Madama App, qui abbiamo un problema...

Dalla notte della finale di Champions qualcosa si è rotto.

Torino è una città godibile, giovane e festaiola.
Questo ero solito dire ai miei amici conosciuti al mare o durante le colonie estive che venivano da mezza Italia. Loro non ci credevano, abituati alle descrizioni riguardanti il clima sobrio, freddo e sabaudo con cui si tende a parlare del capoluogo piemontese, specie chi non ha avuto la fortuna di viverlo direttamente.

Quando poi, per caso o per volontà, decidevano di trascorrere una giornata qui, si ricredevano.
I murazzi, santa giulia, il quadriltero, piazza vittorio, tutti posti brulicanti di gente, pieni di vita e allegria.

E poi gli eventi come Mito, i balli folk in piazza Castello, i concerti di musica classica: tutto creava quel clima di spensieratezza e festosità che si poteva respirare nella città.
Questo clima, però, da un mesetto sembra essersi interrotto.
La causa è da ricondursi a quella maledetta serata del 3 giugno dove, probabilmente un finto allarme bomba (le cause sono ancora da accertare) scatenò il panico in piazza san Carlo, causando oltre 1500 feriti e un decesso, quello di Erika Pioletti.

Da lì il clima tra amministrazione e cittadinanza si è incrinato: certo non si può pensare di dare solo la colpa al sindaco per una tragedia del genere, ma a gran parte dei torinesi non sono piaciute le mancate scuse per la mala gestione della serata, lo scarica barile con i Prefetto e il fatto che, ad oggi, sia saltata solo la testa dell'assessore all'ambiente, estraneo al Movimento. Così come non è piaciuta l'ordinanza che ha proibito l'asporto di bevande alcoliche in determinate aree della città dopo le 20.

A peggiorare la situazione l'eccessivo zelo con cui le forze dell'ordine hanno fatto rispettare la discussa legge: le immagini dei dehors divelti e degli avventori intenti a prendere cocktail a base di manganellate hanno fatto il giro d’Italia regalando una pessima immagine alla Giunta Appendino: l’impressione generale è che, nonostante le dichiarazioni di facciata, la sindaca non abbia la situazione sotto controllo, e basta un nonnulla per farla esplodere.

E la sensazione che ho avuto la scorsa notte, durante i festeggiamenti di San Giovanni, è stata quella che la città abbia fatto enormi passi indietro per ciò che riguarda la sua godibilità e il suo sentirsi giovane.
Passare da quasi 100000 persone a un quarto (25000 i presenti per le autorità) non può essere considerato un successo, come invece paventava la sindaca dalla sua pagina facebook.
In giro, tra i portici e le viuzze del centro, mi sono imbattuto più in poliziotti e personale del pronto soccorso piuttosto che in turisti, e l’idea di un'eccessiva militarizzazione della città non me la sono più tolta.

Il tutto mentre la soglia dello sfottò verso l'Appendino su Facebook e sui vari social sta raggiungendo punte mai viste: pagine come No appendino no party, appendino che vieta cose, Chiara Appendino che fa cose stanno raggiungendo un grande seguito sfociando a volte in manifestazioni ironiche: lo scorso venerdì qualche decina di ragazzi si è trovata fuori dal Comune per brindare alla faccia del Sindaco, per esempio. Ultimamente è rispuntato dall'oblio anche Fassino (o il suo fantasma) che attraverso Facebook non perde occasione per bacchettare la sindaca, sottolineando come durante la sua giunta un clima del genere non si era mai respirato.
Il numero di chi lo rimpiange aumenta, così come il consenso attorno all'ex sindaco.
Possibile che siamo arrivati a tanto?

 

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Articolo pubblicato il 27/06/2017