Brexit, i giornali ai giudici “Sono nemici del popolo”.

Rabbiosa reazione da parte dei media inglesi alla notizia del voto parlamentare.

Non hanno preso bene i giornali euroscettici britannici la notizia per cui la Brexit così com’è non può essere presa in carico dal governo di Theresa May e portata avanti: i tre magistrati dell’Alta Corte, infatti, hanno stabilito che la vittoria dei “leave” nel referendum dello scorso giugno dovrà essere ratificata dal voto parlamentare.

La decisione ha sollevato un polverone in tutto il Paese, e molti quotidiani che si erano schierati per l’uscita, come il Daily Mail, l’Express e il Daily Telegraph non hanno perso tempo: sulla prima pagina del primo campeggia la gigantografia dei tre magistrati con la scritta in sovraimpressione “Enemies of the people”-nemici del popolo.
I tre, accusati di voler tradire la volontà del popolo, sono Lord Thomas di Cwemgiedd, 69enne, capo della magistratura e giudice dal rango più alto nel Paese, Sir Terence Etherton, numero due e capo della sezione civile della magistratura e Lord Justice Sales, esperto di diritto costituzionale ed è all’Alta corte dal 2014.
Non proprio tre pivellini.

Eppure i giornali inglesi si sono accaniti sulle tre figure della Corte, in special modo sul secondo, dichiaratamente omosessuale e con un passato da sportivo alle spalle: proprio i gusti sessuali del magistrato sono stati sottolineati a più riprese e con cattivo gusto dalle colonne dei quotidiani.
Questo accanimento ha scatenato altrettante reazioni da parte di illustri giudici e alcuni personaggi famosi, tra cui la scrittrice di Harry potter, J.K. Rowling che ha ironizzato «Se il fatto che sia stato un campione olimpico e sia gay è la cosa peggiore che hanno trovato deve aver fatto qualcosa di buono».

Poi è stato il turno di Gina Miller, l’ imprenditrice che ha deciso di presentare il ricorso contro la scelta del governo di bypassare il Parlamento: il Sun le ha titolato un articolo con un bel “chi ti credi di essere?” , e copiose minacce le sono giunte tramite internet e mail.

La polemica ha avuto, naturalmente, anche risonanza politica, con il deputato conservatore Stephen Philips che ha rassegnato le dimissioni: pur essendo uno strenuo sostenitore della Brexit ha ammesso di non si rivedersi più nelle posizioni troppo di destra del governo May, definendo “non democratico e incostituzionale” l'approccio scelto dal primo ministro, che di fatto vuole escludere la Camera dei Comuni dai negoziati con Bruxelles.

D’altro canto, l’inquilino di Downing Street ha già rassicurato i suoi colleghi europei, tra cui Juncker, sulle tempistiche d’uscita del Regno Unito dalla UE: l’intoppo del passaggio parlamentare non porterà ad alcuno slittamento dei negoziati d’uscita, giura.
Tuttavia l’intromissione dell’Alta Corte all’applicazione dell’ articolo 50, quello relativo l’uscita previsto dai trattati di Lisbona, porterà per forza di cose ad un allungamento dei tempi: il governo inglese ha già comunicato che il 7 e l’8 dicembre presenterà ricorso contro questa decisione alla Corte Suprema. Qualora esso non dovesse essere accolto si andrà alla conta parlamentare: i voti sono risicati, anzi, coloro che si erano espressi per il “remain” erano in maggioranza tra gli scranni di Westminster, ma appare alquanto improbabile che nella patria della democrazia una scelta popolare sia smentita in maniera così smaccata dai propri rappresentanti.

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Articolo pubblicato il 06/11/2016