Torino, al via gli sgomberi dell’ex Moi

Alcune proteste da parte di uno sparuto gruppo di migranti.

Stamattina, a partire dalle 7, sono iniziati gli sgomberi delle palazzine costruite in occasione delle Olimpiadi del 2006.

Il piano, che vede la partecipazione della fondazione SanPaolo, della Diocesi, della Città Metropolitana di Torino, della Regione e della Prefettura, mira a redistribuire  gradualmente tutti i migranti in altre località, risanando una situazione da anni considerata emergenziale.

Gli sgomberi sono partiti dalle cantine delle palazzine, i luoghi considerati più a rischio e necessari di intervento immediato. Una cinquantina in tutto di persone che hanno accolto pacificamente la decisione ed hanno accettato di salire sui bus predisposti dal Comune, verso altre destinazioni.

Solo verso mezzogiorno un gruppetto di 5-7 migranti ha opposto resistenza, barricandosi all’interno dello scantinato della palazzina color arancione, gridando di non volersene andare.

La Prefettura, tuttavia, ha sottolineato come la situazione sia sotto controllo e durante la giornata pare il tutto si sia risolto, anche grazie alle rassicurazioni messe in atto dalle Forze dell’Ordine.

I primi pullman sono diretti alle alle diocesi di via Lascaris, Cottolengo e Strada del Pino.

L’ex Moi. Storia di un continuo problema.

Le palazzine olimpiche, costruite nel 2006 per ospitare gli atleti durante le gare e mai più valorizzate in seguito, sono il simbolo della speculazione edilizia e della poca lungimiranza che ha coinvolto l’amministrazione torinese durante l’organizzazione dei Giochi.

Negli anni post olimpici parecchie gare circa la loro destinazione sono andate deserte, finchè nel 2013, in seguito alla Primavera araba e alla relativa emergenza sbarchi, sono state occupate, prima da 300 immigrati, poi da un numero sempre crescente, 700, alcuni sostengono un migliaio, durante l’apice.
Impossibile sapere con certezza il numero esatto degli occupanti che affollavano le palazzine.

Io, da arbitro, per anni ho frequentato la sede di Via giordano Bruno posta a pochi metri dall’Ex Moi: le scene che mi si presentavano dinnanzi erano sempre le stesse; di fianco alla camionetta delle Polizia, posta lì a presidio fisso, c’era chi ciondolava, chi accatastava ferraglia negli scantinati, alcuni si accostavano ai passanti chiedendo se volessero del fumo.

Un migliaio di persone, di 25 nazioni differenti, che in qualche modo convivevano pacificamente: da fuori era possibile scorgere un paio di minimarket, un barbiere, e per un certo periodo anche una scuola. Un centro sociale era riuscito a procurare gessetti, libri e alcune panche, tanto da organizzare corsi d’italiano.

Tale condizione è stata tollerata e tutto sommato non sono successi grossi disastri, anche se i disagi sono stati evidenti: i commercianti hanno visto calare gli affari, chi ha comprato nei paraggi ha visto calarne il valore, e anche del titolare dell’Ostello della Gioventù che si trova in quella zona denunciò più volte il calo degli ospiti e le lamentele di molte ragazze nel camminare sole per quelle vie.

Una situazione al limite della legalità in cui hanno sguazzato partiti come Fratelli d’Italia e la Lega, che spesso hanno citato l’ex moi come esempio di malapolitica.

Una situazione che, d’altro canto, ha visto la presenza dei Centri Sociali come baluardo del diritto alla casa e dell’accoglienza.

Una situazione che, in teoria, sarebbe dovuta terminare già nel 2014, quando un’ordinanza della prefettura aveva obbligato lo sgombero delle palazzine.

Ieri, con tre anni di ritardo, è partito il progetto per lo sgombero e la riqualificazione dell’area.

Finalmente qualcosa sembra essersi mosso.

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 20/11/2017