Torino - Poste, i precari protestano davanti alla Regione.

Nel pomeriggio un gruppo di manifestanti si è riunito in Via Alfieri per chiedere più stabilità.

Un presidio per cercare di far venire alla luce il fenomeno del precariato, che sta diventando dominante all’interno di Poste italiane.
Questa l’iniziativa di una cinquantina tra dipendenti ed ex dipendenti nel pomeriggio di ieri dalle 14.30 davanti a Palazzo Lascaris, dove si è tenuto il consiglio regionale.

I manifestanti, con bandiere, striscioni e fischietti, han cercato di far sentire la loro voce in maniera del tutto pacifica: una piccola delegazione di loro è stata fatta salire per esporre il problema dinnanzi ad alcuni assessori piemontesi.

La questione è che Poste italiane, la più grande azienda italiana per numero di dipendenti –circa 150’000- negli ultimi anni, complice anche la privatizzazione e la quotazione in borsa, ha deciso di bloccare le assunzioni puntando forte sui contratti a tempo determinato.
Proroghe su proroghe, inclusive di corsi di formazione e aggiornamento tali da far divenire il precario un postino a tutti gli effetti, finché il dipendente non raggiunge i due anni di lavoro; poi è pronto per essere buttato in pasto alla disoccupazione e al posto suo ne viene assunto un altro con le stesse modalità e le stesse, nulle, prospettive di assunzione.

Solo in Piemonte si contano circa 700 persone assunte con questa modalità: si tratta, nella maggior parte dei casi, di ragazzi under 30 diplomati o laureati. Infatti tra i requisiti necessari per accedere alla selezione come portalettere è necessario avere un diploma con votazione minima di 70 o una laurea con voto non inferiore a 102.

Un sistema di gestione del personale che, è bene dirlo, a lungo andare non può pagare.
Infatti i ragazzi, costretti a saltare da una zona all’altra per coprire i buchi dei colleghi in malattia, ferie e addirittura pensione, sono costretti a lavorare velocemente e con estrema difficoltà. Risultato: la qualità del servizio è peggiorata, così come il clima aziendale e le prospettive dei giovani.
Cosa è migliorato? Sicuramente l’utile, visto che l’azienda ha chiuso il bilancio 2016 con un +633 milioni di Euro.


La legge italiana prevede che il lavoratore possa essere rinnovato dall’azienda per cui lavora per un massimo di 36 mesi prima che la stessa sia obbligata all’assunzione a tempo indeterminato: Poste decide di fermarsi a 24 mesi, utilizzando contratti ridicoli di 3-4-5 mesi per volta.
Mi è capitato di assistere a contratti durati anche 10 giorni.
Così facendo il dipendente è sempre sotto ricatto, visto che si trova in un perenne stato di rinnovo-non rinnovo che lo porterà ad accettare gran parte del lavoro in più che gli viene proposto (leggasi flessibilità operativa).
Ovviamente il precario non ha diritto al premio di produzione, che viene regolarmente recepito da tutti gli altri dipendenti, anche da chi passa la giornata a guardare il tempo che scorre prima il beggiare e uscire.
Senza toccare il tasto ferie: insomma, sei assunto per tre mesi, mica puoi pretenderle pure?

E poi, perché utilizzare i giovani solo per il recapito e non dietro gli sportelli? Non sarebbe meglio, anche per loro, istruirli ed educarli in un ufficio postale? Come detto, stiamo parlando di ragazzi con un certo livello d’istruzione, spesso superiore al dipendente medio.

Così da qualche mese i precari di Poste han deciso di alzare la testa e provare a cambiare una situazione ormai insostenibile. Appoggiati dal sindacato Slc-Cgil e dall’assessore Sel Grimaldi , oltre che da altre forze come Pd, M5s, Mdp e Lista Monviso, sono riusciti a porre la questione all’ordine del giorno del consiglio Regionale del Piemonte, che ha approvato all'unanimità.
L’obiettivo dichiarato è quello di far salire il problema il più in alto possibile, magari che venga affronto nella conferenza Stato- Regioni e che esploda a livello nazionale. 

Sono le 17 e Il presidio si è sciolto, ma solo temporaneamente, puntualizzano.
Oggi è stato fatto un piccolo passo per l’uomo e un grande per il precario, scherza uno dei tanti ex dipendenti con contratto scaduto.
Resta la voglia di sorridere, nonostante tutto.

Da domani, negli uffici e per strada continuerà la sensibilizzazione a questo piccolo-grande problema italiano chiamato precarietà.
Qui nessuno ha voglia di mollare.

 

                                                                                                                                                                                            

Un dipendente precario di Poste Italiane.

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Articolo pubblicato il 05/07/2017