La rivoluzione tradita del m5S.

A Roma la giunta Raggi continua a inanellare figuracce e indagati…

 

Quando lo scorso diciannove giugno Virginia Raggi fu eletta sindaca di Roma con uno schiacciante 67,15% sul rivale Giachetti, l’incoronazione fu salutata come una vera e propria liberazione da parte della popolazione, frustrata dalle buche, sommersa dall’immondizia e umiliata dall’onta di mafia capitale.

L’alieno Marino e prima ancora Gianni Alemanno, entrambi indagati con sorti differenti, sono tratteggiati come gli incapaci e i mafiosi che hanno portato la Capitale a un livello infimo di qualità.

Ma ora si cambia, c’è Virginia.

Aria nuova, pensano i più.

L’elezione è poco più di una formalità, una marcia trionfale scandita a colpi di “onestà” e conclusa egregiamente con la fascia tricolore che cinge la vita di Virginia.
Dopo sei mesi lo scenario è completamente mutato.

Una serie di errori macroscopici hanno minato il cammino della giunta, con ultimo l’arresto del braccio destro della sindaca, Raffaele Marra, accusato di corruzione quando era assessore alle politiche abitative durante il regno Alemanno.

E qui arriviamo al punto: che ci fa un assessore con una nota  carriera politica alle spalle tra le file di chi proponeva il cambiamento?
A Roma la Raggi non ha puntato sul nuovo, bensì si è circondata di elementi dalla travagliata esperienza politica: questo non è piaciuto ai cittadini che si aspettavano un segno di discontinuità.

Prima di Marra a saltare, appena due giorni fa a causa di un avviso di garanzia, è stata Paola Muraro, assessore all’ambiente e già inserita da mesi nel registro degli indagati. Anche qui la sindaca non si è dimostrata arguta, prima occultando e poi difendendo a spada tratta una persona che, era noto, sarebbe stata indagata.

Guai finiti? Macchè, ieri sera un paio di agenti in borghese della Guardia di Finanza sono entrati in Campidoglio acquisendo carte e atti relativi a quattro nomine volute dalla Raggi nel post elezioni.
Vi si contesta la procedura di assunzione: nuove gatte da pelare per il Movimento, che deve fare i conti con uno dei suoi (assurdi) capisaldi: chi è indagato va a casa. E’ proprio questa legge del contrappasso a far sorridere: loro che hanno sventolato la bandiera dell’onestà, ora vedono una giunta monca a causa di ciò.

E il ciclone che ha investito in queste ore la sindaca Virginia non è una novità assoluta: dal giorno dell’insediamento si sono già dimessi quattro assessori, due amministratori di aziende municipalizzate, sono pervenuti vari avvisi di garanzia, oltre a una evidente incapacità di prendere decisioni.

E le strade? Peggio di prima , giurano gli abitanti dei quartieri periferici, tra buche e immondizia la situazione è diventata insopportabile. E non è difficile credergli, visti i continui guai giudiziari che affossano continuamente la giunta pentastellata, e l’impossibilità, di conseguenza, di concentrarsi sui problemi reali.Un recente sondaggio ha evidenziato come il gradimento della Raggi sia del 35%: evidentemente qualcuno si è pentito della scelta fatta pochi mesi fa.

Le notizie di queste ore hanno due effetti politici: da un lato oscurare la vicenda Sala, a Milano, indagato per falso materiale e ideologico, ora autosospeso, e, cosa ben più grave, a livello nazionale getta enormi ombre sulle reali capacità di governo da parte del M5s. Coloro che si sono dimostrati maestri nel distruggere (anche in senso positivo) si stanno delineando come i meno capaci nel costruire.

Gli esperti di politica e i giornalisti sono tutti d’accordo nell’affermare che più il governo Gentiloni dura, più il Partito Democratico perde consensi. Sicuri non si possa affermare lo stesso nel caso della Raggi e del M5s?

    

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Articolo pubblicato il 16/12/2016