L'epopea dei Cristeros in Messico - Parte 3

Qualche vescovo si espresse a favore dell'insorgenza armata

A fine dicembre tutti i movimenti, associazioni cattoliche si unificano concordi e decidono di combattere. Intanto i vescovi rendevano chiaro che non desideravano alcuna forma di resistenza che non fosse passiva e pacifica. La Chiesa reagì con la massima prudenza. Gli insorti si consultavano con i parroci che approvavano la rivolta. Nello stesso tempo, i parroci si rivolgono ai vescovi e questi ai teologi. “Quando i dirigenti della Liga chiesero se l'insurrezione fosse moralmente e teologicamente lecita, il Comitato Episcopale rispose che era una 'lodevole azione' di 'legittima difesa armata'.

 

Qualche vescovo si espresse a favore dell'insorgenza armata, gli altri rimasero silenziosi e Roma negò che ogni benedizione fosse stata data ai combattenti. Tuttavia “il Vaticano si opponeva alla rivolta armata in quanto avrebbe ostacolato i negoziati, e il nunzio Fumasoni Biondi chiese una pubblica condanna della Liga e Cristeros da parte dell'episcopato messicano”.

La maggioranza dei vescovi restò indecisa lasciando ai fedeli la libertà di azione. Solo tre, Manriquez, Orozco e Velasco si congratularono apertamente con gli insorti. Sostanzialmente saranno sino alla fine i veri vescovi dei Cristeros.

 

L'8° capitolo evidenzia da un lato la guerra Cristera e dall'altro la guerra diplomatica. A gennaio del 1927 l'insurrezione diventa massiccia e unanime soprattutto nella zona centro-occidentale del Messico. «Qui la rivolta - scrive Iannaccone - prese la forma di una sommossa di popolo perchè l'intera popolazione, donne e bambini compresi, si muoveva in massa per occupare paesi o piccole città». La risposta del governo fu rabbiosa e brutale. Del resto,“cosa poteva fare una folla armata di bastoni e pietre contro un battaglione di federali?”.

 

I generali federali si accorsero subito che rivolta era totale, che chiamava in causa l'intera popolazione. Pio XI ricevendo in udienza un gruppo di giovani messicani, gli aveva fatto capire di sapere cosa stava succedendo nel loro paese: “Sappiamo che combattono e come combattono in quella grande guerra che può essere chiamata la battaglia di Cristo”. Sembrava una benedizione della rivolta?

 

Ritorniamo alla guerra. Le zone strategiche della guerra dei Cristeros erano Jalisco, Michoacan, Queretaro, Guanajuato e Colima. Questi territori furono prese dai ribelli nel 1927 e rimasero sotto il loro controllo fino al 1929.

 

A pagina 162, il libro pubblica la cartina con le zone interessate alla Cristiada. Per la verità il testo è corredato di tante fotografie, che rendono lo studio di Iannaccone tra i più documentati sull'argomento.

 

Tra i capi dell'Armata cristero emersero il diciannovenne Lauro Rocha, il fuorilegge, l'unico, Victoriano Ramirez, soprannominato El Catorce. Ci furono anche un paio di preti come padre Josè Reyes Vega e Aristeo Pedroza, che si rivelarono eccellenti capi militari.

 

Il secondo era molto devoto, impose alle sue truppe e più tardi alle brigate di Los Altos una disciplina di acciaio. Mancava un capo generale di tutte le armate cristero, lo trovarono nella persona del generale Enrique Gorostieta y Velarde, un quarantenne ufficiale di carriera, artigliere di talento, che aveva lasciato l'esercito. Non aveva niente in comune con quei ribelli, essendo uomo del Nord e liberale. “Carattere indecifrabile, capace di grande entusiasmo, Gorostieta abbracciò la causa dei cristeros, si dice, senza avere la loro fede”. Si comportò come un vero stratega, convinto che bisognava prima controllare il territorio; trasformò il movimento insurrezionale in un esercito simile a quello federale.

 

Nel 9° capitolo Iannaccone ritorna sul comportamento dei preti, della Chiesa messicana nella guerra del suo popolo. Lo storico Meyer pubblica l'intervista all'anziano capo Cristero Aurelio Acevedo:“A un certo punto ci imbattemmo in un ostacolo che non avremmo mai immaginato: i preti stessi ci proibirono di combattere per Cristo, per la religione che i nostri padri ci avevano insegnato e riaffermato mediante battesimo, confermazione e prima comunione[...]”. I preti spesso abbandonano la propria parrocchia e si trasferiscono in città, per non essere coinvolti nella rivolta dei propri fedeli. “Non tutti, naturalmente, altri continuavano di nascosto nella loro missione anche nelle grandi città come fece Miguel Pro. Alla fine si produssero situazioni ambigue: i preti erano considerati dei traditori dai Cristeros, perchè accettavano le benevolenze dei federali.

