Londra: un muro per bloccare l’immigrazione

Al via il progetto che porterà alla costruzione di una barriera a Calais.

Un altro muro.
Questa volta deciso dal governo britannico con l’obiettivo di bloccare il flusso di migranti che ogni giorno prova a entrare nel Paese partendo da Calais, in quella che è comunemente definita la“Grande Giungla”.
Questa iniziativa, che rientra in un più ampio pacchetto per la sicurezza inglese, costerà ai cittadini britannici 2,7 milioni di sterline, e si svilupperà lungo l’autostrada che collega Dover a Calais.
Il muro avrà un’altezza di 4 metri e si snoderà in orizzontale per oltre un chilometro: l’obiettivo è quello di evitare gli assalti dei migranti ai tir diretti agli imbarchi dei traghetti.

Negli ultimi anni è stato stimato in oltre 84000 il numero di migranti intenti a varcare il confine e bloccati dalle Forze dell’Ordine inglesi su suolo francese; inoltre, recentemente, l’esasperazione dei trasportatori costretti a battagliare a ogni passaggio con i migranti, ha portato a una grossa manifestazione che ha bloccato il porto per una giornata.
Una vera e propria invasione che ha portato il governo inglese a cercare di limitare il fenomeno: l’accordo con il governo francese per la costruzione della struttura è totale, anche se molti indicano nella vittoria della Brexit come il motivo principale di questa inaspettata intraprendenza da parte dei britannici.
Della serie: finchè eravamo a legati sotto le stelle gialloblu europee condividevamo gioie e dolori di tale unione, adesso ognuno per la sua strada!

I lavori, come assicurato dal sottosegretario all’immigrazione Robert Goodwill, inizieranno al più presto e si concluderanno, presumibilmente, entro la fine dell’anno. 

L’esigenza di accelerare i tempi è avvenuta in seguito al peggioramento della situazione in Francia: nonostante le promesse e gli sforzi promanati dalle autorità transalpine, il numero degli immigrati a Calais ha fatto registrare lo scorso agosto un nuovo record, attestandosi a quasi 7000 unità.

L’obiettivo, portato avanti a inizio estate dal governo francese, era quello di sgomberare man mano la “giungla” portando il numero degli occupanti a 1900 persone, equamente distribuite tra donne e bambini  –da alloggiare nei prefabbricati- , e gli uomini nei container.  Dopo un primo periodo in cui sembrava aver successo il piano (con il raggiungimento del numero minimo di 3500 unità), l’afflusso dei migranti è tornato a salire, anche grazie al bel tempo che ha reso semplici le traversate del Mediterraneo.
Anche i centri d’accoglienza delle vicine città paiono al collasso, e le risorse scarseggiano.

Anzi, l’effetto di questo tentativo di sgombero è stato l’aver ridotto il luogo di accampamento, non riuscendo  a limitarne l’accesso: risultato, una densità pazzesca e una creazione di un villaggio che ha preso le sembianze di una vera cittadina, con tanto di infermerie, scuole,bazar, ristoranti e mercatini.
Sicurezza? Zero.
Norme igieniche? Neanche a parlarne.
Non oso immaginare i danni in caso di un incendio” azzarda un operatore dell’accoglienza.

Insomma, tra chi un muro ce l’ha già (Israele, Usa), chi progetta di farlo (Gran Bretagna, Austria) e chi pensa a un secondo (Ungheria) viene da chiedersi che fine abbiano fatto le parole del Papa di qualche tempo fa “Costruite ponti, non muri!”
Saranno andate a sbattere contro uno di essi?

 

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Articolo pubblicato il 08/09/2016