Non dirmi che hai paura (recensione)

La storia di Samia Yusuf Omar: la storia del viaggio verso la libertà di un’atleta di Mogadiscio che sognava di poter correre alla luce del sole

 

Autore: Giuseppe Catozzella

Edizioni: Feltrinelli

Anno: 2014

Pagine: 236

Prezzo: 15,00 euro

Giuseppe Catozzella si è imbattuto nella storia di Samira mentre era alla ricerca di storie in Kenya dopo le Olimpiadi del 2012. Tornato in Italia è riuscito a contattare Igiaba Scego, che aveva raccontato di lei su “Pubblico” e da lei è riuscito ad arrivare ad Hodan, la sorella di Samira, da anni rifugiata a Helsinki.

Questo libro nasce dalle parole e dai racconti di Hodan, che ha scelto di condividere la storia della sua sorellina con l’autore, in modo che potesse arrivare anche a noi.

Samira era una ragazzina come tante altre a Mogadiscio: vittima dell’integralismo islamico di Al-Shabaab in una regione in cui l’infanzia non ha il diritto di essere vissuta in libertà.

Samira, però, aveva una dote particolare: correva come il vento. A dieci anni vinse per la prima volta la gara annuale di Mogadiscio, contro tutti, grandi e piccini, maschi e femmine. Ogni anno attendeva quella gara come i bambini aspettano babbo Natale e faceva tutto il possibile per allenarsi sempre di più, intanto però, la Somalia diventava un posto sempre più invivibile e lei, un’atleta donna, sempre più malvista.

Il suo sogno però, quello di vincere le Olimpiadi, per se stessa e per tutte le donne del suo paese era più importante. Si allenava di notte, in uno stadio traforato dai proiettili senza mai perdere la forza di volontà e la speranza. Ed è così che nel 2008 arrivò a partecipare alle Olimpiadi di Pechino.

La sua federazione aveva così pochi soldi che corse con una maglia logora, ma a lei non importava, essere lì, di fianco a Veronica Campbell-Brown, la donna più veloce del mondo, a pochi passi da Mo Farah, il suo idolo, l’atleta che era riuscito a scappare dalla Somalia e collezionare medaglie per l’Inghilterra, era tutto quello che aveva sempre sognato.

La gara non andò bene, era forte Samira in Somalia, ma le altre atlete su quella pista erano atlete professioniste, con degli allenatori e una dieta salutare alle spalle, gente abituata a competere e vincere. Così Samira arrivò ultima, ma nonostante questo venne assalita dai giornalisti: “la ragazzina di diciassette anni magra come un chiodo che viene da un paese di guerra, senza un campo e senza un allenatore, che si batte con tutte le sue forze e arriva ultima.” Questa era la storia che volevano raccontare, ma a Samira non piaceva: a Londra avrebbe dimostrato che si sbagliavano, che lei poteva vincere.

Tornata in patria però, le cose si sono fatte ancora più complicate e Samira così ha dovuto lasciare il paese, per raggiungere l’Etiopia e poi, come tanti altri disperati, intraprendere il Viaggio, attraverso il Sahaara per raggiungere la Libia, e da lì prendere un barcone, uno dei tanti, che tentano di scavalcare le onde per raggiungere l’Italia.

Lei, che aveva corso alle Olimpiadi, lei, con il suo amore sconfinato per il suo paese, anche lei è dovuta partire, diventare uno dei tanti animali che vengono trasportati attraverso l’Africa in cerca della libertà.

“Il mare è un ostacolo più grande del Sahara, questo ti dicono i trafficanti quando li contatti. […] E tu non ci credi. Non può essere vero. Quello che avevo affrontato fino a quel momento era l’inferno, niente poteva essere peggio. E poi il mare, il mio mare, non poteva farmi male. Avevamo un appuntamento che durava da ormai quasi vent’anni.”

La storia di Samira, raccontata in prima persona, con la leggerezza dei sogni di un bambino, fa male. Fa ancora più male sapere che è una storia vera e comune a decine di migliaia di migranti ogni anno. Un po’ ce la fanno, un po’ no, per noi troppo spesso le vite di queste persone sono solo numeri. Scegliere di leggere questo libro significa decidere di calarsi in una storia che parla di emozioni, speranza e dolore, di tutto tranne che di numeri. Significa decidere di aprirsi e soffrire un po’, pagina per pagina, e forse, per una volta, provare un po’ di pietà e aprire gli occhi.

Se a qualcuno potesse interessare qui ci sono un po' di immagini di Samira, per dare un volto a questa storia. https://www.youtube.com/watch?v=6Vuvk2-zDB8

Picture credits: AP

 

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Articolo pubblicato il 21/02/2015