Guerra, Resistenza e “Voci dei Luoghi” a Usseaux, Alpette e Vallo Torinese (To)
Immagine di repertorio

Proseguono fino al 7 settembre gli appuntamenti della VII edizione della rassegna teatrale


Proseguono - fino al 7 settembre - gli appuntamenti della VII edizione della rassegna teatrale “Voci dei luoghi: guerra e Resistenza 1940-1945. Lettura e musica 2013”, promossa dal Comitato regionale Resistenza e Costituzione con il Comitato della Provincia di Torino e l’Uncem.

Venerdì 2 agosto alle 21 in piazzetta del Comune (o al Punto Museo, in caso di pioggia) a Usseaux (To) la compagnia Accademia dei Folli propone lo spettacolo “Io sono partigiana!”.

Sabato 10 agosto, ancora, alle 21 al Teatro comunale di Alpette (To).

Venerdì 30 agosto alle 21 in piazza San Secondo a Vallo Torinese (To) la Compagnia 3001 propone lo spettacolo “La ragazza partigiana”.


Un percorso in bilico tra musica e teatro sulle tracce di quelle donne che hanno lottato contro il nazifascismo. Storie, testimonianze, lettere; episodi di una Resistenza troppo spesso dimenticata o passata in secondo piano. Un’accorata indagine sull’importante ruolo della donna e insieme una riflessione sul concetto stesso di Resistenza.

La Resistenza delle donne si declina sia senza armi sia con le armi: due modalità che non sono separabili, che sono concepite all’interno di una scelta comune, che rendono ragione - tra l’altro - della vittoria della Resistenza. Due modalità che hanno per unico fine la libertà e la pace.

Come staffette, le donne facevano tutto il lavoro di comunicazione e di informazione: garantivano una rete fittissima di collegamenti senza la quale l'organizzazione non avrebbe potuto funzionare.
Portavano e distribuivano oltre ai viveri e agli indumenti per i partigiani, il materiale di propaganda clandestino. Trasportavano armi e munizioni, e nello stesso tempo si prodigavano per risolvere anche le questioni private dei partigiani.

Organizzavano il soccorso e il servizio di assistenza ai feriti nelle case più sicure e negli ospedali. Nelle fabbriche organizzavano sabotaggi e promuovevano scioperi. Facevano manifestazioni contro il caro vita, assalti ai magazzini dei viveri, cercando di svolgere delle azioni che fossero in favore anche delle famiglie più bisognose. Inoltre, o per iniziativa dei gruppi di difesa della donna o di singole, le partigiane si occupavano di identificare i cadaveri, li componevano, avvertivano e assistevano i famigliari dei caduti, piangevano con loro i morti.

Tutto ciò vuol dire che le partigiane, mentre rendevano possibile la resistenza, operavano per garantire la continuità non solo materiale ma anche simbolica dell'intera comunità. Il fatto per esempio, importantissimo, che le partigiane facessero in modo che il lutto potesse essere condiviso significava tenere in vita pratiche di relazioni umane civili in piena guerra, e con ciò alimentare il pensiero che non tutto era insensato e che la guerra avrebbe avuto una fine. Perché una cosa abbia fine bisogna essere capaci di immaginare che abbia una fine.

Proveniva da una famiglia operaia ed antifascista, quarta di sette fratelli. Frequentò la scuola fino alla quarta elementare, poi andò a lavorare… e diventò partigiana. Non staffetta, no: lei voleva combattere con le armi in mano.
Lo diceva e lo ripeteva, e lo scrisse anche. La storia è quella di Elsa Oliva, la “ragazza partigiana” come venne chiamata in quegli anni di neve e di fuoco tra i laghi Maggiore e d’Orta e sulle montagne della ribelle Valdossola.

Nella Brigata partigiana “Franco Abrami” della Divisione “Valtoce”, che aveva la sua base sul Mottarone, le affidano il comando di una squadra che presto, dal nome di battaglia di Elsa, venne chiamata “Volante Elsinki”.
La sua storia sembra un romanzo, intenso ed appassionante, e appassionanti sono le idee che ci ha lasciato nei suoi scritti.
Lo spettacolo vuole essere non solo un tributo ad una donna combattente, ma anche un momento di riflessione sulla Resistenza, un capitolo importantissimo della nostra storia.






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Articolo pubblicato il 29/07/2013