L'epopea dei Cristeros in Messico - Parte 2

Il gruppo rivoluzionario attorno al dittatore Calles

Nel 5° capitolo del libro “Cristiada. L'epopea dei Cristeros”, Lindau , Iannaccone esamina il gruppo rivoluzionario attorno al dittatore Calles,“erano diventati il gruppo sociale dominante grazie all'uso della violenza”, Tejeda, Obregon, Morones, Saenz, provenivano tutti dal Nord del Messico, vicino alla frontiera con gli Usa.“Secondo loro, il Messico era arretrato e debole perché superstizioso e troppo religioso; questo retaggio proveniva dal passato coloniale, ispanico, cattolico. Condividevano una rozza ideologia derivata dalla tradizione liberal-radicale messicana e dagli Stati Uniti protestanti che avevano una storia di 'crociate', cioè di missioni protestanti inviate nel Messico per convertire ed educare”.

 

Questi uomini si consideravano come dei civilizzatori, chiamati a rigenerare il vecchio paese coloniale. I loro programmi sono molto simili a quelli dei governi liberali europei, in particolare a quelli italiani. 

I luoghi di ritrovo di questa elite erano soprattutto le logge massoniche, i club e le mense militari. E poi si identificavano nel Partido Nacional Revolucionario, creatura di Calles. Per lo più erano anticlericali, spesso protestanti, benestanti, quasi tutti massoni e sentivano come loro missione la 'defanatizzazione' del Messico. Pertanto, “consideravano un dovere distruggere la cultura ispanica e rimpiazzarla con quella nordamericana. Odiavano indiani, contadini, preti e ogni espressione di quel vecchio Messico che non comprendevano perché non era il loro”.

 

Erano quasi degli “stranieri” all'interno del Paese. Ossessionati dal pericolo cattolico e dall'influsso del Papa e dei suoi uomini, in particolare dai Gesuiti. Infatti sia Obregon che Calles favorirono il proselitismo protestante. Addirittura i protestanti controllavano il Ministero dell'Educazione.

 

L'altra grande forza, spesso alleata con il protestantesimo fu la massoneria, che giocò un ruolo cruciale nel Messico. “La maggior parte degli ufficiali dell'esercito erano massoni e quando scoppiò la guerra di religione si vendicarono della condanna decretata dalla Chiesa cattolica nel 1738 contro la massoneria. Erano massoni anche gli insegnanti, i sindaci, i commissari agrari, i leader dei sindacati, tutti coloro, insomma, che erano legati al governo per mestiere”. Per la massoneria latina, il clero cattolico incarnava il male e quindi andava distrutto. C'era una rivista distribuita alle truppe, “El Soldado”, un mensile illustrato che dipingeva il Papa e il clero come maniaci sessuali.

 

Sull'altro fronte i cattolici continuavano a rafforzare la loro organizzazione. In vista la Union Popular (UP) di Anacleto Gonzales Flores. Si basava sul contatto diretto e la clandestinità. Tra i loro capi c'erano anche delle donne. Poi c'era la Liga che cresceva, nel 1926 dovette affrontare il dilemma se usare la forza armata per prendere il potere. E questo dilemma perdurò per sempre, anzi talvolta i loro membri, i dirigenti non furono ben visti dai Cristeros.

 

Tra il 2 e il 19 luglio del 1926 viene emanata la Ley Calles, imponeva ai preti di registrarsi presso gli uffici governativi. Si arrivò ben presto allo scontro,“la lotta era ormai aperta”, adesso si trattava “di vedere se avrebbe vinto la luce o la tenebra. Bisognava dare il sangue per salvare la rivoluzione, asserì”, Calles.

 

Quindi “il 1 agosto del 1926, per la prima volta dopo oltre 500 anni, in nessuna chiesa del Messico fu celebrata una messa”.

