L’annus horribilis della sinistra radical chic

Tre schiaffi al mondo democratico, sempre più distante dal popolo.

L’anno si sta avvicinando alla conclusione, e come da consuetudine in questo periodo, viene automatico fare dei bilanci.
Analizzare gli eventi che han caratterizzato il 2016, almeno dal punto di vista politico.
Inevitabile soffermarsi sui tre scossoni che han calamitato l’attenzione dei media, tre chiamate al voto apparentemente distanti anni luce tra loro, che però hanno diversi punti in comune.
Chiaramente sto parlano della decisione da parte dell’Uk di uscire dall’Unione Europea, della scelta americana di virare sull’insospettabile Donald Trump e di quella italiana di cassare la riforma costituzionale promossa da Renzi, disarcionarlo dalla sella del governo e buttarlo nel fango del caos politico attuale.

Cosa accomuna questi tre eventi?
In primo luogo la volontà popolare: sono tre decisioni che hanno come primo e unico protagonista il popolo.
A furia di sentir parlare stampa, esperti, giornalisti ed economisti ci si è dimenticati di un elemento fondamentale all’interno di un sistema democratico, il popolo appunto.
Questo si è espresso in maniera limpida, chiara, talvolta massiccia, come nel caso delle consultazioni italiane, ma soprattutto controcorrente. E qui si arriva al secondo grande punto.
L’andare contro l’establishment, le previsioni, il politicamente giusto, di cui la sinistra in ciabatte si è fatta portavoce.
La gente ha dimostrato di preferire l’incertezza di un salto nel buio alla certezza di un presente a dir poco sconfortante: meglio un elettroshock con conseguenze ignote che una lenta e prevedibile morte.

Inutile dire che gli sconfitti han quasi tutti un’identità politica definita, e vedono sventolare dalla loro bandiera il simbolo dem: pro Euro, democratici americani e sostenitori del pd, tutti mandati a casa con la loro boria e l’arroganza di chi pensa d’avere la verità in tasca.
Spesso si sono avvalsi di frasi come “se votate contro, le banche crollano…il sistema finanziario implode”.
Le minacce non hanno sortito l’effetto sperato, anzi si sono rivoltate contro, facendo in modo di bollare come “sostenuti dai poteri forti” le loro idee, un tempo legate alla gente.
La realtà, inoltre, li ha smascherati facilmente: dopo minime oscillazioni le Borse dei paesi interessati han guadagnato, sia dopo la vittoria di Trump che in seguito alla sconfitta di Renzi.
La Brexit la tengo da parte in quanto si concretizzerà tra non meno di due-tre anni, ora è troppo presto per far calcoli.

Ovviamente dietro la lavagna ci finiscono anche i sondaggisti che, salvo nel caso del referendum, dove comunque non hanno mai ipotizzato una forbice tanto ampia tra Si e No, han preso cantonate favolose, con un Trump praticamente sconfitto alla vigilia delle elezioni, poi scoperto nuovo Presidente Usa il giorno dopo.

E anche i temi su cui sono stati sacrificati (per ora) i democratici o, nel caso della Brexit, le loro idee, sono abbastanza comuni: immigrazione e lavoro, lavoro e immigrazione.
Questo un cittadino del 2016 si aspetta che un governo argini.
Gli inglesi non ce la facevano più dell’Unione a forza d’esser diventati il centro d’arrivo di gran parte dei migranti, Trump ha vinto promettendo la creazione del muro al confini col Messico e urlando contro i musulmani, e Renzi non è caduto a causa della cancellazione del Cnel o della modifica al titolo V della Costituzione, ma piuttosto per colpa di quel quasi 40% di disoccupazione giovanile, o delle emergenze d’emigrazione che si son registrate a Goro, Lampedusa e più in generali in tutta Italia.

Un altro punto che mi preme sottolineare è la differenza di velocità che stiamo registrando tra le istituzioni e il popolo. Nel caso della Brexit la corte costituzionale ha decretato che il voto popolare dovrà essere ratificato dal Parlamento, con prevedibili raffiche di  ricorsi e appelli: passeranno mesi che inchioderanno il popolo inglese sull’incertezza del da farsi . Un po’ come in Italia in cui tutti noi abbiamo fissato sul calendario la data del 24 gennaio per capire che ne sarà dell’Italicum e di riflesso quando votare: quasi due mesi per aspettare una sentenza che tutti vogliono, per cui i partiti sono bloccati. E Mattarella non si distingue per celerità, chiedendo governi tecnici e parlando di responsabilità.
Da una parte la frenesia del popolo, che vorrebbe votare e scegliere, dall’altra la pacatezza delle istituzioni, che predicano una calma quasi irreale.

Infine gli endorsement mossi da vip dello spettacolo o istituzioni estere.
Hanno stancato, non funzionano. Sono controproducenti.
La gente pensa e vota in totale autonomia, e sentirsi dire da Madonna di votare la Clinton, piuttosto che dalla Rowling di scegliere di restare in Europa o da Benigni di approvare la nuovo Costituzione, quando fino a qualche mese fa la definiva “la più bella del mondo”, non ha alcun effetto. Anzi..

Insomma, la sinistra dem se ne esce dal 2016 con tre schiaffi che, se assorbiti, potranno avere il compito di svegliarla e riavvicinarla alla gente e meno alle banche e allo showbiz; d’altro lato abbiamo tre occasioni per capire se e il tanto snobbato populismo può portare a soluzioni di lungo periodo o condurci alle catastrofi pronosticate dai più.

 

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 11/12/2016