Fondazione del Santuario della Consolata

Luca Guglielmino affronta la storia del Santuario con un suo metodo di studio storico-filosofico

Fondazione del Santuario della Consolata. Rassegna e analisi delle fasi storiche a questa precedenti” è il primo libro di Luca Guglielmino, studioso torinese discreto e riservato, al di fuori del mondo accademico, con una lunga militanza nel mondo del volontariato culturale. 


 

Con il Santuario della Consolata, Guglielmino ha un’ antica dimestichezza: suo nonno Luigi (Susa, 1885-Torino, 1962), pittore di arte sacra allievo di Enrico Reffo, ha dipinto una lunga serie di copie d’autore dell’icona della Consolata, per incarico del beato Giuseppe Allamano, poi collocate in numerose chiese in Piemonte, in Italia e in tutto il mondo, dove si trovavano Missioni della Consolata e due quadri nella Basilica medesima: S. Giuseppe Cafasso e il Sacro Cuore. 


 

Guglielmino affronta perciò il tema della Consolata da una posizione per così dire privilegiata, il che non gli impedisce di essere molto critico e scettico sulla tradizione della fondazione del Santuario, laddove si narra che nel 1104 la Vergine è apparsa ad un cieco di Briançon, Giovanni Ravais o Ravachio, per dirgli di recarsi a Torino dove avrebbe acquistato la vista, dopo aver trovato un quadro che la rappresentava. Il cieco si è messo in viaggio e, nei pressi di Pozzo Strada, per un momento ha avuto la vista ed ha visto da lontano il campanile di S. Andrea, come al tempo si chiamava il Santuario. Giunto finalmente alla meta, il cieco dopo aver scavato e ritrovato l’immagine della Vergine, ha riacquistato la vista.  


 

Non si tratta quindi del quadro oggi venerato, voluto dal Cardinale Della Rovere, costruttore del Duomo attuale, ed attribuito ad Antoniazzo Romano, opera della fine del XV secolo, ispirato alla Madonna del Popolo di Roma. 


 

Guglielmino affronta la storia del Santuario alla luce di un suo metodo di studio storico-filosofico che consente di legare fra loro fatti anche molto diversi ma tendenti a un certo risultato storico.  


 

Questo comporta un lungo excursus storico che inizia con la ricostruzione della decadenza dell’impero romano per passare attraverso i regni romano barbarici della Gallia, il Delfinato, la il Languedoc, Novalesa, il Chronicon novalicense, per pervenire infine al capitolo rivelatore intitolato “Il Ravais: storia, leggenda o mito?”. 


 

Un attento studio delle fonti del racconto del cieco di Briançon porta Guglielmino a concludere che questa vicenda non sia altro che una leggenda e che l’intero culto sia nato da una operazione politica gestita da casa Savoia in un’epoca in cui anche negli Stati Sabaudi imperversava il protestantesimo (questione di Ginevra, Marchesato di Saluzzo, Valdesi).  


 

Guglielmino trova conferma a questa sua asserzione, anche da una rivisitazione critica di due altri noti episodi torinesi a carattere religioso molto significativo: la costruzione della Basilica di Superga, a seguito del voto di Vittorio Amedeo II (1731), e il Miracolo del Corpus Domini (6 giugno 1453). Il XVII secolo, inoltre, vide la costruzione di miti politici a sostegno di quelli religiosi, come quello dell’origine egizia della città (Tesauro), solo per retrodatarne la fondazione a tempi immemori e rendere più onusta la sua storia, tesi che nel 2014, anno del millenario della morte di Augusto, suona alquanto vuota di significato. Si dovevano creare le basi solide di uno Stato ancora alquanto traballante. 


 

Il voto di Superga viene “smontato” in base a considerazioni storiche, il Miracolo del Corpus Domini è stato “ridimensionato” dalla stessa Chiesa torinese, visto che  una commissione del 1977 pare averne negato ogni aspetto miracoloso.   


 

Queste idee, sicuramente supportate da un imponente apparato bibliografico e da una profonda conoscenza dell’argomento, possono apparire un po’ sconvolgenti, anche se vengono proposte nei limiti di queste due precise affermazioni: non si intende mai mettere in discussione la profonda devozione dei torinesi per la Consolata e il credente non è obbligato a credere quello che non è dogma. 


 

Non siamo quindi di fronte al negazionismo astioso di noti personaggi, devoti all’idolo del razionalismo, ma, al contrario, di una posizione profondamente religiosa e propositiva.  


 

Nel Capitolo finale “Conclusioni”, infatti, Guglielmino illustra la sua visione innovativa della religione. Il fatto di ridimensionare questi miracoli, non deve indurre ad un atteggiamento ateo, non deve rivestire significato antireligioso, anzi dovrebbe indurre ad una fede più consapevole, aliena da conservatorismo. 


 

Questa è la visione di Guglielmino: occorre demitizzare la figura della Vergine Consolata, perché la Fede vera non ha bisogno di miti.  

I miti - che necessitano di politica, di esteriorità, di apparenza e di recita e non di Fede - portano al bigottismo e al feticismo. 


 

Guglielmino assume quindi un atteggiamento assai propositivo: intende depurare certi culti da inutili orpelli, ottenere la liberazione dai miti, nella convinzione che con i miti non si può parlare di Fede, né di religione, né di culto. 

Per mantenere la tradizione, occorre fare pulizia delle sciocchezze, in modo da essere “tradizionalisti” (fatto positivo) e non soltanto “conservatori” (fatto negativo).  

La tradizione rimane, la conservazione deperisce per mancanza di stimoli: Guglielmino dà il suo convinto sì ad una tradizione rinnovata, che dica sempre qualcosa di nuovo, sostiene che il Vangelo non va tenuto sotto una cappa di piombo, che l’atteggiamento tradizionalista porta a leggerlo e ad applicarlo e in questo modo il Vangelo risulta sempre nuovo e attuale, anche dopo 2000 anni.


Tutto questo per concludere con le parole di Giovanni Paolo II “Aprite le porte a Cristo!” perché, secondo Guglielmino, è necessario spalancare porte e finestre per farlo entrare e dare aria a secoli di politica asfittica, che poco ha a che fare con la religione e nulla con la Fede, ma che si stratifica su di esse.


Luca Guglielmino

Fondazione del Santuario della Consolata.

Rassegna e analisi delle fasi storiche a questa precedenti,

Etica Edizioni, Torino, 2013.

235 p., € 22.00.

Chi è interessato al libro, lo può richiedere direttamente all’Autore a questa email: larochefoucauld75@libero.it

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Articolo pubblicato il 22/02/2014