Lo Stato e l’equivoco Giuliani

A quindici anni dai fatti, la morte del No Global fa ancora discutere.

Lo ammetto, da ragazzo di sinistra mi son sempre sentito in imbarazzo quando i miei amici, o compagni di corso che fossero, solitamente anche loro vicino agli ambienti rossi, tiravano fuori l’argomento Giuliani.

E’ che proprio non riuscivo a condividere il loro furore, la loro ammirazione per questa figura.
Per loro si trattava di una sorta di eroe, un uomo che si è sacrificato per altissimi valori e che ha subito il torto peggiore da parte dei tutori della legge, ossia quello di vedersi tolta la vita.
Per me non rappresenta assolutamente questo, e con gli anni la posizione si è rafforzata, tanto che, di questi tempi, ossia quando ricorre l’anniversario della morte, capita sovente di avere lunghe discussioni in merito.

Ma fatemi riassumere i fatti: come tutti sappiamo, Carlo Giuliani è il ventitreenne ucciso da un Carabiniere a Genova nel 2001 durante i sanguinosi eventi del G8 .
I video, diffusi sin da subito, mostrano come il ragazzo, nato a Roma e vicino a vari movimenti no-global, con indosso un passamontagna  punti dritto verso l’ormai celebre Defender dei Carabinieri. Defender che, è bene sottolinearlo, in quegli attimi di concitazione, si trovava nel centro di piazza Alimonda, isolato e preda di lancio d’oggetti e petardi da parte dei manifestanti.
Il Defender prova - con una maldestra operazione- a fuggire dalla folla  che è in netta maggioranza, senza riuscirci. C’è un cassonetto dell’immondizia  a bloccarlo.
Sul Defender vi è Mario Placanica, un carabiniere ausiliario che potrebbe benissimo, per età e formazione, essere amico di Giuliani.
Mario è stanco dalla giornata di scontri e ha i sensi annebbiati dal fumo dei lacrimogeni.
A un certo punto riceve un colpo in testa che lo porterà a perdere sangue.
La folla è sempre più vicina, e la camionetta dei CC continua a subire colpi da ogni parte.
Il carabiniere, vedendosi minacciato da ogni dove, decide di estrarre la pistola: Carlo Giuliani si china per raccogliere un estintore che, si scoprirà esser stato sottratto da un distributore Q8 poco lontano, e lo brandisce con la probabile intenzione di lanciarlo: sono a pochi metri di distanza.
Al che, Placanica, intimorito, apre il fuoco sparando due colpi contro Giuliani.
La folla indietreggia.
Il Defender, nel far retromarcia, investe due volte il corpo di Giuliani.

Alle 17.27 del 20 luglio del 2001 muore Carlo Giuliani.

Le indagini, seguite negli anni, hanno portato la giustizia italiana a prosciogliere Placanica per legittima difesa, e la stessa Corte Europea, organo al quale si erano rivolti i genitori di Giuliani, ha assolto lo Stato Italiano nel 2011.

Una morte orrenda certo, in una manifestazione, quella del G8, che per certi versi ha conosciuto attimi di “sospensione della democrazia” come è stato ampiamente accertato. Basta guardare i fatti avvenuti nella scuola Diaz, o la gestione dell’ordine pubblico generale. Gli errori, se ci sono stati (e ci son stati) da parte delle Forze dell’Ordine sono stati perseguiti dalla legge.

Io mi riferisco non all’intero G8 ma alla figura di Giuliani, che per nessuna ragione può essere considerato un eroe. 

E allora perché negli anni abbiamo conosciuto la mitizzazione di questa figura? Perché è diventata un’icona in molti ambienti di sinistra? A volte chiedo ai miei amici, provocatoriamente, quali sarebbero state le azioni compiute dal ragazzo no global per meritarsi ogni anno appelli, solenni ricordi e atti di commozione.

Di certo non l’andare a manifestare a volto coperto brandendo estintori.
Ma forse questo è il nuovo identikit del pacifista modello, per alcuni ambienti dei centri sociali.

Ogni anno il “Comitato Piazza Carlo Giuliani”, che, occorre sottolinearlo, si impegna in progetti onorabilissimi, come lo sviluppo o l’istruzione nel Terzo Mondo , chiede verità. Ma di che verità parlano? Cosa c’è da indagare? I fatti sono ripresi e visti dalle tv di mezzo mondo, e la giustizia italiana non mi sembra copra continuamente le Forze dell’Ordine.
Gli stessi genitori, che sono in prima linea in questa battaglia, da intercettazioni antecedenti i fatti di Genova, parlano del figlio come di un caso disperato, un frikkettone in preda a droghe e con continui problemi con la Polizia.

In un passaggio, risalente al 2 febbraio 2000, parlano tra loro del racconto che Carlo avrebbe fatto a sua madre Heidi di una sua “visita ai carabinieri”. “O aveva bevuto o era fatto in una maniera spaventosa – spiega la donna – due occhi che non ti dico”. E il padre, di rimando: “questo ci porta o alla pazzia o alla tomba, non so”. E ancora, conversazione del dicembre ’99, tra Carlo e suo padre. Il giovane racconta di essere stato fermato dai carabinieri che gli hanno sequestrato un coltello. “Succede ogni tre giorni che mi fermano, ti fermano perché è un regime”, dice Carlo.Il padre gli risponde: “Stupidaggini, adesso, il regime... piantala di dire cazzate”. 

Insomma, il quadro che ne viene fuori parla di un ragazzo che non è esattamente quello che si definirebbe un santo; ma si sa, la morte ha il potere di ribaltare completamente il giudizio sulla persona.

Al di là di alcuni vicini ai movimenti no global, in un certo senso comprensibilmente legati al personaggio, il vero equivoco riguarda lo Stato Italiano , in prima battuta accusato di essere il carnefice di Giuliani, ma che pare aver conferito vari onori al ragazzo: una lapide in Piazza Alimonda a Genova ricorda la sua morte, in Parlamento viene gli viene intitolata un’aula e la madre, Heidi Giuliani, viene eletta come deputata tra le fila di Rifondazione Comunista nel 2006.

Di chi si è scordato lo Stato, è di quel ragazzo che quindici anni fa si trovava sul Defender a difendere e rappresentare  quelle istituzioni che ben presto gli han voltato le spalle.

Stampa solo il testo dell'articolo Stampa l'articolo con le immagini

Articolo pubblicato il 22/07/2016