Il Caso Marò: quando festeggiamo la nostra incapacità.

Se al posto di Girone e Latorre i fucilieri fossero stati Muller o William, siamo sicuri gli indiani avrebbero tenuto con questo sprezzo il punto? Marco Zaia per "Civico20 News"

Con questo articolo (non) si vuole celebrare la grande azione del governo italiano che, con notevole autorità e capacità diplomatiche, è riuscito a riportare a casa dopo appena quattro anni dal loro arresto, uno dei due marò, Salvatore Girone.
Il secondo, Massimiliano Latorre, era già in Italia per curarsi da un ictus che lo aveva colpito lo scorso anno.

Con questo articolo mi piacerebbe ricordare che il risultato di riavere, seppur temporaneamente, i due fucilieri della Marina in Italia, in attesa della conclusione dell’arbitrato internazionale, è da attribuire totalmente al Tribunale dell’Aja, e che il merito della nostra diplomazia, se si può parlare di meriti, è stato quello di essersi affidati a un’istituzione terza; non prima di aver inanellato una serie clamorosa di gaffe, tentativi falliti, e perso una quantità enorme di tempo.

Insomma, non esattamente un successo del governo, che tuttavia si è affrettato a festeggiare tramite l’ormai principale organo di stampa presidenziale, Twitter: Renzi esulta, dall’alto della sua tracotanza. Ormai ci siamo abituati: tra quei 140 caratteri c’è spazio solo per le buone novelle, gli aumenti (minimi) dell’occupazione, i debolissimi segnali di ripresa da una crisi che fatica a essere superata.
Quello che è sgradito è semplicemente ignorato. E allora via con i festeggiamenti per questo sfavillante successo che riporta l’Italia in cima ai paesi per lustro, decoro e rispetto.

Perfino Alfano, dopo settimane di silenzio, rialza la voce e in un intervista alla stampa tesse le lodi a questo governo, criticando i precedenti: si dimentica che il Ministro dell’Interno del Governo Renzi era lo stesso del Governo Letta, e anzi, aveva più poteri, essendo al contempo Vicepresidente del Consiglio.
Ovviamente sto parlando sempre di lui, Angelino.

Ripercorrendo le tappe di questa contesa, che non può dirsi in alcun modo conclusa, è difficile staccare dal dramma quella patina di ridicolaggine, quasi fantozziana, che ha preso la vicenda.
Ridicolaggine, è bene sottolinearlo, dovuta all’incapacità di gestire in maniera seria e rigorosa una questione internazionale: perizie, toni forti,tentennamenti, cambi di strategie, mezzucci, ingerenze politiche: i tre governi che si sono succeduti in questi quattro anni hanno gestito il caso cumulando errori e orrori da dilettanti allo sbaraglio.

Probabilmente uno dei picchi tragicomici di tutta la storia avvenne nel febbraio 2013 quando il Ministro degli esteri Giulio Terzi, governo Letta, annunciò che i marò non sarebbero ritornati in India - era stato concesso loro un permesso speciale per votare-.
L’idea non piacque particolarmente al governo indiano che minacciò ripercussioni commerciali e politiche, impedì al nostro ambasciatore in India di abbandonare il Paese e gli tolse l’immunità da diplomatico. Terzi cadde dalle nuvole, pensando magari che tra il miliardo e passa di abitanti indiani, le autorità si dimenticassero dei due marò, e dopo un teatrino vergognoso fatto di annunci e smentite, i due fucilieri furono rispediti in India, e il povero Ministro, persa la dignità, decise di abbandonare anche l’incarico politico.

La vicenda, oltre ad aver mostrato tutta l’incapacità di chi muove i fili della nostra politica internazionale, ha avuto il merito di raccontare anche la debolezza politica che il nostro Paese si porta dietro. La domanda viene spontanea: se al posto di Girone e Latorre i fucilieri fossero stati Muller o William, siamo sicuri gli indiani avrebbero tenuto con questo sprezzo il punto?

L’idea che la mezza vittoria, di cui tanto si sta parlando, sia stata ottenuta esclusivamente rivolgendosi a un organo terzo, il tribunale Internazionale dell’Aja, pone sul tavolo un’altra questione: se abbiamo ancora un peso a livello internazionale lo dobbiamo all’Europa e ai vari trattati a cui abbiamo aderito e che ci evitano l’irrilevanza a cui sembriamo confinati; prima di parlare di autonomia e indipendenza, non sarebbe meglio considerare l’assoluta incapacità che avremmo nel gestire i grandi conflitti internazionali?
In tal senso una mano potrebbe darcela la vicenda Regeni, e le prese in giro ottenute dalle autorità egiziane.

Queste considerazioni non sembrano trovare grande spazio tra chi ci governa, così occupato a salire sul carro dei vincitori o affrettarsi a affermare “io lo sapevo”.

Presi in mezzo per la gioia nel riabbracciare  i marò e la tristezza per non poter cavalcare per un po’ la polemica, Salvini e la Meloni tramite i social hanno comunque attaccato chi di dovere per il grande spreco di tempo.
Su una cosa, tuttavia, sia Giorgia Meloni che Matteo Renzi sono d’accordo, i marò dovranno sfilare il due giugno in occasione della consueta parata militare a Roma. I due sembrano ansiosi di mostrare il trofeo prima della tornata elettorale: così distanti politicamente, mai così uniti nella speculazione di una vicenda drammatica.

 

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Articolo pubblicato il 30/05/2016