Iannaccone rileva che in quel momento storico del Messico, quasi tutti gli esperti, i diplomatici, i politici, gli intellettuali e anche i vescovi “ignorarono o sottostimarono un fattore che sarebbe risultato determinante negli eventi futuri: l'atteggiamento del popolo”. Mentre governo e vescovi negoziavano, diventa protagonista il popolo messicano, si comincia a fare penitenze, a confessarsi, a pregare in pubblico, a fare pellegrinaggi spontanei. Per questa gente è “come se il mondo a cui erano abituati stesse per finire – e in un certo senso era così”. I funzionari pubblici, spesso massoni, “lontani dalla mentalità del popolo, non comprendevano né accettavano quella mentalità sacralizzata che si esprimeva attraverso atti di devozione, penitenze e pellegrinaggi ai santuari”.

 

Alle prime luci del 1 agosto, Aurelio Acevedo - futuro leader cristero - preparò il suo cavallo per il “duro lavoro”, che sapeva avvicinarsi. “La guerra arrivò da sé - scrive Iannaccone - senza essere stata preparata, come ribellione a un'ingiustizia che calpestava le dignità fondamentali”. Soprattutto, “arrivò come una sorpresa per lo Stato e la Chiesa, che non avevano scommesso su questa eventualità”.

Comunque sia,“ce n'era abbastanza per prendere le armi”. “Gente pacifica benedì i propri figli che chiedevano di combattere e li inviò in battaglia”.

 

Lo storico francese Jean A. Meyer che negli anni sessanta è riuscito a intervistare molti ex cristero, scrivendo una monumentale opera sulla rivolta, riporta il racconto di un testimone, che ha vissuto quei momenti:“Il Governo ci sta prendendo tutto: il mais, i pascoli, gli animali da cortile e, come se non fosse abbastanza, vogliono che viviamo come animali, senza religione e senza Dio. Però non vivranno abbastanza per vederlo perché per il tempo che ci è dato noi grideremo Lunga vita al Re! Lunga vita alla vergine di Guadalupe! Lunga vita all'Unione Popolare! Abbasso il Governo!.

 

Stava per iniziare la Cristiada e ancora nessuno lo sapeva. Certo il Messico aveva visto diverse sollevazioni popolari, ma questa volta era diverso, a poco a poco si manifestarono focolai a decine, a centinaia, i federali ben presto, compresero che non era facile sconfiggere gli insorti. Subito alcuni reggimenti dell'esercito, furono annientati. Lo stesso Anacleto Flores dell'UP, non poté fare nulla per fermare i suoi militanti.“Li lasciò andare senza opporsi, sia perché nulla avrebbe potuto contro quella marea tragica che usciva dalla città all'alba, ognuno con un fucile a tracolla [...]”. La gente gli diceva “che era meglio morire che negare Cristo re e che non bisognava temere il martirio. Dava prova di aver letto i testi sacri e la storia della Chiesa”. Continua Iannaccone nel racconto:“Erano uomini esasperati, mossi da un imprevisto spirito di eroismo, che lasciavano i loro affari, stringevano le spose e i figli e correvano alla battaglia con alpargatas e vesti di cotone”.

 

In pratica questo popolo aveva “capito che bisognava mettere in gioco il proprio benessere, il proprio corpo, oppure la Chiesa in Messico sarebbe stata cancellata”.

 

In breve i capi dell'LNDLR decisero di guidare e controllare la ribellione sempre più diffusa ma scoordinata. Fu stabilito un comitato di guerra, e poi si trovò un capo: Capistran Garza. A novembre la Liga assume la guida del movimento popolare e chiede l'approvazione ai vescovi. L'episcopato approva il manifesto della Liga, affermando che era lecito combattere quando ogni altro mezzo si era rivelato inutile. “Alle condizioni che si stava verificando in Messico, tale combattimento andava considerato una 'resistenza' armata, ovvero una difesa legittima”.

 

Continua.

 

 

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Articolo pubblicato il 18/06/2020