“Sergio Ramelli. Una storia che fa ancora paura”

La VII edizione del libro presentata a Torino, al Salone Off 2015, in occasione dei 40 anni della morte di Ramelli

Se questo ragazzo non fosse stato ammazzato, non saremmo qui oggi” così ha esordito Julia Marzocchi, Presidente dell’Associazione La Rete di Atena, nell’aprire l’incontro di sabato 16 maggio intitolato “Sergio Ramelli. Una storia che fa ancora paura”.

Si sta parlando di Sergio Ramelli (Milano, 8 luglio 1956 – Milano, 29 aprile 1975), militante del Fronte della Gioventù (organizzazione giovanile del Movimento Sociale Italiano), di diciotto anni e studente di chimica industriale all'ITIS “Ettore Molinari” di Milano, vittima di un brutale assassinio politico avvenuto nel 1975, ad opera di militanti della sinistra extraparlamentare legati ad Avanguardia Operaia.

Nell’ambito del Salone Off 2015, presso la “Casa del Quartiere – Ci vediamo in via Dego”, è stata presentata la VII edizione del libro “Sergio Ramelli. Una storia che fa ancora paura”, in occasione dei 40 anni della sua morte.

Questo libro, la cui prima edizione  risale al 1997, è stato scritto da Guido Giraudo, Andrea Arbizzoni, Giovanni Buttini, Francesco Grillo e Paolo Severgnini.

Giraudo, classe 1954, da 35 anni giornalista professionista, negli anni Settanta era vicedirettore del “Candido”, dirigente nazionale del Fuan e regionale del MSI. Oggi è consulente di strategie di marketing e progettazione eventi; libero docente allo IED e all’Accademia del Lusso di Milano, contitolare dell’agenzia giornalistica Excalibur, autore o curatore di svariate pubblicazioni storiche, saggi e racconti.

Guido Giraudo ha preso la parola dopo una breve introduzione di Claudio Volante, presidente dell’Associazione Culturale Lorien di Torino, editrice di questa edizione del libro.

Giraudo, ha parlato in modo appassionato e coinvolgente, in esordio ha ricordato che la pagina Facebook in ricordo di Ramelli ha 14.000 contatti.

Ha poi rievocato l’inizio dei lavori per la stesura della prima edizione di questo libro, datata 1997, sottolineando che viene esposta una ricostruzione dei fatti basata sui documenti processuali. Sono state riportate informazioni non contestabili, perché i fatti appaiono confermati dalla conclusione dell’iter giudiziario e indiscutibili per la confessione degli assassini.

Dagli atti giudiziari emerge uno spaccato degli anni ’70, inattaccabile e indistruttibile e quindi ancor più “cattivo”: le carte di questo processo mostrano una storia dei movimenti dell’estrema sinistra, ricostruita dal giudice istruttore dottor Salvini, magistrato di sinistra, e quindi per questo motivo ancor più preciso nelle sue affermazioni.

L’ordinanza di rinvio a giudizio – ha proseguito Giraudo – dimostra la scientificità dell’aggressione al giovane Sergio Ramelli. Un anno prima, era stato sequestrato a Firenze un manualetto che spiegava ai militanti di estrema sinistra come comportarsi nelle manifestazioni di piazza, affermando che il poliziotto non poteva essere steso, ma i fascisti sì. A quest’ultimo aspetto il manualetto dedicava un capitolo apposito, ricco di informazioni operative. L’obiettivo dell’aggressione non era  una persona ma un nemico di classe.

Al processo, dopo dieci anni, gli aggressori non avevano ancora capito, pensavano ancora che “uccidere un fascista non è reato”, non si sentivano colpevoli.

A questo proposito, Giraudo ha ricordato che a Milano vi sono state altre persone prese a sprangate, due hanno riportato gravi menomazioni. Si parla di 130 casi accertati dal 1973 al 1975, l’aggressione degli avversari politici era una prassi sistematica. Polizia e magistratura non avevano adeguatamente considerato le affermazioni del manualetto sequestrato a Firenze. Il giudice Salvini, nelle carte processuali, ha parlato di una “sensazione di impunità”.

Giraudo ha fornito dati molto significativi (100.000 giovani appartenenti alle formazioni di estrema sinistra di cui 10.000 armati) ha ricordato quelli che Montanelli definì “sabati del selvaggio” per gli scontri con le forze dell’ordine, la spartizione fra i gruppi della sinistra extraparlamentare delle zone di Milano (come le bande) e i conflitti fra gli stessi, la strategia dell’”antifascismo militante”.

Il 13 marzo 1975, Sergio Ramelli, ragazzo indifeso di 18 anni viene aggredito sotto casa. Due persone gli spappolano il cranio a colpi di chiave inglese. Non lo conoscono neppure, lo colpiscono solo per odio politico. Ramelli muore dopo 47 giorni di agonia.

Dopo dieci anni gli assassini sono identificati e assicurati alla giustizia: erano studenti universitari di Medicina, armati da una spietata ideologia, che in Italia aveva – ed ha – importanti complicità, potenti connivenze e forti leve di potere. A questo proposito, Giraudo ha sottolineato come persista l’attività dei “cattivi maestri” (il caso di Carlo Giuliani ne è una dimostrazione) ed ha concluso col ricordo del coraggio, della coerenza, dell’onestà e della pulizia morale di Sergio Ramelli ed ha sottolineato l’abisso che divide il suo mondo da quello dei seminatori di odio.

Sergio Ramelli. Una storia che fa ancora paura

VII edizione – marzo 2015 - Associazione Culturale Lorien, Torino

Info: http://www.sergioramelli.it/illibro/

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Articolo pubblicato il 19/05/2015