 

Addirittura Meyer sostiene, che grazie a quella minoranza di preti rimasti nei luoghi dell'insurrezione, che i Cristeros non sono diventati“nuovi donatisti staccandosi dalla Chiesa”. Furono circa 150 preti che si rifiutarono di lasciare le loro parrocchie e proprio grazie a questi che si evitò un possibile scisma. Iannaccone fa l'elenco di questi preti, il libro è profluvio di nomi. Alcuni di questi preti hanno seguito i combattenti, “esistono immagini che mostrano centinaia di combattenti assistere alla messa e comunicarsi prima di una battaglia[...]”. Pare che i cappellani caduti in battaglia furono circa 20. Altrettanti erano stati uccisi per la loro missione. A questi si aggiungono gli altri come Pro che magari non avevano collegamenti diretti con i Cristeros, fino a un totale di 90 sacerdoti uccisi. Molti di questi sono stati beatificati e santificati.

 

Il libro dà conto delle campagne militari, dei due contendenti, naturalmente qui non possiamo approfondire, vi lascio alla lettura del libro.

Il 9° capitolo termina con la morte di Anacleto Gonzales Flores, catturato dai federali insieme ad altri quattro compagni. Le ultime parole di Flores prima di essere fucilato, furono: “Muoio ma Dio non muore, viva Cristo Rey!”, qualcosa di simile l'aveva detto, prima di essere ucciso da sicari della massoneria, il presidente dell'Ecuador Garcia Moreno.

 

 La «Cristiada», l’insurrezione di Cristo Re che coinvolse milioni di persone, costrinse i papi ad intervenire con tre encicliche, preoccupò le cancellerie di mezzo mondo. I Cristeros erano in gran parte contadini ma vi erano anche cittadini: impiegati, funzionari, avvocati, studenti. La loro rete era sostenuta, talvolta affiancata, anche da una resistenza pacifica cittadina (il cui martire fu san Miguel Pro) che ricorreva ai boicottaggi, all’informazione, e cercava di far continuare la vita sacramentale nel nascondimento, come nell’Inghilterra anglicana o nella Russia sovietica.

 

Iannaccone dedica alcune pagine del suo libro alle migliaia di donne inquadrate nelle “Brigate di Santa Giovanna d’Arco”, sfidando ogni pericolo, procuravano le munizioni ai Cristeros, i quali arrivarono ad essere, agli inizi del 1929, quasi 50.000, in gran parte sottoposti alla disciplina di un esercito regolare.

 

Oltre al generale Gorostieta, un altro si è distinto, Degollado Guizar, Jesus. I soldati erano eroici, pronti al martirio per «conquistarsi il Paradiso» – come dicevano – se il prezzo della sconfitta era l’estirpazione del cristianesimo dal Messico. Nonostante l’appoggio logistico degli Usa che consentiva ai federali di non cedere, i Cristeros restarono saldi, e ad ogni sconfitta si moltiplicavano tenendo in scacco il nemico.

 

Per anni il Messico restò diviso fra zone Cristero e zone controllate dai Federali; l’economia collassò, i morti furono decine di migliaia: 300.000 contando le vittime di malattie, fame, campi di concentramento. Non furono le armi a sconfiggere i Cristeros ma la diplomazia internazionale con gli Arreglos del 1929.

 

La «Cristiada» stava procurando troppi lutti, la guerra rischiava di durare, occorreva un cessate il fuoco. Il vescovo Pascual Díaz, che avrebbe pagato con l’incomprensione la sua posizione moderata, riuscì a far firmare gli accordi senza immaginare che per 10 anni il governo li avrebbe traditi. Quando deposero le armi, i Cristeros furono uccisi a migliaia dai nemici, per vendetta.

 

L’epopea della «Cristiada», così poco conosciuta, con le sue decine di martiri canonizzati, tra questi mi piace ricordare il giovane San Josè Sanchez del Rio, innumerevoli eroi sconosciuti, e un esercito vincente che depose le armi su richiesta dei propri vescovi, è rubricata nei libri, incredibilmente, come un "episodio minore" della storia.

 

 

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Articolo pubblicato il 19/06/2020