Pd: un partito in cerca di leader (e elettori)

Richetti, Zingaretti e tutti gli aspiranti segretari democratici. Il punto.

L’ultimo in ordine cronologico a candidarsi è stato Matteo Richetti.
Il belloccio renziano, ospite fisso, o quasi, dalla Gruber attraverso un intervista al Corriere della Sera ha tronfiamente dichiarato “Ci candidiamo alla guida di questo partito e uso il plurale perché è una scelta che abbiamo fatto dopo mesi di lavoro sul territorio, con un movimento di idee e di persone che attorno ad Harambee ha aggregato storie e progetti diversi e che ora è al servizio del rilancio del Pd. Io, al contrario di quello che leggo, sono convinto che ci sia un futuro per questo partito”.

Dunque sarà anche lui della partita il 27 gennaio, giorno in cui verrà scelto dagli elettori democratici a chi affidare la ricostruzione di un partito di cui restano solo macerie e desolazione.
Raramente mi è capitato di assistere a una formazione di sinistra che, nonostante sia all’opposizione e provenga da un’epica Caporetto alle elezioni nazionali, continuasse  a perdere consensi settimana dopo settimana, attestandosi su un ottimistico 17%.
Dico ottimistico perché, stranamente, il partito di sinistra risulta sempre essere sovrastimato dai sondaggi, smentiti puntualmente con il voto: capitò a Bersani nel 2013, si ripetè nel 2018 con Renzi. Ma tant’è.

La cosa che stupisce è la lentezza con cui il partito reagisce ai colpi della Maggioranza: ad oggi possono vantare la sola manifestazione di Piazza del Popolo, il cui scopo, salvo le generiche promesse di cambio di passo e le arringhe neanche di primissima qualità di un macilento Martina, è stato contarsi per vedere se, tra pullman e treni speciali, si fosse in grado di riempire una piazza.

Uno stato sonnacchioso che va avanti dal 4 marzo, lasciando ai Saviano o Gino Strada di turno l’onere dell’opposizione. Il reggente Martina, che tanto reggente non lo è più, nel frattempo si è fatto crescere la barba forse sperando di dare un’immagine più autorevole di sé: ogni giorno dimostra di non essere adatto all’incarico, contando come il due di bastoni con briscola coppe. Se si presenterà o meno alla corsa per la segreteria non si sa, ma se il partito vuole provare a risalire sarebbe meglio si mettesse una mano sulla coscienza ed evitasse.

Matteo Richetti dunque va ad aggiungersi a un folto gruppo di candidati dal Cv e dal colore politico più o meno vario: partendo da destra si può individuare Carlo Calenda, legato a Confindustria  e stimato dagli economisti, con lui il partito si allontanerebbe ancora di più dai lavoratori per abbracciare quel mondo fatto di banche e spread che solo a sentirlo citare fa perdere elettori.
Sicuramente competente, ma sul carisma leggere Martina.

Nicola Zingaretti, in arte “il fratello del commissario Montalbano” è stato il primo ad avanzare il proprio interesse per la leadership: vanta il risultato, non certo semplice, d’essere stato confermato alla guida della Regione Lazio sconfiggendo M5S e Lega. Peccato che a livello nazionale le cose vadano diversamente e anche in questo caso non pare avere le capacità seduttive per stregare gli italiani e convincerli a crocettare Pd in cabina elettorale. A meno che non venga scambiato per suo fratello.

Di Gentiloni si sono già dimenticati tutti, e la cosa non è che sia di per sé negativa visto che generalmente i predecessori vengono associati ai peggiori mali che possano capitare.
Piace perché è noioso, piatto e in un certo senso garantisce stabilità.
Non prevarrà perché è noioso, piatto e non certo regala stabilità.
Uomo di partito.

Su Emiliano si è già scritto e detto di tutto: gioca, insieme al suo collega De Luca, a fare il bastian contrario all’interno del Partito, strizzando l’occhio un po’ a destra un po’ a sinistra. Per il suo modo di fare e le sue posizioni, spesso minoritarie, si accontenterà del 8-10% di preferenze.
Ma metterà il giusto pepe alla competizione.

Matteo Renzi, perché alla fine sempre da lui si torna, al momento nega interesse ma risulta difficile ipotizzare una sua non partecipazione alle primarie di gennaio: troppo forte il suo ego.
Sta provando a ricostruire una base di elettori facendosi vedere il meno possibile, scrivendo papiri di critica al governo su facebook sperando negli svarioni altrui.
Forse l’unico degli aspiranti con un briciolo di carisma, ben mischiato in un mare di arroganza.

 

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Articolo pubblicato il 07/10/2018