Primo maggio, Festa del lavoro. Non sarebbe il caso di allargarla?

Marco Zaia per “Civico20”

Ogni anno la festa del lavoro ci appare sempre più distante,esclusiva quasi fossimo spettatori non graditi a un tavolo via via più ristretto. Mi piacerebbe allargarla anche, e soprattutto a chi un lavoro non ce l’ha, o si trova nel duro limbo del precariato.

Mi riferisco a noi, generazione nata a cavallo tra la fine degli ’80 e l’inizio dei ’90, persi tra i nostri sogni e la realtà delle cose, che più o meno per tutti si è mostrata in tutto il suo cinismo.
Generazione strana, la nostra. Forse la prima a godere di buona salute e benessere , ottima istruzione ma con prospettive future decisamente peggiori rispetto a chi ci ha cresciuto e mantenuto.
Siamo tutti lì, certi della nostra incertezza, appesi a contratti di tre mesi, colloqui fortunosi e file ai centri per l’impiego.

C’è chi si è trovato un impiego e se lo tiene stretto, chi ancora studia e chi si aspetta una telefonata dall’oggi al domani. Che poi diventa dopodomani. Che poi diventa chissà quando.
C’è l’inguaribile ottimista e chi si lascia andare tra le pieghe della depressione, chi punta tutto su un concorso e chi fa le valigie e parte.
C’è chi fa un part-time, chi lavora in un call-center e chi ha riposto tutta la sua fiducia in un tirocinio, non retribuito senza possibilità di assunzione né agevolazioni.
C’è Sara, conosciuta in fila a uno stand di IoLavoro, che dopo una laurea e una specializzazione, spera di essere presa per fare la stagione a Rimini. E c’è Massimo, che il diploma non ce l’ha ma che può contare sulla spinta buona al momento giusto.
C’è il vuoto di una mattinata passata davanti allo schermo di un computer, il senso di disagio nel sentirsi inutili, il volto che si illumina quando il cellulare viene animato da un numero sconosciuto, che  poi risulta essere quello di un promoter pubblicitario.

Ci sono tanti pensieri, tutti torbidi, che si addensano sul nostro futuro, e che ci tolgono la spensieratezza tipica dei vent’anni.
Noi, schiacciati dall’economia che non cresce, dalla svolta che non arriva e da una vita che ogni giorno mostra il volto più duro di sé.
Noi, che inizieremo a lavorare seriamente verso i trenta, usciremo di casa sui quaranta e in pensione un paio di giorni prima di morire, presumibilmente.

Per certi versi inermi, di fronte a questo scorrerci la vita dalle mani. Il frigo è pieno, e la tv continua a trasmettere partite non stop. I genitori ci capiscono e il politico dice al telegiornale che le cose stanno migliorando. Quindi tanto vale aspettare, accendere il pc, e mandare un paio di cv online.
Oggi penso a tutti coloro conosciuti in questi mesi di ricerca, persi dietro annunci fasulli e progetti sbagliati.
Oggi penso a chi vorrebbe buttare tutto e ricominciare da capo.
Oggi penso a chi la vita, i migliori anni della propria vita, se li sta rovinando cercando un lavoro.
A tutti loro, a tutti noi, alzo simbolicamente il calice e brindo malinconicamente a questa festa a cui malgrado sempre più persone  stanno partecipando!

Immagine: interris.it

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Articolo pubblicato il 01/05/2016