Referendum. Il punto a pochi giorni dal voto.

Approfondimenti di Marco Zaia per “Civico20news”.

Il Pd.

A pochi giorni dal referendum sulle concessioni per l’estrazione di idrocarburi, si infiamma la lotta all’interno del Partito Democratico.
Speranza, capogruppo alla Camera, attraverso un’intervista, ha dichiarato la sua volontà ad andare a votare si , e lo stesso Giachetti, candidato sindaco a Roma, e uomo sempre considerato vicino a Renzi, si è espresso favorevolmente alla votazione di domenica prossima.
Tutto ciò a stretto giro dal battibecco che ha visto  protagonisti il Presidente della regione Puglia Emiliano e  il Presidente del Consiglio, accusato di essere “un venditore di pentole”.

Renzi, dal canto suo, ha dichiarato che "Non andare a votare è una posizione legittima. Il referendum si deve fare, anche se in tanti avrebbero preferito di no. Non è un referendum trivelle sì o trivelle no. Capirei una polemica su nuove trivellazioni, ma rispetto alla quantità di petrolio e gas che c'è lì dire 'no grazie' è una cosa che non capisco. Ce lo facciamo portare da arabi e russi con le petroliere che inquinano di più?". Di fatto legittimando la linea dell’astensionismo, cosa non gradita a molti leader interni.
Insomma, per ora a essere trivellato pare proprio il PD.


Gli altri.

Molti partiti hanno posizioni più chiare, spesso associate all’idea che una vittoria del si al referendum costituirebbe una  forte spallata al governo: Salvini, dal suo profilo Facebook, ha invitato tutti ad andare a votare, esprimendosi favorevolmente al quesito proposto. Della stessa lunghezza d’onda la Meloni, leader di Fratelli d’Italia, che ha motivato la scelta sostenendo la necessità di interrompere l’inquinamento marittimo.

Sel, e altre liste legate al centro sinistra (Possibile, Verdi, L’Italia dei Valori) sono apertamente schierate per il Si, così come lo è il Movimento 5 Stelle che ha fatto del referendum una battaglia cruciale, anche in vista delle prossime amministrative.
Un po’ più sfumata la posizione di NCD e di Forza Italia. Entrambi i partiti non hanno dettato una linea precisa, tuttavia nel movimento di Alfano sembra prevalere una posizione astensionista, mentre in quello guidato dall’ex Cavaliere sono molti gli onorevoli, specie quelli delle regioni coinvolte, ad aver dichiarato l’intenzione di votare Si.

Il referendum.

Come è noto, viene chiesto al popolo italiano se i permessi per estrarre idrocarburi in mare, entro 12 miglia dalla costa, debbano durare fino all’esaurimento del giacimento, come avviene attualmente, oppure fino al termine della concessione. In pratica, se il referendum dovesse passare - raggiungere il quorum con la vittoria del sì - le piattaforme piazzate attualmente in mare a meno di 12 miglia dalla costa verranno smantellate una volta scaduta la concessione, senza poter sfruttare completamente il gas o il petrolio nascosti sotto i fondali.

Non cambierà invece nulla per le perforazioni su terra e in mare oltre le 12 miglia, che proseguiranno, né ci saranno variazioni per le nuove perforazioni entro le 12 miglia, già proibite dalla legge. 
Si tratta di un quesito atipico, non promosso dalle consuete 500.000 firme ma avanzato da sette Regioni: Puglia, Sardegna,Veneto, Calabria, Liguria, Campania e Molise (per legge ne bastano 5)

I si e no.

I temi su cui si è dibattuto con maggiore animosità riguardano l’inquinamento che questi impianti(48, prevalentemente lungo la costa dell’Emilia Romagna) arrecherebbero all’ambiente, la possibilità di puntare maggiormente sulle cosiddette rinnovabili, l’eventuale perdita di posti di lavoro, e la minor autonomia energetica che potrebbe subire il nostro Paese. (Entro le 12 miglia marine si estrae attualmente circa il 17,6 per cento i tutto il gas estratto in Italia e il 9,1 per cento di tutto il petrolio.)


In particolar modo sul primo tema si sono scontrati rapporti di Greenpace che hanno evidenziato dei valori di inquinamento molto elevati negli spazi circostanti l’attività estrattiva, e il comitato “Ottimisti e Razionali” che ha contestato il valore delle rilevazioni, a detta loro effettuati in spazi troppo prossimi agli impianti stessi

Il sondaggio.

Qualche giorno fa l’Istituto Piepoli ha pubblicato un sondaggio in cui si evidenziava come il Si fosse dato al 65%, mentre la parte di popolazione convinta di lasciare le cose così come sono era intorno al 14%.
Come in ogni referendum, tuttavia, il nodo cruciale riguarda il raggiungimento del quorum: lo stesso sondaggio ha evidenziato come il 75% degli italiani è intenzionato ad andare a votare.

Si tratta di una cifra per certi versi clamorosa, probabilmente frutto dello sdegno seguito alle intercettazioni relative a Tampa Rossa, e che hanno portato alle dimissioni della Ministra Guidi: verosimilmente tale cifra non verrà toccata, se si pensa che l’affluenza alle ultime tornate elettorali è crollata vertiginosamente.

Insomma, a pochi giorni dal voto, il quadro resta piuttosto incerto, e la partita, inaugurata per ragioni squisitamente ambientali, sembra ora giocarsi su più campi, non per ultimo quello politico. Una vittoria del referendum potrebbe mettere in ulteriore crisi il PD, già in difficoltà sul caso Guidi e di fronte a una spinosissima tornata elettorale per le amministrative, una sconfitta del Si porterebbe un po’ d’ossigeno a Renzi, che punta tutto sull’ altro quesito popolare, quello costituzionale d’ottobre, in cui si gioca gran parte della vita del governo e della sua credibilità politica.

Immagine:vignaclarablog.it

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Articolo pubblicato il 14/04/2016