Compagnia Dialettale piemontese “Ernesto Ollino” Alpini Borgata Parella
La Compagnia

Intervista alle compagnie amatoriali di teatro in piemontese

Prosegue la nostra “esplorazione” nella realtà del teatro amatoriale in piemontese. Parliamo con  Livio e Domenico Gentile della Compagnia Dialettale piemontese “Ernesto Ollino” Alpini Borgata Parella. 

 

Ci raccontate la storia della vostra Compagnia, i riconoscimenti ottenuti e le altre cose che ritenete significative?

 

La Compagnia Alpini Borgata Parella nasce nel 1967 dall’incontro di un grande alpino, Pino Danieli, e di due grandi attori, Angelo Tagliano, regista, e Ernesto Ollino, regista e maestro di teatro di tutti noi, da cui la compagnia ha preso il nome dopo la sua scomparsa nel 2002.

Grandi personaggi cresciuti nell’ambiente salesiano dove il teatro, secondo l’insegnamento di Don Bosco era un prezioso strumento educativo e perciò promosso e praticato.

L’incontro tra lo spirito salesiano e lo spirito alpino è stato forse il motore che ha permesso alla compagnia di crescere e prosperare per più di 45 anni… saranno 50 nel 2017!

 

Quale è il vostro repertorio?

 

A partire dal classico repertorio della commedia piemontese, “Siamo tutti torinesi” di Tino Casaleggio (la prima rappresentazione), il classico “Le miserie ‘d Monssù Travet”, l’intramontabile “Monssù e Madama” di Franco Roberto,  a “Peul sempre desse” di Armando Mottura, il poeta, uno dei padri della letteratura piemontese, alle commedie musicali, operette come si chiamavano allora, “Ël deputato ëd Val Sopata”, e quelle amatissime del grande canavesano Carlo Gallo (Galucio), “La locanda di tre merlo” e “La camola dla gelosia”, alle grandi commedie portate in scena da Macario “L’avocat dle cause perse”, “Ulisse Saturno…”, “Ij fastidi del dotor”, “Finestre sul Po”, per arrivare, dopo la scomparsa del nostro grande Ernesto Ollino, con la regia di Livio Gentile, che ha ricevuto i suoi  insegnamenti e li ha saputi mettere a frutto con talento e maestria: “Velen e Pisset”, “Ël fantasma ëd Madama Zenobia”, “Madamin e ‘l professor”, “Ël tërdes pòrta mal”, queste ultime tutte scritte da Luciano Oggero, grande interprete e punto di forza della compagnia, per arrivare poi alle ultime rappresentazioni, “An gròs colp ëd fortuna”, “Basin & Basme”, “Ruse da rije”, “Giù le man dal banc”, rappresentate con successo in varie rassegne e teatri, tra i quali il teatro Toselli di Cuneo, dove abbiamo conseguito negli anni diversi premi per la miglior compagnia, la miglior regia, i migliori attori protagonisti.

Ogni anno, da tempo, siamo invitati al teatro Monterosa  alla sua splendida rassegna “Tutdarije” con lusinghieri successi di pubblico e di critica.

 

Quale è il vostro pubblico?

 

L’età media si sta alzando, per fortuna la speranza di vita si sta alzando anch’essa!

Questo è il pubblico affezionato, ma qualche figlio e nipote li segue, qualche giovane più sensibile che va alla ricerca delle proprie radici… e chi si avvicina ritrova poi certi valori, sente la passione che anima chi fa teatro, si diverte nel senso profondo della parola e magari ritorna a teatro e diventa spettatore affezionato anch’esso…

 

Come vedete lo “stato di salute” del teatro in piemontese?

 

A giudicare dal numero di compagnie presenti e dal livello medio notevolmente aumentato negli ultimi anni rispetto a 30 anni fa non lo vediamo tanto male, diciamo… convalescente, con un estremo bisogno di cure ed attenzioni per tornare pienamente in salute e mantenere le posizioni, magari con il rinnovo e l’ammodernamento dei testi come stanno facendo molte compagnie.

Una nota certamente positiva è il fatto di vedere sui palcoscenici alcuni giovani bravi e promettenti in qualche compagnia…

 

Quale “piemontese” utilizzate? (torinese, misto con italiano, parlata strettamente locale...).

 

Il torinese, dato l’ambiente da cui proviene la maggior parte degli attori, anche se la nostra più brava e apprezzata caratterista è nativa di Salerno… e dato l’insegnamento dei nostri maestri. Naturalmente qualche contaminazione è sempre possibile, qualche parte può capitare di farla fare in italiano, magari perché per necessità di un’attrice se ne trova una bravissima, piemontese di nascita ma di lingua madre… sarda! (il Regno di Sardegna d’altra parte…)

 

Cosa volete dire in conclusione a chi non conosce il teatro in piemontese?

 

È un patrimonio culturale insostituibile, per tenere viva la parlata piemontese e la sua cultura dove affondano “le nòstre rèis”, anche se molti non ne sono consapevoli.

Il teatro è una delle espressioni più potenti ed immediate per non perdere il contatto con le nostre radici.

Riuscire ad avvicinare o conquistare qualche nuovo spettatore è opera grandemente meritoria, di  cui dobbiamo sentirci orgogliosi.

 

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Articolo pubblicato il 01/07/2013