Alla scoperta di Chiara Appendino.

Marco Zaia per "Civico20 News"

Giovani, preparate, con un ottimo percorso accademico alle spalle, graziose - che se non è un requisito fondamentale, di certo può risultare utile- le candidate pentastellate che più stan riscuotendo interesse in campagna elettorale sono loro due, Virginia Raggi e Chiara Appendino.

E se dell’avvocatessa romana si è ampiamente discusso, entrando anche negli angoli più oscuri del suo contestato curriculum, la candidata sindaco torinese è apparsa un po’ più defilata: vuoi per il carattere un po’ riservato tipico di chi abita sotto la Mole, vuoi per i toni da guerra civile che pare aver preso la tornata elettorale in riva al Tevere. Fatto sta che Chiara, zitta zitta, sta incutendo diversi timori al Sindaco uscente Fassino, che avrebbe ricevuto nei giorni scorsi un sondaggio che vedrebbe i 5 stelle a un’incollatura dal PD.

I vertici del partito, tuttavia, hanno negato la presenza di questo report, sottolineando come i punti di distanza in favore del Sindaco uscente siano molti, una decina almeno.
Tanti certo, ma anche in questo caso, non è detto che basterebbero a garantire la riconferma di Fassino: non dovesse ricevere il 50%+1 dei voti al primo turno, cosa assai probabile, si andrebbe al ballottaggio con il Movimento di Grillo che riceverebbe l’endorsement di quasi tutti gli altri partiti a quel punto fuori dai giochi, come la Lega e Fratelli D’Italia.
D’altronde Salvini è stato chiaro: a Roma, dovesse esserci un ballottaggio Giachetti- Raggi, indicherebbe come preferibile la seconda.
Dunque anche per l’Appendino, dovesse giungere al ballottaggio, si aprirebbero scenari interessanti.

La faccia, pulita e sorridente, che appare su ogni cartellone di Torino inizia a incuriosirmi: scopro che ha trentun’anni, una laurea in Bocconi, varie esperienze come manager, tra cui uno stage alla Juventus, squadra del suo cuore, ama la montagna e ha come compagno un imprenditore di tre anni più grande con il quale ha avuto recentemente una figlia.

Decido di voler approfondire la sua figura, raccolgo dal bidone della carta il volantino che mi era stato consegnato da un militante del Movimento per strada e circoletto la data del comizio più vicino a casa mia, in Piazza Bottesini: mi munisco di block notes e taccuino, e parto carico di curiosità.

La prima cosa a sorprendermi è la folla, che non c’è.
E’ vero, si tratta pur sempre di un sabato mattina, e quello è uno dei tanti incontri che Chiara sosterrà con i cittadini da lì al 5 giugno. Tuttavia ho negli occhi le folle oceaniche viste in qualche diretta streaming, o l’enorme partecipazione di cui il Movimento 5 stelle ha fatto un vero e proprio cavallo di battaglia, mentre ora mi trovo lì, con una quindicina di persone, in una piazzetta a Nord di Torino, che col passare del tempo non supereranno mai le 40 unità.

La seconda è l’età. Sono quasi tutti pensionati.
La cosa, di per sé, non è negativa, solo che studiando il Movimento dal web ci si immagina un sacco di partecipazione giovanile, grande fervore tra gli studenti, un agglomerato in grado di raccogliere consensi anche tra i disoccupati under 30: in quel minuscolo campione di simpatizzanti, di ciò non c’è grande traccia.

Chiara Appendino arriva con qualche minuto di ritardo, accompagnata dal marito Marco Lavelli che spinge la carrozzina su cui c’è Sara, la piccola neonata.
Stringe le mani, e scatta qualche foto con i presenti: il clima è molto cordiale.
Il palco è fatto da un semplice cubo in legno su cui salgono vari esponenti del Movimento: la prima a prendere parola è Laura Castelli, deputata 29enne, che contesta l’approvazione del Def (Documento di Economia e Finanza) accusando Renzi di voler alzare le tasse sulle pensioni di reversibilità;  segue poi Davide Bono, consigliere regionale già candidato a Presidente di Regione nel 2014. Parla di reddito di cittadinanza, e i pochi presenti paiono apprezzare.

