Una cascina torinese senza storia ma dal nome certamente suggestivo…
La Passerona

“La Passerona”, che l'architetto Grossi, nel 1790, descriveva come appartenente “all’illustrissimo signor conte Boncompagni di Mombello, situata lungo la strada per Pinerolo vicino all’ergastolo”

Tra il 1790 e il 1791, l’architetto Giovanni Lorenzo Amedeo Grossi pubblicò un corposo studio in due volumi sulle cascine e vigne torinesi. Anche di recente molti studiosi si sono occupati delle cascine torinesi e, per ricordare i principali, citiamo  Elisa Gribaudi Rossi, Mauro Silvio Ainardi, Giancarlo Libert, Caterina Simonetta Imarisio, Claudio Beltramo.

 

Arte, storia, topografia cittadina, molti sono gli argomenti studiati a proposito delle cascine: si possono considerare, ad esempio, quelle coinvolte nell’assedio francese del 1706, oppure quelle alla base dello sviluppo di nuovi quartieri torinesi.

Anche le mie ricerche su fatti criminali torinesi mi hanno portato qualche volta a occuparmi di cascine. Oggi però voglio parlare di una cascina torinese praticamente dimenticata e con un passato assai poco significativo.

 

Parliamo della cascina “La Passerona”, che il già ricordato architetto Grossi, nel 1790, descriveva come appartenente “all’illustrissimo signor conte Boncompagni di Mombello, situata lungo la strada per Pinerolo vicino all’ergastolo”.

 

In termini moderni stiamo parlando del corso Dante e dell’area che oggi ospita il Liceo classico Vittorio Alfieri, in corso Dante Alighieri n. 80. Quando Grossi scriveva, Torino era ancora circondato dalle mura: la zona era in aperta campagna. Napoleone fece abbattere le mura e, dal 1847, iniziava la costruzione del borgo San Salvario, lungo la ferrovia di Genova e la strada, poi via, di Nizza.

 

Il borgo San Salvario cresceva ma la Passerona rimaneva ancora in aperta campagna: nelle carte di Torino degli anni Sessanta e Settanta dell’Ottocento la si vede ancora, mentre le case si arrestavano all’altezza di piazza Nizza. Poi, in una carta del 1877, è ormai inserita nel reticolato delle vie di San Salvario, ottenute prolungando col righello via Nizza, via Madama Cristina, via Saluzzo, via Belfiore… 

 

Così la nostra cascina è rimasta inglobata fra le case costruite successivamente ma la si può ancora vedere: in termini moderni, si trova in via Tiziano n. 29, all’angolo con via Madama Cristina.

La si scorge in fondo ad un cortile, parzialmente coperta dalla casa che occupa via Tiziano all’angolo con via Madama Cristina.

 

Il “recupero” della collocazione attuale della cascina “La Passerona” è opera di un signore che usa lo pseudonimo (forse non si dice così, ma ignoro il termine corretto) di “Makyo”, in un sito (forse non si dice sito…) internet “skyscrapercity.com” (citazione sicuramente inesatta, ma mi si riconosca la buona volontà!).

 

Al signor “Makyo” la mia gratitudine! Mi ha molto aiutato in questa piccola ricostruzione.

 

Altre cascine torinesi sono sparite, inglobate dalle nuove costruzioni. Alcune però hanno lasciato il loro nome ad un quartiere, come Aurora (che ha addirittura sostituito il nome storico di Borgo Dora!) e Millefonti. La cascina Monginevro ha dato il suo nome ad una via.

 

Chissà se, in passato, a qualche “testa pensante” del Municipio di Torino è mai passato per la mente  di indicare il quartiere che sorgeva in questa nuova zona di Torino, come Borgo Passerona? O almeno di dare questo nome a una via…

 

In un altro pianeta, a Firenze, una piccola piazzetta dell’Oltrarno si chiama piazza della Passera. Ma non pretendiamo troppo dai bogianen! E peui la gent còsa ch’a dis!?!

 

E dire che queste non sono divagazioni oziose, il problema di una denominazione a sfondo sessuale si era già presentata quando Torino era ancora la capitale del Regno Sardo.

 

Si voleva intitolare una via in ricordo della battaglia combattuta dai Sardi, il 16 agosto 1855, durante la guerra in Crimea e così nacque via Cernaia. In realtà Cernaia è una modificazione del nome originale del luogo della battaglia che suona come “ciòrnaia rièchka” (letteralmente “piccolo fiume nero”), un po’ troppo simile per assonanza al termine torinese “ciòrgna”, che indica l’organo sessuale femminile.

 

Qualcuno allora pensò di ricorrere alla traduzione italiana, ma suonava “La Nera” e anche “la nèira” indicava quella cosa…

 

Così, alla fine, venne fuori il termine Cernaia, che sulle carte geografiche non esiste, ma soltanto nella toponomastica torinese e poi italiana.

 

Concludo con questa curiosità torinese non molto nota la mia divagazione estiva nella “Torino a luci rosse” e non nella solita “Torino noir”.

 

 

 

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Articolo pubblicato il 06/07/2013