Guerra, Resistenza e “Voci dei Luoghi” a Malesco (Vco) sabato 10 agosto
Foto d'archivio

Evento promosso dal Comitato regionale Resistenza e Costituzione con il Comitato della Provincia di Torino e l’Uncem


Proseguono - fino al 7 settembre - gli appuntamenti della VII edizione della rassegna teatrale “Voci dei luoghi: guerra e Resistenza 1940-1945. Lettura e musica 2013”, promossa dal Comitato regionale Resistenza e Costituzione con il Comitato della Provincia di Torino e l’Uncem.

Sabato 10 agosto alle 21 al Teatro comunale di Malesco (Vco) la compagnia Accademia dei Folli propone lo spettacolo “Io sono partigiana!”.

Un percorso in bilico tra musica e teatro sulle tracce di quelle donne che hanno lottato contro il nazifascismo. Storie, testimonianze, lettere; episodi di una Resistenza troppo spesso dimenticata o passata in secondo piano. Un’accorata indagine sull’importante ruolo della donna e insieme una riflessione sul concetto stesso di Resistenza.

La Resistenza delle donne si declina sia senza armi sia con le armi: due modalità che non sono separabili, che sono concepite all’interno di una scelta comune, che rendono ragione - tra l’altro - della vittoria della Resistenza. Due modalità che hanno per unico fine la libertà e la pace.

Come staffette, le donne facevano tutto il lavoro di comunicazione e di informazione: garantivano una rete fittissima di collegamenti senza la quale l'organizzazione non avrebbe potuto funzionare.
Portavano e distribuivano oltre ai viveri e agli indumenti per i partigiani, il materiale di propaganda clandestino. Trasportavano armi e munizioni, e nello stesso tempo si prodigavano per risolvere anche le questioni private dei partigiani. Organizzavano il soccorso e il servizio di assistenza ai feriti nelle case più sicure e negli ospedali. Nelle fabbriche organizzavano sabotaggi e promuovevano scioperi.

Facevano manifestazioni contro il caro vita, assalti ai magazzini dei viveri, cercando di svolgere delle azioni che fossero in favore anche delle famiglie più bisognose.

Inoltre, o per iniziativa dei gruppi di difesa della donna o di singole, le partigiane si occupavano di identificare i cadaveri, li componevano, avvertivano e assistevano i famigliari dei caduti, piangevano con loro i morti.

Tutto ciò vuol dire che le partigiane, mentre rendevano possibile la resistenza, operavano per garantire la continuità non solo materiale ma anche simbolica dell'intera comunità. Il fatto per esempio, importantissimo, che le partigiane facessero in modo che il lutto potesse essere condiviso significava tenere in vita pratiche di relazioni umane civili in piena guerra, e con ciò alimentare il pensiero che non tutto era insensato e che la guerra avrebbe avuto una fine. Perché una cosa abbia fine bisogna essere capaci di immaginare che abbia una fine.





















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Articolo pubblicato il 06/08/2013