Ogni tanto qualche vecchietto interrompe il comizio, con osservazioni personali o slogan dal sapore trito e ritrito, del tipo “son tutti ladri”, o “manderemo a casa la mummia” (riferendosi a Fassino).

E’ poi il turno dei candidati alla Circoscrizione: sfilano velocemente Fabio Cambai, jeans e maglietta No-Tav, che punta il dito contro gli sprechi relativi alla militarizzazione della Valle di Susa; Francesco Sicari, studente di ingegneria ambientale che parla di raccolta differenziata e del problema rom in Via Germagnano, e Chiara Giacosa, che pone l’attenzione sulle colonie feline, a suo dire solo per metà sterilizzate.

A un certo punto una vecchina si fa largo tra la gente, va verso il cubo di legno e , tra il silenzio generale, stampa un bacio sul manifesto dell’Appendino appeso lì a fianco.
L’applauso scatta automatico, anche se il retrogusto di aver assistito a una scena d’epoca staliniana non me la toglierà più nessuno.

Arriva finalmente il turno della candidata sindaco, che non senza qualche difficoltà sale sul cubo (“acciacchi fisici” , ci scherza sù): apre rivolgendosi direttamente al Sindaco in carica: “non è vero che in questa città non c’è la crisi, non è vero che in questa città non ci sono i poveri, non è vero che in questa città si vive sicuri.…”.
Punta poi il dito verso la differenza economica tra periferia e centro, sostenendo come questa sia aumentata esponenzialmente. Cita lo Studio Rota per cui il divario sociale in città è aumentato: ormai, appunta amara, esiste una città di Serie A e una di Serie B.
Per risolvere ciò promette di battersi per il reddito di cittadinanza, unico modo per ridare dignità alle persone. I soldi dice di volerli recuperare tagliando del 30% i costi della giunta Fassino.
Poi propone la creazione di un fondo di 5 milioni di euro per dare lavoro ai ragazzi nelle PMI: questo è un chiaro riferimento ai Neet, ragazzi tra i 18 e i 24 anni che non lavorano e non studiano, circa il 44% dei giovani a Torino: la loro assenza è allarmante e costituirà un problema in futuro quando ci sarà da creare una nuova classe dirigente.

Un altro affondo riguarda la qualità della vita, scesa a Torino dal 44° al 55° posto, e dovuta essenzialmente alla carenza di sicurezza: sono aumentati del 25% furti e scippi.
A tale riguardo propone di dare soldi alle periferie, investire in sicurezza e trasporti efficienti, presidiare maggiormente il territorio, collaborare di più con la Prefettura e la Polizia, creando eventualmente il poliziotto di quartiere.
Preme anche per un maggior dialogo tra cittadini e istituzioni, evidenziando come sia fondamentale ricucire il rapporto garantendo una maggior partecipazione a tutti.

C’è anche tempo per ironizzare sulle parole di Fassino, che l’aveva definita “stravagante”: i toni crescono e le parole contro l’attuale amministrazione assumono tratti aspri, anche se l’accento tradisce un certo aplomb piemontese.
Il comizio si chiude con un appello ai presenti: informare amici, convincere i diffidenti, fare passaparola, cercare, in tutti i modi, di portare al voto il 5 giugno coloro che si sentono traditi e sfiduciati dalla politica. Solo così, chiude, si può pensare di cambiare città.

Un applauso sancisce la fine del discorso, l’Appendino si ferma a rispondere ad alcune domande mentre la piccola calca lentamente si disperde; i vari esponenti del Movimento 5 Stelle vanno via da soli, chi col pullman, chi in bici chi verso la propria macchina:  non c’è traccia di Polizia, scorta o controlli.
Per quanto sia distante dalle posizioni di questo movimento, e consideri a volte strampalate le tesi portate aventi dallo stesso, devo riconosce che questo essere gente tra la gente mi piace: in Italia c’è un forte bisogno di riappropriarsi della cosa pubblica, di tornare a parlare di politica serenamente.
Fassino si è limitato perlopiù a incontrare gente nelle sedi del PD: non è che l’idea di salire su un blocco di legno e parlare tra la gente a due passi da un mercato lo spaventi un po’?

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Articolo pubblicato il 19/05/2016