“Il giorno che un bue tirò più di cinquanta cavalli”

Il libro di Maria Barbero, col sottotitolo di “Racconti di seconda mano”, propone una serie di storie del mondo contadino delle Langhe che lei ha rielaborato dopo averle ascoltate dal marito langhetto

Maria Barbero, l’autrice del libro “Il giorno che un bue tirò più di cinquanta cavalli” si presenta ai lettori, con spiritosa modestia: dopo aver ricordato, senza preoccupazioni, di essere nata il 2 gennaio 1950 a Bra (Cuneo), dice di  essere vissuta, dall’autunno del 1952 al 31 agosto del 2007, “… tra i banchi di scuola, prima da una parte della barricata e poi dall’altra, cercando di procurare il minor danno possibile”.

Maria Barbero è sposata con Bruno e d’estate vive a Neive, paese natale del marito, che lei indica come “il primo e maggior responsabile dei racconti contenuti nel libro”. Per scrivere il libro “Il giorno che un bue tirò più di cinquanta cavalli”, Maria Barbero ha ascoltato, e sapientemente rielaborato, le vicende narrate da Bruno, il marito langhetto, cioè le vicissitudini dei vari componenti delle famiglie di origine, memorie autobiografiche minime e i ricordi di amici, di personaggi e di salienti avvenimenti locali.

Così è nato questo notevole libro, definito dal sottotitolo “Racconti di seconda mano”, che rappresenta la prima prova di Maria Barbero nella non facile arte di scrivere “per sentito dire”.

Una prima prova assai convincente e che colloca dignitosamente l’autrice nell’ambito dei racconti di Langa, dove non mancano certo i prodotti letterari, anche di autori illustri.

I racconti “per sentito dire” di Maria Barbero - dopo il capitolo intitolato “Quasi un’introduzione”, dove sono descritte “Le mie Langhe” - sono ripartiti in capitoli dai suggestivi titoli: “Vite minime”, “Sotto il cielo delle Langhe”, “Storie di valle e d’amicizia”, “…ogni guerra è una guerra civile”, per concludere con “Fuori tema”, dove si risponde alla domanda “A che serve il gatto?” e con le “Conclusioni, provvisorie, tra me e me”.

Ho molto apprezzato il linguaggio dei racconti, nitido, gradevole, mai saccente, impiegato per esporre vicende del mondo contadino, con un omaggio agli antenati che vissero, faticando, una vita spesso non voluta, ma sempre con dignità.

Da questi coinvolgenti intrecci di esistenze reali di uomini e donne - alle quali l’autrice si avvicina con grande partecipazione – emergono vicende, talora minime, che rientrano nei temi classici del racconto di Langa come la grama vita delle donne di casa, la scuola, le masche, l’emigrazione, la grande guerra, la seconda guerra mondiale, la guerra partigiana.

Sono temi noti ma che si leggono con interesse perché Maria Barbero li ha considerati con un’ottica non banale e, talora, quasi inaspettata.

È questo il caso dei racconti di masche, dove i protagonisti convivono con queste reali e inquietanti presenze senza porsi troppe domande ma attenti a evitarne il più possibile i malefici effetti. È anche il caso del triste racconto di emigrazione “Sangue latino” e soprattutto delle dolorose storie di guerra del capitolo “…ogni guerra è una guerra civile”, quelle che personalmente ritengo più apprezzabili.

Emerge anche un mondo di Langa ancora ricco di animali da reddito e da lavoro, anche se nelle campagne appaiono trattori e mietitrebbia.

Il racconto che da il titolo al libro: “La volta che un bue tirò più di cinquanta cavalli” è contenuto nel capitolo “Sotto il cielo delle Langhe”, quello che presenta le storie più variegate.

Si narra di un bue che permette di ripartire ad un trattore che, mentre traina una trebbiatrice, è rimasto impantanato al fondo di una salita. È il trattore, simbolo del progresso, che rappresenta i “cinquanta cavalli.

Ma per percorrere la salita ha bisogno del bue, legato con catene al suo gancio anteriore.

Il bue viene così a rappresentare una sorta di rivincita, sia pure collaborativa, della vita agricola più tradizionale: “La bestia, obbediente, avvezza al suo compito, si dispose a compierlo, ma subito dovette rendersi conto del peso eccezionale: si riposizionò, puntò le zampe anteriori che sembrarono tremare ed arcuarsi nello sforzo, abbassò la testa con il muso vicino a terra e il suo profilo da montone assunse l’aria dell’ostinazione mentre i muscoli del collo si gonfiavano. […] dopo qualche istante di stallo, il corpo del bue guadagnò qualche centimetro, tanto che la bestia sentì di poter portare avanti una zampa, poi l’altra, perché il traino si stava muovendo.

Gondìn [l’autista del trattore] fu abile a secondare lo spunto prodotto dal bue e poi a trovare la marcia giusta per seguirne il moto, lento sì, ma tale da evitare slittamenti; così, pian piano, lo strano treno arrivò alla provinciale, dove il trattore con qualche scoppio ravvicinato poté di nuovo cantare la forza del progresso”.

Il libro “Il giorno che un bue tirò più di cinquanta cavalli” sarà presentato martedì 29 marzo, alle ore 18:00, presso la Biblioteca civica “Natalia Ginzburg”, in via Cesare Lombroso n. 16, a Torino.

Maria Barbero - Il giorno che un bue tirò più di cinquanta cavalli. Racconti di seconda mano, Araba Fenice, Boves, 2015, Pagine 192, € 14:00.

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Articolo pubblicato il 25/03/2016