Pd: l’errore di aver puntato sul cavallo sbagliato

Tutte le responsabilità di Renzi, che fa crollare il partito nei sondaggi.

Tempi duri per un elettore di Centrosinistra.
Ogni volta che si apre un giornale in cui c’è la notizia di un nuovo sondaggio è un colpo al cuore: continue perdite di consensi che erodono e rosicchiano il già esiguo elettorato.
Gli ultimi sondaggi, a meno di un mese dalle elezioni, danno il Partito Democratico di poco sopra il 20%, qualcosa di catastrofico, specie se paragonato alle europee del 2014. Ma anche il Bersani di cinque anni fa, con il 25% in confronto, sembra un cavallo di razza.
E meno male che il voto è solo tra venti giorni, perché ogni settimana è un zero virgola in meno. C’è da sperare che con Sanremo la gente si interessi un po’ più sull’abito della Hunziker e meno alla politica, sennò qui si sprofonda, penseranno gli appassionati renziani.

Il trend negativo continua inesorabilmente dal fatal referendum del 4 dicembre 2016 quando il popolo italiano bocciò il pacchetto di riforme costituzionali voluto da Renzi.
Da allora il leader fiorentino non si è più ripreso.
In un colpo solo ha perso tutta la carica che l’aveva, in qualche modo, contraddistinto.
Un cavaliere senza spada, o un Festival senza canzoni, per rimanere in tema, che ha galleggiato tra tv e comizi per oltre un anno dando sempre la stessa impressione: quella di non essere più in grado di incidere.
I suoi annunci risultano sempre più vuoti, le promesse meno convincenti, i proclami di rottamazione, un tempo taglienti come lame affilate, ora procurano un leggero solletico verso chi ne è coinvolto.

Renzi è finito, e dispiace ammetterlo anche per chi –come il sottoscritto- all’inizio ci aveva sperato.
E’ finito perché si è giocato male le sue carte, perché ha voluto anticipare l’arrivo al potere prima e le riforme poi, passando da Palazzo Chigi senza la conferma popolare.
Ha fatto l’All-in e ha perso. Ci può stare.
Il suo errore, madornale, semmai, è stato quello d’aver affondato tutto il Pd.
Al posto di fare un passo indietro deciso, è voluto rimanere in sella a un partito pronto a fargli la guerra.
Ha organizzato delle primarie farlocche in cui si è auto-legittimato battendo una concorrenza di burro.
Si è cullato sui due milioni di partecipanti, non rendendosi conto che, oltre alla base, un partito deve espandersi anche tra chi è più freddino verso la politca.
Ha epurato la minoranza interna, che è andata a formare Liberi e Uguali, che è vicino al 6%, e con il quale sarà difficilissimo ragionare.
Infine, si è spostato ancora più al Centro, inglobando l’ex azzura Lorenzin e candidando nella rossa Bologna un baluardo del comunismo come Pierferdnando Casini.

Che incubo per la città di Dalla, dover appoggiare un vecchio Udc.

Peggio ancora, non è stato in grado di liberarsi della zavorra definita nei tempi d’oro Giglio Magico.
La Boschi è bella quanto vuoi, magari dalle indagini risulterà innocente, fatto sta che il suo nome è ormai indissolubilmente legato alla vicenda di Banca Etruria: che senso ha continuare a puntare su di lei?
La bella addormentata Madia ormai convive con l’accusa d’aver copiato la tesi di laurea e Luca Lotti è un simpatico ragazzo che per ora sta facendo incetta di incarichi e ministeri senza che nessuno ne abbia compreso a pieno le qualità. Simpatia a parte.
Dimenticavo Orfini, quello che ogni volta che passa in tv fa perdere potenziali elettori al Pd.
Il Giglio Magico, con il passare dei mesi, si è trasformato in un’ edera soffocante, che ha strangolato il già moribondo Pd.

L’unico spiraglio per il Centrosinistra per non vedersi spazzato via come invece si appresta a fare era quello di sbarazzarsi di Renzi ed affidarsi ad un’ altra guida. Certo, il mazzo dei papabili non è che fosse vasto: tra trombati, incandidabili, rottamati, incompetenti e indagati la rosa risultava piuttosto debole.
Però siamo sicuri che un freddo Gentiloni sarebbe stato tanto peggio dell’attuale segretario?
Il grigio Premier non attira simpatie ma nemmeno odio, e questo è già qualcosa: il suo compitino l’ha svolto dignitosamente, e avrebbe raccolto i voti di chi non ama la politica come avanspettacolo.
E poi Minniti, il sergente di ferro, l’unico che è riuscito ad ottenere dei risultati nella lotta all’immigrazione, e che pare sia apprezzato anche dalle opposizioni. Perché non lui? Puzza troppo di fascismo? Forse occorre ricordare che quella di Crozza resta una parodia.
Gori, Grasso, Calenda, perché no, Chiamparino, erano altri nomi interessanti su cui valeva la pena approfondire.
E invece no, si è scelto il rottamatore che con tutta probabilità verrà rottamato. La legge del contrappasso non fa sconti, ma questo, Renzi il toscano, poteva immaginarlo.

 

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Articolo pubblicato il 07/02/2018