Cannabis: se ne inizia a discutere.

Dopo molte parole, arriva in aula il testo che potrebbe legalizzarla.

Legalizzazione si, legalizzazione no, abuso o consumo moderato, benefici mentali o sballo dannoso, droga o sostanza ludica, dipendenza o non assuefazione, lotta alle mafie o incentivi alla piaga giovanile?
Difficile scrivere un articolo sulla marijuana, e sulla sua possibile nuova legge che mira a regolamentarne l’uso.
Difficile farlo in un paese profondamente diviso sul tema, in cui ipocrisia e luoghi comuni si mischiano con ignoranza e mancate di ricerche approfondite in merito.
Un paese, il nostro, in cui da anni se ne parla ma che non riesce a ragionare in maniera obiettiva su quali sarebbero gli aspetti positivi o meno della scelta, così da trarre le opportune conclusioni.

Lo spunto per parlare di ciò me lo dà la presentazione alla Camera del testo sulla legalizzazione, sostenuto da 221 parlamentari di differenti colori: si va dal movimento 5 Stelle - 87 deputati-, al Pd – 85- , fino al consenso tra alcuni montiani e indipendenti.
Forza Italia e Ncd si sono fermamente opposti al progetto, e il solo partito di Alfano ha presentato 1300 emendamenti contro la legge: sommati a quelli di Forza Italia, han portato a un totale di duemila emendamenti. Le commissioni dovranno discuterli singolarmente e poi si giungerà il voto finale, presumibilmente in pieno autunno.
Ad ostacolare il sogno “pannelliano”, inoltre, mancano all’appello almeno 90 deputati, numero necessario per arrivare a quel 315 che decreterebbe la presenza della maggioranza assoluta alla Camera.

Il testo.  
Dietro la creazione di questo partito trasversale, vi è Benedetto della Vedova, parlamentare legato a Scelta Civica, ora sottosegretario agli Esteri.
Il testo prevede la possibilità da parte dei cittadini maggiorenni di detenere fino a 5 grammi di cannabis, che diventano 15 tra le pareti di casa propria. Resta illegale lo spaccio così come il consumo in luoghi pubblici.
Sarà possibile coltivare per uso proprio fino a 5 piantine di sesso femminile, previa comunica all’Ufficio Regionale dei Monopoli. Sarà, sempre stando al disegno di legge, possibile dar vita a club in cui i soci, almeno 50, potranno coltivare cinque piantine a testa, e verrà incentivata la coltivazione per usi terapeutici.
Per irrorare la pillola, la proposta contiene l’obbligo, da parte dello Stato, di devolvere il 5% delle entrate al Fondo Nazionale di intervento per la droga.
Ovviamente al centro del progetto vi è lo Stato, che, attraverso la vendita della marijuana incamererebbe svariati milioni di euro e darebbe una poderosa mazzata alla criminalità organizzata.

Chi è pro.
Un punto di vista, questo, fortemente caldeggiato dallo scrittore Roberto Saviano, che in un videomessaggio inviato al gruppo interparlamentare del ddl sospira “liberalizzare vuol dire sottrarre danaro al terrorismo islamico, alle mafie e abbassare i consumi. Fate questo gesto di amore per il vostro paese". 
Anche l’oncologo Veronesi si definisce favorevole alla legalizzazione, sottolineando come il proibizionismo non funzioni, tanto che il 70% degli italiani dichiara di averne o di farne uso:non incentiva il consumo della canapa nei confronti dei propri figli, ma ,spiega, ciò fa molto meno danni delle sigarette e dell’alcol.


Chi è contro.
Il Ministro dell’Istruzione Beatrice Lorenzin , facendo notare come sia stata la prima a riconoscere l’uso terapeutico della pianta, sottolinea il pericolo di “normalizzarla” mettendo tutti in guardia circa l’uso che potrebbero farne i più giovani e evidenziando i numerosi effetti collaterali come ansia, tachicardia, insonnia, alterazioni dell’umore.
Dello stesso avviso il Ministro Costa, che afferma furioso come “Statalizzare lo spaccio sia perverso”.

Certo, le risposte a tali accuse sono piuttosto prevedibili; si può affermare che un bicchiere di rhum sia meno dannoso del consumo di una canna? E ancora, perché scandalizzarsi se lo stato dovesse guadagnare dallo “spaccio” quando nelle casse statali ogni anno entrano milioni di euro legati al mondo delle scommesse?

Insomma, l’idea di Stato come istituzione etica che non può permettersi il monopolio della canapa pare un po’ vacillare di fronte a tutte le cose dannose (alcol, sigarette, armi)da cui trae soldi.

Quali danni?
Il vero nodo resta quello legato alla salute. Dando per scontato che fumare non faccia bene, quanti sono i rischi e le disfunzioni legate ad un uso massiccio della marijuana?
Di sicuro, non tali da portare alla morte, visto che per avere tanto THC (principale sostanza psicoattiva presente nella pianta) in corpo da morire, bisognerebbe fumare 900 spinelli in un’unica volta.
Potrebbe portare a influenze di vario genere e in certi casi il cancro. Per quest’ultima ipotesi si hanno studi contrastanti: si va verso una doppia considerazione: da un lato il THC può favorire i tumori attraverso la proliferazione dei radicali liberi, ma allo stesso tempo può avere proprietà difensive.
E la dipendenza? Sembra il rischio ci sia, ma minore rispetto a altri “vizi”.Si pensa che il 9% dei fumatori occasionali ne diventi poi assuefatto: per ciò che riguarda l’alcol, tale sorte capita al 15%.

Sono state fatte ricerche anche per ciò che riguarda la memoria e lo stato di attenzione: osservando alcuni consumatori “fedeli– da oltre 24 anni- si è osservata una significativa perdita di tali facoltà psichiche.
Certo, oltre ai danni verso il proprio organismo, ci sono quelli che si potrebbero creare a quello degli altri, come guidando. Ma è lo stesso discorso che potrebbe farsi con l’alcol.

In generale, gli studi non sono univoci e concordi: variano da chi li commissiona, dal fatto che, proprio per l’illegalità e le ristrettezze dell’uso della canapa, la ricerca ha avuto molta difficoltà ad affermarsi.
Ed è proprio la carenza di questi studi a rendermi perplesso: possibile che su un tema così spinosa, ci siano dati tanto miseri e parziali?
Guardando in Europa poi, Olanda a parte, saremmo i primi a legalizzarla.
In altri stati, come Regno Unito, Germania e Spagna, il consumo è semplicemente depenalizzato.
Per una volta saremmo all’avanguardia, ma senza studi scientifici a supportare ciò e un dibattito serio sul merito, non rischiamo di farci un clamoroso autogol?
E ancora, l’Italia non è l’Olanda, né in fatto di organizzazione né in fatto di gestione: siamo sicuri che questo mercato non arricchirebbe i soliti squali, sviluppando un ulteriore mercato nero?

 

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Articolo pubblicato il 27/07/2016