano molto all'epoca in cui viviamo. In tempi di crisi nera, «è consolante contemplare il volto di un Eraclio, di un Alfredo di Wesswx e trovare in loro quella determinazione, quella coscienza, quel coraggio semplicemente umano che, oggi, sembrano mancarci molto più di qualsiasi bene materiale».

 

Nel primo capitolo, Leoni indaga sulle origini della tradizione militare cristiana, ponendo la sua attenzione sulle gesta dei cittadini, dei legionari e dei martiri. Il testo com'è prevedibile è un profluvio di nomi, di imperatori, di combattenti e di battaglie, naturalmente con le immancabili citazioni di autorevoli studiosi. Leoni si pone l'obiettivo di colmare contraddizioni e lacune e soprattutto di superare certi luoghi comuni: «la Chiesa, inizialmente ostile al servizio militare, diventa improvvisamente favorevole alla guerra dopo la conquista del potere imperiale da parte di Costantino».

 

E' in questo periodo che la cavalleria nata dai barbari, dopo essere stati convertiti al cristianesimo si salderà con i miles, protagonisti con le crociate.

E' un quadro storico che va ricomposto considerando «l'uomo di allora, il soldato di allora, il cristiano di allora, il suo modo di vivere, di ragionare, di combattere, il quadro politico e militare in cui si trovò a operare determinate scelte».

 

Già in questo capitolo, Leoni manifesta la propria esperienza di profonda conoscenza dell'arte militare, in particolare quando espone le caratteristiche del soldato romano, poi divenuto cristiano e soprattutto della nascita della cavalleria medievale a cominciare dai tempi di Costantino. Interessanti i passaggi della descrizione della cavalleria quando ne sottolinea la sua mobilità strategica nelle varie battaglie, come quella di Adrianopoli. Citando Alberto Barzanò, che in un suo saggio riporta una messe di dati e citazioni di cristiani a favore del servizio militare: da papa Clemente I agli apologeti Tertulliano e Atenagora.

 

Interessanti i riferimenti ai numerosi martiri sotto l'imperatore Diocleziano. L'esempio di S. Sebastiano, «messo a morte non per aver disertato, ma per aver duramente apostrofato lo stesso Diocleziano, colpevole di aver ordinato un massacro insensato di fedeli cittadini e soldati». Il martirio collettivo della Legione Tebea.

Continuando la lettura del libro, nel II capitolo si fa menzione di avvenimenti, personaggi, di eroi, di condottieri sconosciuti alla maggioranza.

 

Come non pensare agli eroici uomini e donne dell'Armenia, figlia primogenita della Chiesa, che ha dovuto combattere per anni e difendere la propria libertà. Significativa la risposta dei 17 vescovi e feudatari al re Yedzigerd II: «dalla fede cristiana nessuno può separarci: non il fuoco, né la spada, né l'acqua, né le più orribili torture [...]». E quando la Chiesa armena propone di canonizzare in massa tutti i caduti in battaglia, secondo Leoni, si comincia a manifestare profeticamente il concetto di «guerra giusta».

 

Il testo continua a fare riferimento a battaglie, eroi, condottieri, santi, tutti poco conosciuti, eppure hanno creato l'Europa. Intanto l’orda unna di Attila fu fermata a Lutezia (l'odierna Parigi) da santa Genoveffa che rianimò la popolazione incitandola a resistere contro l'aggressore. Descrivendo la battaglia di Tolbiac (Vestfalia) dove i Franchi e i Burgundi affrontano gli Alamanni, Leoni ci fa capire il senso del combattere di allora, certamente non erano «eleganti manovre, ma cariche a testa bassa, seguite da un esplodere di frenesia omicida». E quando Clodoveo, re dei Franchi si trovò in difficoltà, «alzò gli occhi al cielo e chiese l'aiuto del Dio di sua moglie, offrendo, come pegno, la propria conversione».

 

Poi il re vinse inaspettatamente la battaglia e così dopo di fronte al vescovo Remigio, riceve il battesimo insieme a tremila uomini della sua guardia. Anche su questa circostanza sono stati avanzati dei dubbi. Comunque sia il battesimo di Clodoveo, più feroce di Costantino, più impulsivo di Teodosio, ha fatto nascere il primo Stato barbaro cattolico fondato sulle rovine dell'impero romano.

Leoni sul tema scrive: «l'adesione del re franco alla fede romana assicurò la vittoria del cattolicesimo sul paganesimo e sull'arianesimo in Occidente».

 

Il terzo capitolo il testo tratta della riconquista dell'impero romano ad opera di Giustiniano con la sua cavalleria, era suo diritto naturale riconquistare l'eredità di Roma. Il capitolo si sofferma sull'impero bizantino, Leoni ne traccia la complessa vita sociale e soprattutto le continue guerre di difesa dagli attacchi continui da parte dei popoli barbari. Quando sembrava la fine, la salvezza dell'impero arriva dalla periferia, l'uomo della provvidenza per i bizantini si chiama Eraclio, esarca di Cartagine. Con Eraclio, scrive Leoni, inizia l'impero greco-medievale.

 

Eraclio fu uno dei più grandi imperatori bizantini, è lui che ha riformato la macchina burocratica e amministrativa dell'impero ormai vecchio. Siamo nel 613 d.C.

