Spagna: quando il governo è un optional.

Da 8 mesi a Madrid manca un esecutivo, ma l’economia cresce...

E se la politica fosse un mero esercizio di dialettica?
Una continua ed estenuante sfida tra più forze finalizzata alla vittoria che poi, nella sostanza, si traduce in una minima incidenza  sull’andamento del Paese?
Questo devono aver pensato la maggior parte degli spagnoli leggendo sui giornali i dati economici al rialzo e, allo stesso tempo, notando l’incapacità del Parlamento di formare un Governo:  i Popolari di Rajoy per ben due volte han visto sfumare il quorum necessario (prima di 176 voti, poi di 170) per ottenere la fiducia, e questo nonostante la vittoria di misura alle elezioni di giugno.
Gli effetti perversi del proporzionale, si dirà.
Sta di fatto che in Spagna è da otto mesi che non si vede un governo, e di spiragli all’orizzonte neanche a parlarne: ciò può essere spiegato attraverso quella che è definita come  la balcanizzazione della scena politica, con almeno quattro partiti con ambizioni di governo, e anime profondamente diverse.

Sono proprio queste differenze, acute e insanabili, a bloccare sul nascere qualsiasi ipotesi di governo nazionale: la destra di Rayoj è riuscita a stringere una faticosa alleanza parlamentare solo con i centristi di Ciudadanos, mentre il Partito Socialista di Sanchez  (seconda forza alle elezioni) e Podemos si tengono alla larga.
Anzi, ci sono appelli che vorrebbero l’unione di questi due partiti, caratterizzati da una vocazione decisamente di sinistra: per ottenere la fiducia dovrebbero, però, inglobare  i rappresentanti delle autonomie  dei paesi Baschi e Catalani
A quel punto, però, il governo -guidato presumibilmente dal leader del Psoe, Sanchez - sarebbe costretto a indire il referendum per l’autonomia delle regioni indipendentiste. Eventualità, questa, che Re Felipe VI e la maggior parte dell’elite spagnola vuole assolutamente scongiurare.

Il parlamento di Madrid ha tempo fino a fine ottobre per trovare una maggioranza, nel caso contrario si andrà a elezioni: la data, grottescamente, viene indicata come il 25 dicembre e lo stallo sembra essere visto con ironia dalla popolazione : una popolazione, appunto, sempre più distaccata dalla classe politica, ormai logora dei giochi di potere, e che si rende conto che, tutto sommato, la vita va avanti anche senza governo.

Di turisti se ne registrano sempre di più, la sicurezza è buona, le leggi ordinarie sono sbrigate dal Parlamento , lo spread con i Bund tedeschi è stabile a 102 punti base (il nostro si aggira sui  120) e nell’ultimo trimestre si è registrato uno strabiliante +3% di Pil.
Gli economisti tuttavia, sono pessimisti a riguardo: dicono che ciò è dovuto a cause esterne, del tutto particolari, e la Spagna non può permettersi di rimanere senza “navigatore” per troppo tempo.

Una situazione, quella spagnola, che ricorda quanto capitato in Belgio tra il 2010 e il 2011, quando il Paese rimase senza governo per 540 giorni: record assoluto.
Le scelte imprescindibili, in quel caso, furono portate avanti dal Primo ministro dimissionario Leterme, e, in termini economici, i belgi non se la passarono male.
Certo, paragonare un piccolo stato come il Belgio alla Spagna appare un filo azzardato, ma finchè l’economia continua a crescere …

 

 

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Articolo pubblicato il 11/09/2016