Giovanni Giolitti. Il senso dello Stato

Claudio Ozella recensisce il volume dello storico Aldo A. Mola

“Giovanni Giolitti. Il senso dello Stato” (€uro 24,00 p. 606) dello storico Aldo A. Mola, pubblicato da Rusconi, è il frutto di una ricerca quarantennale sullo statista piemontese e la sua epoca.

Il libro ricostruisce vita, pensieri, azione di Giolitti, sulla base di centinaia di documenti inediti, dell’Archivio centrale dello Stato, dell’Archivio di Stato di Torino, dagli Atti del Consiglio provinciale di Cuneo, del Centro Studi Piemontesi, Torino, del Centro Europeo Giovanni Giolitti per lo studio dello Stato, di fondi privati e quelli messi a disposizione dalla famiglia Giolitti.

L’analisi non si limita all’età giolittiana o alla storia generale dell’Italia (politica estera e militare, movimenti e partiti politici, lotte sindacali, vicende economiche, sociali e sviluppo della vita culturale), ma documenta il pensiero e l’azione dello statista nei loro aspetti inediti.

Ecco quindi che con scrittura scorrevole e incisiva vediamo scorrere davanti a noi le immagini sia politiche che private in una sincronia perfetta e complementare. Fondamentale fu la sua esperienza nella pubblica amministrazione che gli permise di acquisire una perfetta conoscenza della macchina statale, in particolare del Ministero delle Finanze, della Corte dei Conti, del Consiglio di Stato negli anni iniziali dello Stato unitario, cui si deve aggiungere l’influenza sulla formazione di personalità d’eccezione come Quintino Sella e Marco Minghetti che egli affiancò e che contribuirono a forgiare il suo senso dello Stato.

Giolitti non tardò a mettere a frutto questo patrimonio di esperienze: nel corso della sua attività politica impresse all’Italia una spinta verso il progresso politico, sociale, economico e civile, avendo sempre presente la natura del paese reale, evitando avventurismi e avventate fughe in avanti. Fanno testo la difesa e il potenziamento delle libertà costituzionali, le leggi sociali intese come inclusione ed evoluzione delle classi sociali più deboli per renderle parte integrante e costruttiva dello Stato.

La sua azione di statista fu sempre ad ampio raggio: Giolitti al capitale umano e quello artistico, culturale, archeologico, di cui incentivò la sinergia, senza dimenticare il tema ambientale, con le leggi a difesa del territorio e delle acque. Favorì anche le opere pubbliche e le leggi a favore del Mezzogiorno, all’interno di una concezione dello Stato non viziata da venature paternalistiche e statalistiche, ma intesa come regolatrice delle attività espresse dai diversi corpi sociali la cui libertà di azione doveva avere come limite il rispetto della legge.

Si preoccupò di dare valore a impiegati, insegnanti, medici condotti, segretari comunali, come strutture portanti del giovane Stato unitario. Potenziò la democrazia liberale con l’introduzione del suffragio universale maschile. La sua opera di modernizzazione dello Stato fu interrotta dall’intervento dell’Italia nella prima guerra mondiale cui si oppose, intuendone le gravi ripercussioni politiche, sociali ed economiche sullo Stato. Si oppose strenuamente, pur da una condizione di minoranza, alla deriva autoritaria del fascismo, difendendo la libertà di stampa e contrastando il mandato al Gran Consiglio del fascismo della formazione della Camera dei Deputati.

Aldo A. Mola ha scritto un’opera imponente per la ricchezza di documentazione che ricostruisce un periodo e una figura importanti nella storia dello Stato italiano.

Claudio Ozella

Fonte: La Voce e Il Tempo, Domenica 31 Maggio 2020.

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Articolo pubblicato il 16/06/2020