Fuga dal Campo 14 (recensione)

La storia di Shin Dong-hyuk, da un campo di prigionia in Corea del nord alla lotta per la difesa dei diritti umani negli Stati Uniti

Titolo: Fuga dal Campo 14

Titolo originale: Escaping from Camp 14, One Man’s Remarkable Odissey from North Korea to Freedom in the West

Autore: Blaine Harden

Edizioni: codice edizioni

Anno: 2014

Pagine: 290

Prezzo: 16,90 euro (eBook 4,99 euro)

Blaine Harden è un giornalista e scrittore americano. Ha passato 15 anni in giro per il mondo a documentare, come corrispondente estero per il “Washington Post”, l’implosione politica di stati africani, europei e asiatici. Si è occupato di descrivere il fallimento dei governi in Africa, il crollo del comunismo nell’Europa orientale, lo smembramento della Jugoslavia e la rovina della Birmania sotto la dittatura militare.

Era alla ricerca dello stesso genere di tracollo in Corea del Nord quando ha realizzato che la repressione totalitaria della dinastia Kim permetteva in qualche modo a questo folle regime di sopravvivere. Per riuscire a documentare questa sua teoria ha iniziato a parlare con i rifugiati nordcoreani in Corea del Sud; e così, ha incontrato Shin Dong-hyuk e qualche giorno dopo, ha pubblicato la sua foto accompagnata dalla sua drammatica storia sulla prima pagina del “Washington Post”, creando una forte reazione fra il pubblico americano.

Da qui è partita una serie d’incontri tra l’autore e il protagonista che hanno dato origine a questo libro. “che toglie il sonno anche a chi pensava di avere già sentito tutto” (Lara Ricci, Il Sole 24 Ore).

Shin Dong-hyuk, il protagonista, è nato nel campo 14: uno dei più temibili campi di prigionia della Corea del Nord. Il luogo dove è nato è ben visibile su google earth, anche se il governo coreano continua a negarne l’esistenza al mondo intero. È l’unico nato all’interno di un campo ad essere riuscito a scappare e raggiungere l’occidente. È anche l’unico ad essere mai fuggito da quel campo. Così nessuno, se non le cicatrici sul suo corpo, può confermare il suo agghiacciante racconto.

La sua storia è una storia di violenza e sofferenza. È nato e cresciuto in un posto dove le parole “amore” e “affetto” non avevano alcun significato, un posto dove la lotta per la sopravvivenza vince anche sui rapporti famigliari.


Il libro racconta senza censura le torture che ha dovuto subire, la distorsione mentale a cui le regole e la disciplina del campo lo hanno portato, la fame che ha sofferto e le menzogne che ha raccontato.

È un testo che scorre veloce, lasciando il lettore senza fiato a chiedersi come sia possibile che nel 2014 qualcosa del genere sia ancora possibile, a chiedersi perché tutti sanno e nessuno fa nulla.

 

“Un solo uomo che decida di non tacere può contribuire alla liberazione di decine di migliaia di persone ancora in prigione” questo è il motivo per cui Shin Dong-hyuk ha deciso di parlare al mondo; questo, secondo me, il motivo per cui chiunque dovrebbe leggere questo libro.

Picture credits: NK Database, Seul; Blaine Harden

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Articolo pubblicato il 08/11/2014