Ma all'inizio fu un'impresa difficile la forza dei Persiani insieme agli ebrei arrivarono a conquistare Gerusalemme nel 614 e qui ci fu un massacro di ben 57 mila cristiani e oltre 37 mila furono trascinati prigionieri verso l'Iran. Il fatto che destò più spavento e terrore a «Costantinopoli fu il furto della reliquia più sacra della Cristianità: il “legno della Vera Croce”, trovato nascosto in un giardino su indicazione dei servi del Patriarca sottoposti a tortura».

 

Naturalmente si può capire il grande sacrilegio, conoscendo la grande importanza che avevano le reliquie per gli uomini del Medioevo.

Eraclio intraprende la guerra contro i Persiani ma prima ha dovuto riformare l'esercito bizantino. Il territorio imperiale è stato suddiviso in themi (il Thema indica un corpo d'armata). «Il grande rinnovamento significava perciò un ritorno all'antico, all'esercito di cittadini e di soldati-contadini che traevano dalla proprietà fondiaria i mezzi per il proprio equipaggiamento».

 

Leoni è convinto che l'esercito bizantino ha «una superiorità culturale, che il soldato di Bisanzio mantenne per secoli e, insieme a essa, una potenza spirituale che derivava dall'essere consacrato totalmente a Cristo e alla Chiesa». Inoltre, Leoni sostiene che «la guerra della Vera Croce fu, probabilmente, la prima precrociata [...]».

 

Eraclio ha capito quale futuro spettasse all'Impero romano d'Oriente: «una lunga e secolare guerra difensiva con occasionali offensive per riconquistare il terreno perduto. Per tale obiettivo era indispensabile possedere un esercito immediatamente mobilitabile, avendo come priorità il taglio dei costi di mantenimento».

 

Nel 621 si combatte la guerra della Vera Croce, Eraclio studio un testo lo Strategikondel valoroso Maurizio. Ancora oggi, si rimane stupefatti dall'acutezza delle osservazioni e dalla maturità del pensiero. Il 6 aprile del 622, Eraclio in Santa Sofia, vestito da guerriero, usciva tenendo alta sulla testa l'icona di Cristo acheropita (non dipinta da mano d'uomo), poi la presentò al suo esercito adunato di 100.000 uomini.

 

«Fratelli, disse, nella guerra che noi intraprendiamo questo Dio ci sarà duce e signore; per lui è bella la pugna, sicura la vittoria. Ecco io sono come uno di voi e con voi scendo sul campo e combatterò davanti a voi fino alla morte!». Dopo alterne vicende la lunga guerra con i persiani guidati dal solito Sharbaraz si conclude con l'offensiva di Eraclio il 14 settembre 629, quando fu deposta la Croce a Gerusalemme. Da quel giorno ogni anno la Chiesa festeggia l'avvenimento con la festa dell'esaltazione della Santa Croce.

 

Il quarto capitolo descrive l'espansione islamica dalla Siria alla Francia. La prima battaglia tra musulmani e cristiani avvenne già nel 629, quando Muhammad era ancora vivente. Man mano si comprese secondo Leoni che «nell'Arabia di Mohammad avessero forgiato una classe di guerrieri professionisti tra le più mortalmente efficienti della storia militare». Nel 638 gli islamici entrano in Gerusalemme, la Siria e la Palestina vengono conquistate. Costantinopoli viene assediata due volte. Qui Leoni descrive le varie battaglie navali intorno al Corno d'Oro. Tra offensive e contro offensive, migliaia di uomini perdono la vita su entrambi i fronti.

 

Intanto rinasce l'impero bizantino: «non era soltanto la sua burocrazia colta ed efficiente, la sua organizzazione superiore a quella di qualsiasi regno allora esistente, e nemmeno il suo esercito, addestrato, equipaggiato e pagato come nessun altro al mondo. Tutto questo – per Leoni – era fondato su una cultura secolare che, a sua volta, trovava la propria ragione di vita nell'ortodossia della fede, che cementava un Impero multirazziale, una società che aveva combattuto e vinto eresie come quella iconoclasta».

 

Da quando fu ristabilito il culto delle immagini si può far iniziare la rinascita politica, economica, artistica e militare dell'impero bizantino. Pertanto, «I cristiani d'Oriente avevano salvato la cultura propria e di tutto l'Occidente, e questa ritrovata originalità fu alla base di un nuovo slancio missionario verso i popoli slavi e di una serie di micidiali controffensive contro l'Islam».

 

Leoni riesce a ben descrivere alcuni corpi scelti di guerrieri, facendoli entrare, alcuni, nella leggenda. «Il vero punto di forza dell'esercito bizantino era la casta degli ufficiali, provenienti in gran parte dalla nobiltà e, in misura minore, dai ceti più umili». Leoni puntualizza che «l'ufficiale dell'Oriente romano era orgoglioso del suo coraggio, della sua forza, della sua abilità; si considerava incaricato di una grande missione: salvare la Cristianità da pagani e Saraceni e preservare dai barbari l'antica civilizzazione».

 

Nel 944 in una delle tante guerre contro gli Arabi, portò alla riconquista ad Edessa del sacro mandylion (probabilmente si tratta di quella che oggi è conosciuta come Sacra Sindone) giungeva a Costantinopoli, in un trionfo politico e religioso paragonabile alla riconquista della Vera Croce da parte di Eraclio.

Intanto l'Islam non si ferma, parte alla conquista dell'Europa, dalle puntate esplorative si passa alle vere conquiste.

 

E qui è interessante il racconto di Leoni come gli eserciti musulmani hanno conquistato il debole regno visigoto, afflitto dal morbo autodistruttivo, peraltro ancora vivo nella nostra Europa.

 

 

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 22/01/2022