Decreto Salvini: cosa cambia su difesa, immigrazione e mafia

Panoramica sul provvedimento che fa discutere costituzionalisti e non.

Il Decreto Salvini è stato approvato all’unanimità dal Consiglio dei Ministri il 24 settembre, ed è destinato a far discutere. Anzi, lo sta già facendo.
I più intransigenti potrebbero far notare che arriva sotto forma di decreto legge, quell’atto prodotto dal Governo che produce effetti da subito senza passare dalle Camere.
Il Parlamento avrà poi sessanta giorni per convertirlo in legge, pratica abusata durante le passate legislature e aspramente criticata da chi ora siede tra i banchi della maggioranza, ma sono dettagli.

Il decreto in oggetto, che dovrebbe scremare e rendere ardua la vita agli irregolari secondo la volontà del firmatario, si compone di tre titoli: il primo si occupa di riforma del diritto d’asilo e della cittadinanza, il secondo di sicurezza pubblica, prevenzione e contrasto della criminalità organizzata; e l’ultimo di amministrazione e gestione dei beni sequestrati e confiscati alla mafia.

La prima e più importante novità viene introdotta all’interno dell’articolo 1 dove l’istituto della protezione umanitaria viene di fatto smantellato in favore di un permesso di soggiorno da concedere esclusivamente a chi rientra in una delle seguenti categorie: vittime di violenza domestica o grave sfruttamento lavorativo, per chi ha bisogno di cure mediche perché si trova in uno stato di salute gravemente compromesso o per chi proviene da un paese che si trova in una situazione di “contingente ed eccezionale calamità”.
È previsto infine un permesso di soggiorno per chi si sarà distinto per “atti di particolare valore civile”.

Il cambio può sembrare superfluo ma non lo è: nel regime attuale il permesso di soggiorno viene applicato in maniera piuttosto estensiva e sta nelle disponibilità del giudice concederlo a seconda dell’analisi dei singoli casi: ciò ha creato un sistema di concessioni piuttosto “allegro”.
L’idea del ministro dell’Interno è quella di limitare ciò a casi determinati dalla legge.

Nel 2017 sono state presentate circa 130 000 domande di protezione internazionale, il 52% respinte, il 25% accolte come rifugiati politici, l’8% meritevole di protezione sussidiaria e per il restante 7% è scattato un altro tipo di protezione. Numeri che hanno fatto riflettere il Viminale.

Cambia anche il numero massimo di giorni cui uno straniero può essere trattenuto negli hotspot, saliti a trenta giorni, così come il tempo di permanenza massimo all’interno dei Cpr (ex Cie), attualmente 90 giorni, mentre con il Decreto Salvini raddoppierebbe arrivando a 180.
L’articolo 4, infine, prevede che gli irregolari possano essere trattenuti negli uffici di frontiera qualora non ci sia disponibilità di posti nei Cpr e con l’autorizzazione del giudice di pace, su richiesta del questore.

Uno degli articoli più dibattuti è il 10: esso prevede che per i richiedenti con procedimento penale in corso “per uno dei reati che in caso di condanna definitiva comporterebbero diniego della protezione internazionale” venga disposta “la sospensione dell’esame della domanda di protezione e l’obbligo di lasciare il territorio nazionale“. E qui non ci siamo: da un punto di vista costituzionale, spiega De Andrea sul Fatto Quotidiano, l’avvio di un procedimento penale non può portare all’allontanamento del soggetto: non è perche si è macchiato di reati che lo si può mandare in pasto a suoi carnefici, il succo.
Tra l’altro  si parla di procedimenti in corso, nemmeno sentenze passate in giudicato.

Si punta ad aumentare i fondi per i rimpatri che salirebbero dal mezzo milione attuale al milione e mezzo del 2019 e 2020.
Viene poi allargata la lista dei reati che escluderebbero la possibilità di accedere alla protezione internazionale: saranno inclusi anche i reati come violenza sessuale, produzione, detenzione e traffico di sostanze stupefacenti, rapina ed estorsione, furto, furto in appartamento, minaccia o violenza a pubblico ufficiale.
Si dà inoltre il via alla sperimentazione dell’uso del teaser nei comuni con oltre 100’000 abitanti,  estendendo la possibilità di utilizzare il braccialetto elettronico.

Cambiano anche le regole per l’acquisizione della cittadinanza italiana: se fino ad oggi lo straniero che sposava un cittadino italiano ne entrava in possesso automaticamente, ciò non sarà più così e la domanda potrà essere rigettata.

L’ultima parte è relativa alla lotta alla mafia: pene più dure per chi occupa i terreni e gli immobili confiscati a Cosa Nostra, la possibilità di nominare commissari antimafia nei Comuni sospetti, un maggiore scambio di informazioni tra le amministrazioni e l’estensione all’utilizzo di intercettazioni telefoniche verso chi sospetto di avere legami mafiosi.
Almeno su quest’ultimo punto non dovrebbero esserci contestazioni.

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Articolo pubblicato il 28/09/2018